La Bolivia, dopo le elezioni del 20 ottobre, sta attraversando una grave crisi dei diritti umani. A rendere la situazione più problematica è stato l’intervento delle forze armate.
Con una nota ufficiale abbiamo sollecitato le autorità boliviane ad abrogare immediatamente il decreto 4078 del 14 novembre 2019, chiedendo inoltre di garantire che le forze armate agiscano nel rispetto delle norme e degli standard internazionali sull’uso della forza e proteggano i diritti umani di tutte le persone che intendono protestare, a prescindere dalla loro opinione politica.
Il decreto 4078, che non è stato ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, prevede la partecipazione delle forze armate “alla difesa della società e al mantenimento dell’ordine pubblico, in appoggio alle forze della Polizia nazionale” ed esime dalla responsabilità penale i membri delle forze armate che partecipano alle operazioni di ristabilimento dell’ordine interno e della sicurezza pubblica “quando, nel compimento delle loro funzioni costituzionali, agiscano per legittima difesa o per stato di necessità, osservando i principi di legalità, necessità assoluta e proporzionalità“.
“I nefasti precedenti storici nella regione per quanto riguarda il ruolo dei militari devono essere tenuti nella massima considerazione, così come massimo dev’essere l’impegno al rispetto e alla protezione dei diritti umani – ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice per le Americhe di Amnesty International. “L’altissima tensione sociale non può essere una scusa perché le forze armate agiscano in modo contrario agli standard internazionali sui diritti umani o per fomentare un’ondata di odio e discriminazione razziale che è già emersa con forza negli ultimi giorni. Jeanine Añez, che si è proclamata presidente a interim, ha l’obbligo di fermare immediatamente le violazioni dei diritti umani e di renderne conto di fronte ai meccanismi nazionali e internazionali sui diritti umani“.
Il decreto potrebbe permettere che possibili violazioni dei diritti umani o crimini di diritto internazionale commessi dalle forze armate siano lasciati impuniti. Lo stesso testo del decreto segnala che la situazione “tende ad aggravarsi” e paventa persino “una guerra civile“, presupponendo che qualsiasi atto di violenza potrà essere una scusante per favorire l’impunità.
I membri delle forze armate non solo devono rendere conto delle loro azioni od omissioni a titolo individuale, ma allo stesso modo sono responsabili, anche sul piano penale, i superiori che diano ordini illegali, supervisionino o controllino l’esecuzione di detti ordini o possano essere responsabili della pianificazione e della preparazione di operazioni illegali.
L’attuale crisi sociale, politica e dei diritti umani della Bolivia corre il rischio di aggravarsi se le autorità continueranno a rispondere con la violenza alle critiche, alle proteste e al lavoro dei mezzi d’informazione.
Crediamo sia necessario che le autorità garantiscano l’accesso alle informazioni circa le persone uccise, ferite e arrestate nel contesto della crisi iniziata il 20 ottobre. Secondo la Commissione interamericana dei diritti umani, sono state uccise almeno 23 persone e altre 715 sono state ferite.
Chiediamo, inoltre, alle autorità boliviane di indagare in modo rapido, completo e imparziale sulle denunce di violazioni dei diritti umani da parte delle forze armate e di atti di violenza da parte di ulteriori soggetti.
Allo stesso modo, è fondamentale garantire che i giornalisti e i difensori dei diritti umani possano svolgere il loro legittimo e prezioso lavoro senza subire censure, attacchi e stigmatizzazioni.
Siamo preoccupati per le accuse di “sedizione” rivolte dalla Ministra delle Comunicazioni contro i giornalisti e ricordiamo che non spetta alle autorità politiche determinare responsabilità penali.
Infine ricordiamo che nel contesto attuale i mezzi di sopravvivenza della popolazione sono a rischio. L’organizzazione per i diritti umani ha ricevuto informazioni da La Paz circa l’assenza di benzina e gas e la conseguente diminuzione dei prodotti alimentari disponibili.