I partiti di governo, la vecchia Concertación e alcuni del Frente Amplio (Revolución Democrática, Comunes e Partido Liberal) hanno firmato un “Accordo per la Pace Sociale e la Nuova Costituzione” in cui dichiarano di “cercare la pace e la giustizia sociale attraverso una procedura democratica inoppugnabile”.
Uno degli obiettivi di questo accordo è disinnescare il movimento sociale che si esprime da più di tre settimane in tutto il paese e permettere alla destra di aderire a una “convenzione costituzionale”, un eufemismo per evitare il termine “assemblea costituente”. In apparenza è la stessa cosa, ma in realtà punta a condizionare e porre limiti alla sovranità del popolo*. Per quanto riguarda il primo obiettivo, la sua efficacia come strumento di smobilitazione sociale è dubbia. Per quanto riguarda il secondo, anche se tutto ciò che è stato ottenuto è stato merito delle pressioni popolari, ora si cerca di cancellare questi risultati per tornare ai vecchi criteri di governo attraverso le élite, sottraendo ancora una volta il potere costituente alla base sociale.
Non è affatto detto che i partiti politici siano oggi validi interlocutori per rappresentare la sentita richiesta popolare espressa con mobilitazioni di massa. Ci si dovrebbe chiedere se non sono parte del problema piuttosto che parte della soluzione. Qualcosa di simile accade con i leader sociali coordinati dal Tavolo dell’Unità Sociale. Anche se possiamo riconoscere la loro importanza e il protagonismo all’interno dell’ampio gruppo che oggi esprime il malcontento, non si può dire che siano i legittimi rappresentanti di questo sentimento popolare.
Né l’uno né l’altro sono gli interlocutori con cui il governo deve dialogare. Piuttosto deve cercare i mezzi per instaurare un dialogo diretto con la gente. La protesta popolare che si è espressa per le strade in questi venti giorni è chiara per tutti coloro che sono disposti ad ascoltare: i cileni non vogliono che le cose continuino come prima; vogliono partecipare all’elaborazione di una nuova Costituzione attraverso un processo democratico di consultazione diretta, come l’Assemblea Costituente; vogliono la dignità, non vogliono essere disprezzati, vogliono assumere il potere sovrano che gli corrisponde.
Di fronte all’evidente crisi, il governo cerca di minimizzare i rischi di dover cambiare in profondità un sistema grazie al quale i gruppi economici ottengono i loro privilegi, per poi favorire i loro prestanome politici. Insomma, ogni tentativo di riconfermare le attuali istituzioni politiche, sindacali o sociali come interlocutori del dialogo con i cittadini, oggi così necessario, non è altro che un grossolano atto di gattopardismo, tipico della politica tradizionale: tutto deve cambiare perché tutto resti come prima.
In realtà, l’unico modo per il governo di procedere oggi è quello di approfondire decisamente la democrazia, riconoscendo che la sovranità popolare si può esercitare direttamente, senza la necessità di intermediari ormai universalmente messi in discussione. Se il governo ha qualcosa da offrire, che si intenda direttamente con la gente, che esponga le sue proposte. A quel punto vedremo se ha capito le richieste popolari e se le mobilitazioni si fermeranno. Dovrà fare un bello sforzo per guadagnarsi una credibilità. Se non ci riuscirà, dovrà dimettersi, in modo che le persone più adatte possano avanzare nel rapporto con i cittadini e trovare vie d’uscita.
La cosa più interessante del momento, ciò che bisogna capire e accettare, è la crisi della democrazia rappresentativa. La situazione attuale richiede che ci si orienti verso forme di democrazia diretta in grado di aprire nuove forme di partecipazione. Le risposte conosciute in questo momento non servono e quelle nuove non sono ancora nate.
Questo è il bivio in cui ci troviamo, questa è l’inevitabile strada che dobbiamo percorrere. Oggi abbiamo l’opportunità storica di muovere i primi passi in questo scenario sociale inesplorato e quindi avanzare verso un nuovo Cile, veramente democratico, esplorando forme di auto-organizzazione e auto-gestione sociale.
La responsabilità di tutti coloro che percepiscono il momento come una possibilità fondante di una Democrazia Reale, che sostituisce l’esausta e moribonda democrazia rappresentativa, è quella di accompagnare questa mobilitazione popolare, di contribuire a canalizzarla attraverso la nonviolenza attiva e a consolidare un tessuto sociale capace di dare direzione e sostenere i cambiamenti futuri.
José Gabriel Feres, Vice-presidente del Partito Umanista cileno.
*Un’Assemblea Costituente presuppone la libertà di stabilire autonomamente quale sarà la sua funzione e la sua durata, mentre secondo l’accordo la Convenzione Costituzionale ha una durata prestabilita di nove mesi.