“Da questo stabile, nelle prossime ore, partirà un cannone diretto verso la Turchia”- questo è quanto denunciato dagli attivisti e dalle attiviste a sostegno della campagna “Rise Up for Rojava” che, questa mattina, si sono incatenati dinanzi al cancello della multinazionale Rheinmetall Spa, in segno di protesta.
“E’ vergognoso che l’Italia continui ad esportare armi che arrivano ad Ankara, legittimando ed alimentando l’ignobile offensiva turca nel nord della Siria, che ha già comportato la morte e il ferimento di centinaia di civili e la creazione di una vera e propria emergenza umanitaria con la messa in fuga di 300.000 uomini, donne e bambini. Pretendiamo che il Governo italiano, al di là delle sterili dichiarazioni di facciata, adotti tutti i provvedimenti necessari per bloccare immediatamente l’export delle armi verso la Turchia, comprese le commesse già pronte. Appare assurdo, infatti, che un eventuale embargo riguardi solo i futuri ordini, lasciando nel frattempo che gli armamenti prodotti in Italia continuino ad uccidere civili innocenti. Basti pensare che il cannone automantico Oerlikon, in grado di sparare qualcosa come 600 colpi al minuto, fa parte di una commessa di 12 cannoni (di cui 9 già consegnati), commissionati nel 2016 dalla Aselsan Elektronic, fornitrice dell’esercito di Ankara.
Non possiamo accettare che dalla nostra provincia di Roma siano stati già esportati verso la Turchia nel primo semestre del 2019, come denunciato dalla Rete Disarmo, componenti per aeromobili, componenti elettronici e relativi dispositivi per un record di oltre 124 milioni di euro.”
Gli attivisti e le attiviste a sostegno della campagna “Rise Up for Rojava” sollecitano a tenere alta l’attenzione sul tema, auspicando che questo blitz sia solo l’inizio di una serie di azioni che nei prossimi giorni potrebbero animare tutto il territorio nazionale, fino a quando non si raggiungerà un reale blocco delle esportazioni di armi alla Turchia.
“Invitiamo tutte le realtà territoriali a dare un concreto sostegno alla lotta del popolo curdo, segnalando i siti in cui si producono armamenti che potrebbero alimentare il massacro in Rojava. Chiediamo, inoltre, ai lavoratori ed alle lavoratrice della logistica e della produzione di svolgere un ruolo attivo nell’opposizione all’invio di macchine da guerra verso Ankara. Se il Governo italiano non ha il coraggio di fermare l’esportazione delle armi, dimostriamo che esistono centinaia di uomini e donne pronti a realizzare un embargo popolare”.
Verso la manifestazione nazionale del 1 novembre
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