Ieri si sono svolte grandi manifestazioni nella Repubblica Ceca e in quella Slovacca per festeggiare la cosiddetta “Rivoluzione di velluto” del 17 novembre 1989, con la quale si pose fine dopo più di 40 anni alla dittatura comunista. Altissima la partecipazione della gente che ha invaso il centro di numerose città, con grande presenza di giovani.
Le prime grandi mobilitazioni contro il regime avvennero a Praga, allora capitale della Cecoslovacchia, dove oggi si sono svolte numerose attività e anche una ricostruzione di quegli eventi. Nel mattino l’appuntamento è stato nella strada Albertov, davanti alla scritta “Kdo, když ne my, kdy, když ne teď!“ (Chi se non noi, quando se non ora!” Una marcia ha ripercorso lo stesso tragitto che 30 anni fa avevano fatto gli studenti. Erano presenti le vecchie macchine della polizia che in quel lontano 17 novembre controllavano la manifestazione e una voce proveniente da un megafono, quasi a ogni angolo della strada, raccontava gli avvenimenti di quella storica giornata.
Ascoltare un ceco parlare del 1989 è una cosa commovente: “Ci si sentiva profondamente uniti agli altri a lottare insieme per la democrazia e la libertà”. Sono momenti in cui quelle parole che nell’alienazione della vita quotidiana perdono senso e valore, riacquistano significato e muovono un popolo intero verso la migliore causa. Anche oggi questa commozione è emersa durante la marcia e soprattutto in Piazza San Venceslao, quando un video che ripercorreva alcuni momenti della storia che va dal 1945 al 1989 è stato proiettato sul palazzo del Museo Nazionale. Soprattutto quando verso la fine del video si è sentita la voce del presidente Vaclav Havel e una famosa canzone cantata in quell’epoca da Marta Kubišová, un profondo silenzio ha invaso l’immensa piazza e per un attimo i tempi si sono incrociati…
Ma non è tutto oro quello che luccica. I numerosi interventi e discorsi, con alcune importanti eccezioni, suonavano di una stanca retorica e manipolazione politica. Sotto questo velo di sontuose parole si sentiva la delusione e la disillusione. Sembrava quasi di sentire la gente pensare: “Nel 1989 abbiamo fatto un grandissimo passo avanti ed è giusto festeggiare, ma quello che viviamo oggi non è quello che sognavamo e speravamo!”
Tutte le manifestazioni di questa giornata erano colorate da una forte critica al governo del Primo Ministro Andrej Babiš e al Presidente della Repubblica Milos Zeman. Babis, chiamato anche Babiscioni, cioè il Berlusconi ceco, viene accusato di usare il potere solo per favorire i suoi interessi personali. Cosi i partiti dell’opposizione e numerose ong (organizzazioni non governative che poi paradossalmente sono spesso finanziate da governi di paesi stranieri) hanno usato la celebrazione di questo anniversario per portare acqua al proprio mulino. E ancora una volta i sinceri sentimenti della gente sono stati manipolati.
Se è vero che nel paesaggio interno delle persone e soprattutto delle nuovissime generazioni aleggia l’aspirazione verso una società giusta e umana, è anche vero che una riflessione profonda e critica non si è ancora manifestata. Se oggi abbiamo un governo, un presidente e una società che non è quello che volevamo, invece di cercare capri espiatori con analisi superficiali dovremmo chiederci cosa abbiamo sbagliato in questi 30 anni. O forse, più in profondità, dovremmo interrogarci sul modello stesso di società che stiamo inseguendo. Volevamo “Amore e Verità” (slogan della rivoluzione del 1989), Democrazia e Libertà, e invece ci troviamo sottoposti al grande potere di piccoli gruppi politici corrotti, siamo tartassati dalle banche, alla mercé delle politiche delle multinazionali e di altre entità sovrastatali! Non facciamo la vita che avevamo sognato e il nostro potere di decisione e di influenza sull’insieme sociale è uguale se non minore a quello di prima.
Abbiamo solo fatto qualche errore e qualche personaggio senza scrupoli ha approfittato della nostra ingenuità e distrazione, o è lo stesso neoliberismo che provoca queste mostruosità, non solo qui ma in tutto il pianeta?
E’ il momento che l’“Amore e la Verità” comprendano che è possibile veramente avanzare solo mettendo in discussione il sistema dominante e promuovendo un nuovo umanesimo con un nuovo paradigma economico e di valori.
Come diceva Silo nei suoi Principi: “Farai sparire i tuoi conflitti quando li avrai compresi nella loro radice ultima, non quando li vorrai risolvere”.