Ecco gli ultimi diari dei naviganti per un Mediterraneo di Pace e Libero da Armi Nucleari che hanno solcato a bordo della Bamboo, la barca a vela della Fondazione Exodus che hanno concluso il loro giro del Mediterraneo a Livorno.
19 novembre
Piove mentre salutiamo gli amici della Lega Navale e della Canottieri di Palermo e molliamo gli ormeggi. Una breve sosta per fare rifornimento e poi usciamo dal porto e mettiamo la prua a nord-nord ovest, ci aspettano 385 miglia per arrivare all’ultima tappa: Livorno. A bordo si scherza: «Ci sono “solo” due metri d’onda, possiamo andare», ridiamo anche se la fatica comincia a farsi sentire, soprattutto per chi si è fatto tutto il percorso. A Palermo c’è stato un altro cambio di equipaggio, sono scesi Rosa e Giampietro, ed è tornato Andrea. Alessandro arriverà questa volta ci seguirà in aereo. In cinque ore siamo al traverso di Ustica e come previsto il vento gira a sud ovest e si mantiene costante per altre 7-8 ore, per poi calare e quindi girare a ovest-nord ovest. Tiriamo dritto fino al porto di Riva di Traiano (Civitavecchia) dove arriviamo all’1 del 21. Una notte di riposo ci vuole.
21 novembre – Alle 8 ripartiamo con vento da scirocco, costeggiamo le isole di Giannutri e Giglio, poi l’Elba. Qui ci coglie un violento temporale che ci accompagna fin al golfo di Baratti dove alle 21 diamo àncora e nella calma del golfo ci permettiamo una buona cena calda.
23 novembre – Il cielo è minaccioso ma per fortuna evitiamo i piovaschi. Percorriamo le ultime 35 miglia fino a Livorno con vento sostenuto ma finalmente con mare piatto, godendo della barca che scivola veloce. Le ultime ore di navigazione sono state perfette, sembra quasi che il mare voglia premiarci per la nostra tenacia. La Bamboo si conferma una barca formidabile. Arriviamo a Livorno un po’ prima del previsto e alle 12.30 ormeggiamo al pontile della Lega navale, accolti dal presidente Fabrizio Monacci e da Giovanna presidente onoraria della Wilf italia, l’associazione delle donne per la Pace che ha organizzato questa tappa. Come sempre succede quando si arriva alla fine di un viaggio, in tutti c’è un misto di stanchezza e di soddisfazione. Ce l’abbiamo fatta, siamo arrivati alla fine di questa lunga navigazione invernale, tutti sani e salvi. Sembra una cosa scontata ma in mare niente è mai scontato. Non abbiamo rotto niente, nessuno si è fatto male e, a parte la tappa di Tunisi che recupereremo a febbraio, abbiamo rispettato al minuto il programma di navigazione. Ora ci aspetta la veleggiata di domani, promossa dalla Rete Antiviolenza e dell’Associazione Ippogrifo è organizzata ad anni alterni dal Circolo nautico di Livorno e dalla Lega Navale. Quest’anno tocca alla LNI. La veleggiata si chiama Controvento e porta sull’acqua la protesta contro ogni tipo di violenza sulle donne, quella privata ma anche quella politica e della guerra, perché da sempre le donne, insieme ai loro figli, sono quelle che pagano il prezzo più alto nei conflitti armati.
24 novembre – Ci svegliamo con una brutta notizia: sulla zona di Livorno è stata dichiarata l’allerta meteo. La Toscana, così come la Liguria e il Piemonte sono flagellati da piogge torrenziali. Le allerte sono continue, ovunque i fiumi sono a gonfi, i terreni franano. La natura ci presenta il conto. La veleggiata è stata annullata e anche l’incontro con il Coro Garibaldi e lo spettacolo di burattini di Claudio Fantozzi previsto per il pomeriggio è stato spostato in una sede al chiuso dentro alla Fortezza Vecchia.
Alle 9,30 Giovanna con altri amici ci raggiunge sul pontile, ci sono anche le auto delle Misericordie che sono venute a salutarci con le loro sirene, la televisione locale e qualche giornalista. Il cielo è plumbeo e piove. La prendiamo con allegria. Non c’è altro da fare.
Giovanna organizza un pranzo a casa sua e dopo un mese di mare ci ritroviamo finalmente seduti in una casa vera, con una splendida vista sulla città, attorno al tavolo da pranzo di un appartamento che in ogni angolo parla di pace: libri, documenti sparsi un po’ dappertutto, manifesti e musica.
Alle 15 siamo alla Fortezza pronti a stendere le nostre insegne e a incontrare le persone che sono arrivate fin qui per ascoltare e raccontare. Il luogo è un po’ incombente; la Fortezza Vecchia che domina il porto riassume in sé un po’ tutta la storia della città e noi ci troviamo dentro una sala a volta davvero enorme, oltre che decisamente umida. Tra gli ospiti c’è anche Antonio Giannelli, presidente dell’Associazione Colori per la Pace al quale restituiamo il pezzo della coperta della Pace e i 40 disegni della mostra Colors of peace, complessivamente composta da oltre 5000 disegni, che hanno viaggiato con noi nel Mediterraneo.
Antonio racconta l’esperienza della sua Associazione, che ha sede a Sant’Anna di Stazzema il paese dove nel 1944 furono trucidate 357 persone, 65 erano bambini. A Stazzema dal 2000 è stato istituito il Parco della Pace. L’Associazione I colori della Pace ha avviato un progetto mondiale che ha coinvolto i bambini di 111 Paesi che hanno raccontato attraverso i loro disegni le speranze di pace. Nell’incontri ricordiamo anche i morti della Moby Prince, 140 vittime di quello che è stato il più grande incidente della marina mercantile italiana. Un incidente mai chiarito dietro il quale si allungano segreti militari.
Il porto di Livorno è uno degli 11 porti nucleari italiani, cioè aperto al transito di mezzi navali a propulsione nucleare; è di fatto lo sbocco a mare di Camp Darby, la base militare americana istituita nel 1951 sacrificando 1000 ettari di litorale. Camp Darby è il più grande deposito d’armi fuori dagli Stati Uniti. E lo stanno ampliando: una nuova ferrovia, un ponte girevole e una nuova banchina per fare arrivare uomini e armi. Dove ci sono militari ci sono segreti. Livorno e la zona circostante camp Darby non fanno eccezione come spiega Tiberio Tanzini del comitato antiguerra di Firenze. In Regione Toscana è stata presentata e approvata una mozione per rendere pubblici i piani di evacuazione e di protezione dei cittadini nel caso di incidente nucleare. Sono passati mesi e il piano non è stato né presentato né reso pubblico. Perché? Perché informare i cittadini del rischio di un incidente nucleare significherebbe ammettere che il rischio, che si preferisce nascondere e ignorare, esiste. L’Italia è il paese dei paradossi: abbiamo fatto due referendum per abolire il nucleare civile e chiudere le centrali ma conviviamo con il nucleare militare. Davvero un paese schizofrenico.
25 novembre, Pisa – Oggi siamo in trasferta all’Università di Pisa. L’ateneo pisano offre un corso di laurea in Scienze per la Pace: cooperazione internazionale e trasformazione dei conflitti, e noi oggi siamo tra i banchi per fare una lezione di pace. Tra i relatori ci sono Angelo Baracca, che per anni ha insegnato fisica e storia della fisica all’Università di Firenze, il professor Giorgio Gallo del centro interdipartimentale Scienze per la Pace e uno dei ragazzi di Friday for Future. Angelo Baracca affronta il tema delle connessioni fra mondo scientifico e guerra, un legame molto antico e mai interrotto. Anzi. Lo scenario che descrive è quello di un mondo scientifico asservito al complesso militare-industriale al quale lavorano decine di migliaia di esperti che sembrano non sentire il peso della responsabilità sociale anche se cominciano ad alzarsi nel mondo voci controcorrente: gruppi di professori e studenti della Hopkins University si stanno opponendo al coinvolgimento dell’Università nelle ricerche sul nucleare militare. Il giovane studente del movimento FFF, comincia con una domanda: che cosa c’entra il cambiamento climatico con la guerra? E poi spiega le connessioni: la crisi delle risorse provocata dai cambiamenti climatici, dalle alluvioni del sud est asiatico alla desertificazione dell’Africa, è la causa di conflitti. Quando manca l’acqua, il cibo, o la terra è inquinata in modo irreversibile ci sono solo due scelte: o scappi o combatti. Clima, migrazioni e guerre sono anelli della stessa catena che in nome del profitto di pochi sta ipotecando e distruggendo la vita di molti. Il vecchio professore e il giovane studente hanno in comune la visione di un futuro in cui i governi investano sulla riconversione energetica e green e non sulle armi, un futuro in cui ciascuno si assuma le proprie responsabilità, cittadini, politici, scienziati. Un futuro in cui non sia il profitto l’unica legge da rispettare.
26 novembre – Oggi affronteremo una platea di giovanissimi i ragazzi di alcune classi delle scuole superiori di Livorno ci aspettano al Museo della Storia del Mediterraneo. Con il gruppo della Marcia ci sarà anche un gruppo di Piumani. È difficile spiegare che cos’è il movimento piumano. Il nome è un gioco di parole intraducibile: più umani, ma anche più mani e piumani nel senso di persone con le piume. La loro è un’azione non violenta che affronta con leggerezza anche i temi più profondi. Hanno portato al nostro incontro la loro musica e i loro canti, la poesia di un poeta palestinese letta da Ama, una ragazza libanese che vive da tempo a Trieste. La musica a intervalla gli interventi, quelli di Alessandro Capuzzo, di Giovanna Pagani, di Angelo Baracca e di Rocco Pompeo del movimento per la non violenza di Firenze che spiega come un mondo senza eserciti sia possibile con la difesa civile non armata e nonviolenta. Senza eserciti non si fanno guerre.
L’articolo 11 della Costituzione italiana recita: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…». Ed ecco un altro paradosso: l’Italia ripudia la guerra ma non gli affari che girano attorno. Ce lo ricorda Angelo Baracca quando dice che ci sono a bilancio anche per il 2020, altri quattro miliardi di spese militari. Quante scuole, quanto territorio, quanti servizi pubblici si potrebbero risanare con i soldi destinati alla guerra? L’incontro al museo si conclude con un grande cerchio: tutti i ragazzi ci restituiscono con una parola le emozioni e i pensieri che ha sollecitato questo incontro. E poi tutti in marcia per le vie di Livorno, con lo striscione, la bandiera della pace, la musica e l’allegria. Arriviamo in piazza della Repubblica e formiamo un simbolo umano di pace tra gli sguardi incuriositi dei livornesi.
Ed eccoci alle battute finali. Nel pomeriggio l’ultimo incontro a Villa Marradi con altre associazioni che lavorano per la Pace. Alessandro Capuzzo sollecita una mobilitazione anche a Livorno per la costruzione di una Ambasciata di Pace, un luogo non solo simbolico in cui far confluire tutte le azioni per un mondo senza guerre e senza violenza. Sono le 18 quando ci lasciamo.
Il viaggio ora è davvero arrivato all’ultima tappa. La Bamboo è nel frattempo tornata alla base all’isola d’Elba. Sulle chat di whatsapp si intrecciano i saluti tra tutti quelli che hanno partecipato a questo viaggio. Torniamo a casa. Nelle nostre sacche da marinaio abbiamo messo tanti incontri, tante nuove informazioni, tante idee. E la consapevolezza che ci sono ancora molte miglia da fare per arrivare alla Pace ma che c’è tanta gente in viaggio verso la meta. A tutti buon vento!