Circa 20.000 persone sono arrivate in Bosnia quest’anno nella speranza di continuare il loro viaggio verso nord e cercare protezione in altri paesi europei. Le sempre più restrittive misure di sicurezza lungo i confini balcanici, le durissime condizioni di vita aggravate dall’inverno in arrivo e le testimonianze di violenti respingimenti dalla Croazia rendono la Bosnia uno dei nodi più difficili lungo le rotte della migrazione in Europa. Lo vedono ogni giorno le équipe di Medici Senza Frontiere (MSF) che forniscono cure mediche e psicologiche lungo il confine.

“Due settimane fa ho provato il ‘gioco’, come diciamo quando proviamo ad attraversare il confine. Ma la polizia croata ci ha scoperto e ha preso me e tutti gli altri. Ci hanno picchiati, hanno preso le nostre giacche, borse, telefoni, soldi e scarpe. Poi ci hanno rimandati a Velika Kladusa, in Bosnia. Nel mio gruppo c’erano anche bambini di dodici anni, la polizia ha picchiato anche loro. Succede sempre” racconta Khaan*, che si è presentato con altre 30 persone al centro medico del villaggio di Zavalje, dove MSF fornisce assistenza medica quattro volte a settimana.

Di notte, con temperature vicino allo zero, quasi 4.000 persone dormono in edifici abbandonati e ripari di fortuna intorno alle città di confine di Bihac e Velika Kladusa o nelle tende del campo di Vucjak. Il campo doveva essere una soluzione temporanea offerta dalle autorità locali per cercare di dare un riparo alle persone lasciate fuori dai campi ufficiali. Ma non risponde a nessuno standard umanitario e si trova in un’area disseminata di mine, il cui terreno è contaminato dal metano, gas altamente infiammabile. Nonostante questo, il 13 novembre le autorità hanno annunciato che il campo rimarrà così per tutto l’inverno e verrà usato per ospitare i nuovi arrivi.

Qui la situazione è terribile. Non ho mai dovuto dormire in una tenda prima d’ora”, racconta Muhallil*, originario del Pakistan, che da due mesi vive a Vucjak con il fratello di 16 anni. “Durante la notte, il gelo penetra attraverso la tenda e quando piove entra l’acqua. Il cibo è cattivo, i bagni sono così sporchi che non possiamo usarli e l’acqua delle docce è gelata”.  

“Il campo di Vujcak è un posto pericoloso e disumano. Nessun essere umano dovrebbe vivere così” dichiara Nihal Osman, vice coordinatore di MSF nell’area. “Le persone arrivano alla nostra clinica in ciabatte, senza calze né giacche, molti di loro soffrono di infezioni respiratorie e malattie della pelle dovute alle terribili condizioni in cui vivono. Ci si spezza il cuore a vedere e curare queste persone, sapendo che a fine giornata dovranno tornare alle loro tende e dormire per terra. È inaccettabile che questo campo rimanga aperto. Dovrebbero chiuderlo ora”.

Da agosto, in collaborazione con il Ministero della Salute della Bosnia, MSF ha rilanciato le proprie attività mediche in due località al confine per rispondere ai bisogni medici di migranti e richiedenti asilo al di fuori dei centri ufficiali, in particolare vittime di violenza e violenza sessuale. Da allora le équipe di MSF hanno fornito circa 1.200 consultazioni mediche a persone che altrimenti non avrebbero ricevuto cure. Molti dei pazienti di MSF sono minori non accompagnati.

“Le persone che non sono registrate in campi ufficiali non hanno accesso ad alcun tipo di servizio e sono più esposte al rischio di violenza” conclude Osman di MSF. “Con le nostre attività vogliamo raggiungere queste persone, che sono le più vulnerabili. Se le autorità non forniranno a queste persone ripari sicuri, appropriati e adatti ad affrontare l’inverno, temiamo sia solo una questione di tempo e le persone inizieranno a morire.”

 

 

*I nomi sono stati cambiati.