Il 25 ottobre, al termine di una farsa giudiziaria durata quasi due anni, un tribunale di Varsavia ha prosciolto 14 attiviste antifasciste (nella foto alcune di loro) dall’accusa di raduno non autorizzato.
Da anni le manifestazioni dell’11 novembre, giorno dell’indipendenza della Polonia, sono segnate dalla presenza di gruppi di estrema destra che esibiscono simboli razzisti e fascisti. Nel 2017 le 14 donne hanno deciso di reagire e, al passaggio del corteo, hanno srotolato uno striscione con la scritta “Stop al fascismo”.
Alcuni partecipanti alla marcia le hanno prese a calci, insultate (“puttane”, “feccia sinistroide”, “sgualdrine”), spintonate, prese a gomitate, afferrate per il collo e trascinate sul marciapiede.
La polizia è arrivata 30 minuti dopo, quando la marcia era andata avanti e gli aggressori ovviamente non potevano essere identificati. Ma non basta: sono state additate come provocatrici e multate per aver cercato di ostruire un raduno autorizzato. E non basta ancora: quando hanno sollecitato l’apertura di un’inchiesta per le violenze subite, sono state incriminate per raduno non autorizzato.
Per fortuna, a Varsavia c’è ancora un giudice.