“Bisogna organizzare nuove elezioni legislative trasparenti, che vengono rimandate da oltre un anno, e il presidente Alpha Condè deve impegnarsi pubblicamente e formalmente a non ricandidarsi per un terzo mandato. Vogliamo un Paese libero, dove i nostri figli possano dire quello che pensano senza essere uccisi o arrestati, senza essere feriti ne’ minacciati”. Contattato dalla Dire al telefono, Boubacar Diallo parla a voce alta e scandendo le parole, nel suo buon italiano che nell’accento porta ancora il segno delle origini guineane. ‘Bouba Galle”, ‘Padre della casa’, in pular: questo il soprannome dell’intervistato, che ha 47 anni e da 15 vive in Italia, dove lavora come mediatore culturale e ha collaborato con diverse università.
“Dal 1958, data della nostra indipendenza, abbiamo la sfortuna di vivere in una dittatura ed è per questo che quasi tutti i guineani che si trovano qui in Italia sono venuti, come me, per motivi di asilo politico” spiega Diallo, che nel suo Paese di origine era un professore di matematica impegnato nel sindacato. Diallo è tra i promotori del ramo italiano del Fronte
nazionale per la difesa della Costituzione (Fndc, anche nell’acronimo francese originale), che sabato scorso ha portato centinaia di persone a manifestare a Roma. Nata a luglio, l’organizzazione contesta il referendum di modifica della Costituzione proposto dall’ottantunenne Alpha Condè, accusato di voler restare così al potere per altri cinque anni. Infatti solo l’eliminazione degli articoli 27 e 154, che limitano a due il massimo di mandati consecutivi per lo stesso candidato, consentirebbe ad Alpha Condè di ricandidarsi nel 2020.
Dopo aver portato in piazza centinaia di migliaia di persone a metà ottobre, la Fndc ha invitato i guineani a protestare “pacificamente” anche domani a Conakry. Sui social network, l’organizzazione ha diffuso una “guida del manifestante” in cui sono presenti semplici istruzioni per sfilare in maniera “civile”. Finora, comunque, sembra che le vittime degli scontri siano state tutte tra i manifestanti: Mamadou Lamarana Bah, Thierno Sadou Bah, Mamadou Karifa Diallo, Ousmane Diallo, Abdoul Wahid Diallo, Mamadou Kalirou Diallo, Amadou Oury Barry, Thierno Aliou Diallo, Abdoulaye Timbo Sow, Thierno Mamadou Diallo, Boubacar Diallo sarebbero alcuni dei loro nomi: molti erano giovanissimi.
Ieri i morti sono stati commemorati da un corteo funebre a Conakry, ma anche questo momento di cordoglio è stato segnato dalla violenza. Due persone sarebbero cadute sotto i colpi d’arma da fuoco delle forze armate, secondo media e fonti locali: una delle vittime avrebbe avuto solo 17 anni. “Diallo è un cognome: le persone uccise di solito sono dell’etnia peul della regione di Futa Jalon” riprende l’attivista del Fronte nazionale per la difesa della Costituzione: “Tutti dicono che uccidono solo i peul e non le altre etnie come i Malinke (l’etnia del presidente, ndr) e i Sosso”.
“Se l’Unione Europea, gli Stati membri e l’Italia chiuderanno gli occhi davanti alla nostra situazione, andiamo verso una guerra civile, che non vogliamo” dice l’attivista: “Significherebbe una destabilizzazione ulteriore per tutta l’Africa”. Ancora Diallo: “Chiediamo l’intervento del governo e del parlamento italiano, ma anche della stampa, perchè si parla di ‘invasioni’ ma non di quello che succede in Africa. Fermare
l’immigrazione è semplice: bisogna fare in modo che i presidenti africani rispettino i diritti umani”.