Ci sono paesi dove nascere donna è una sfida con la vita. L’Italia è uno di questi, il peggiore insieme al Belgio, tra i 25 paesi più sviluppati nel mondo. Un dato agghiacciante contenuto nel rapporto The Women Peace and Security Index che prende in esame tre aspetti indicatori dello stato di una società: il livello di inclusione delle donne, il senso di sicurezza e i casi di discriminazione.
L’Italia che ha una buona posizione nella classifica generale, è al 28 esimo posto, è però il fanalino di coda quando si parla di violenza del partner e si fa il confronto con paesi simili al nostro per cultura e benessere.
Gli uomini in Italia picchiano e uccidono le loro compagne più degli altri uomini che vivono in nazioni benestanti. Sono i peggiori e lo sappiamo bene visto che una donna viene uccisa ogni 72 ore in Italia e oltre il 70% dei femminicidi sono commessi da italiani e non da stranieri come si tende a rappresentare.
La stessa Polizia di Stato in queste ore ha fatto sapere che ogni giorno 88 donne sono vittime di atti di violenza, una ogni 15 minuti, e nell’80% dei casi si tratta di italiane molestate e menate da carnefici che nel 74 per cento dei casi sono italiani.
E non c’è differenza tra una regione e l’altra, ovunque aumentano le vittime, forse perché le donne oggi denunciano di più. Hanno più consapevolezza del reato. Nel passato subivano in silenzio dando per scontato che un marito manesco o un fidanzato geloso facessero parte del loro destino.
Fanno impressione le radiografie con le ossa rotte delle 355 donne che si sono rivolte al pronto soccorso messe in mostra nell’atrio dell’Ospedale San Carlo a Milano. Una costola incrinata, un dito fratturato, una tibia spezzata. Scene di violenza domestica che la chirurga Maria Grazia Valvadori ha voluto togliere dalla riservatezza delle cartelle cliniche e portare alla conoscenza di tutti. Un silenzioso dramma nazionale.
“E’ necessario cambiare atteggiamento quando si vedono o si conoscono comportamenti aggressivi, mi dice Manuela Ulivi, avvocata e presidente del Casa delle donne maltrattate a Milano, il primo centro antiviolenza sorto in Italia 22 anni fa. Ha appena pubblicato il libro Vive e libere per le edizioni San Paolo
“Non dobbiamo stare zitti se vediamo soprusi nei posti di lavoro, se sappiamo di un amico violento con la propria compagna, se assistiamo ad una scena in cui l’uomo umilia la moglie o la fidanzata, se la prende in giro davanti a tutti. Non dobbiamo girare la testa dall’altra parte e vale per gli uomini e per le donne”
Spesso si preferisce far finta di niente e seguire il famoso detto popolare tra moglie e marito non mettere il dito. Forse non c’è abbastanza consapevolezza che la violenza non è solo quella fisica ma può iniziare in modo subdolo.
“Certo, c’è la violenza psicologica, c’è il far sentire una donna incapace, ci sono le battute di derisione. C’è una forma di machilismo generale che fa accettare comportamenti che accettabili non sono. Per questo penso sia arrivato il momento di rompere l’omertà di uomini e donne nei confronti di atteggiamenti spavaldi che nascondo il germe della violenza. Bisogna reagire, rispondere, mettere nell’angolo i violenti”
Oggi le donne denunciano di più, sembrano più consapevoli.
“Oggi le giovani sono più coscienti della forza che hanno, venti anni fa era diverso, ma sono ancora tante le dinamiche che non mi piacciono.
Le donne devono fare più rete, stare insieme. Vanno conquistati luoghi di potere dove ci sono i soldi, come le banche e i templi della finanza, perché dove c’è il danaro c’è il potere vero. E lì le donne stanno ancora ai piani bassi”
-L’indipendenza economica è un buon antidoto alla violenza. Pensa che le donne sottovalutino il valore dei soldi?
“Le donne devono fare studi economici, devono capire il mondo della finanza, devono imparare a curare i propri interessi, a gestire i propri soldi. Persino le donne benestanti hanno visto passare in automatico la gestione dei loro patrimoni dal padre al marito. Non va bene, perché l’indipendenza e l’autonomia da un compagno violento passa attraverso la capacità di creare risorse proprie. C’è una violenza economica sotterranea in atto”
-Pensa che le donne trascurino professioni che garantiscono agiatezza?
“Penso che l’aspetto economico non sia la ragione che guida le loro scelte, spesso preferiscono favorire la carriera del compagno rinunciando a carriera e orari di lavoro più impegnativi. E’ come se fosse disdicevole pretendere di avere una indipendenza economica e una giusta retribuzione. Non c’è niente di male ad avere un rapporto concreto con i soldi. Ritenere che sia un aspetto secondario o addirittura negativo, temo nasconda pregiudizi culturali a danno delle donne.
-Le donne si riconoscono nelle storie che racconta nel suo libro Vive e Libere. Ci sono le testimonianze di chi ce l’ha fatta ad uscire dalla spirale della violenza. Quale consiglio dà a chi ancora non ha trovato la forza?
“La forza si trova se ci si mette in relazione con altre donne. Io punto molto sulla forza delle donne. Insieme si riesce a superare le difficoltà e si può affermare la propria libertà di scegliere.”
Ancora dobbiamo fare i conti con modelli e pregiudizi che ci accompagnano dall’infanzia.
“L’educazione delle bambine è importante. Bisogna smetterla di educarle ad essere carine ubbidienti, accudenti. Dobbiamo poter vivere senza condizionamenti, senza dover mediare in continuazione. Solo così saremo libere di scegliere, di seguire quello che vogliamo essere”