È stato già accennato, nell’articolo di apertura di questa serie, e ben lo mostra la fotogallery che lo accompagna, che uno dei più suggestivi itinerari culturali, in questo «itinerario di itinerari» che è il percorso che ha attraversato la Serbia, dallo Srem fino al Kosovo, è l’itinerario culturale del Consiglio d’Europa della «Via degli Imperatori dell’Antica Roma e dei Vini del Danubio», itinerario culturale che si dipana attraverso quattro Stati, Croazia, Serbia, Bulgaria e Romania, attraversando ben 20 siti archeologici e 12 distretti enologici. Ha tutte le carte in regola per essere incredibilmente seducente: il carattere transnazionale del tracciato e delle memorie storiche e culturali attraversate; l’eccezionale importanza dei luoghi culturali e dei siti di patrimonio riconosciuti, tra cui, in particolare, il sito UNESCO di Gamzigrad; il singolare «portato di trasfigurazione» che porta con sé, evocando il potere trasformativo dell’arte e della cultura, che, unendo popoli e culture nel valore universale dei siti e dei luoghi, possono avvicinare e unire territori e Stati che solo pochi anni addietro si sono affrontati in conflitti sanguinosi e ancora sono segnati da vicende dolorose e dispute conflittuali. È come una «memoria dei luoghi», universale, e quindi attraversata dai tratti dell’amicizia e della convergenza tra i popoli, che si staglia sullo sfondo della memoria della storia e delle comunità, tanto quella che ha attraversato l’epoca della fratellanza e dell’unità nella Jugoslavia Socialista, quanto quella che porta con sé il ricordo doloroso e tragico delle recenti guerre, appunto etno-politiche, degli anni Novanta.
Sotto tale profilo, il corso del Danubio rappresenta una vera e propria «costellazione culturale», punteggiato com’è da una quantità di giacimenti archeologici e di siti culturali unici, in una parola. Anzitutto, Singidunum, l’antica Belgrado dei Celti e dei Romani e, poco distante, il sito archeologico di Viminacium, laddove si trova l’odierna Kostolac; quindi il tratto della strada di Traiano, con il Pons Traiani, nell’area dell’odierna Ðerdap, adiacente alla spettacolare Fortezza di Golubac, cittadella medievale interamente fortificata, fino ad arrivare alle «Porte di Ferro», uno spettacolare paesaggio naturale sul Danubio, presso il confine con la Romania; infine, il sito archeologico di Lepenski Vir, anch’esso nei pressi di Ðerdap, sito preistorico di eccezionale importanza, unico nel suo genere, dove sono stati rinvenuti resti di architetture sacre, per funzioni votive e liturgiche, dell’età tra il 7000 e il 6000 a.C. E, alle due estremità di questo lungo tratto danubiano, le capitali archeologiche del nostro «itinerario di itinerari»: a Oriente, poco distante dal confine con la Bulgaria, Zaječar, l’antica Gamzigrad; a Occidente, poco distante dal confine con la Croazia, Sremska Mitrovica, l’antica Sirmium.
Sono davvero incredibili la varietà e la simmetria di queste “emergenze culturali”; viene da chiedersi quando potranno anche diventare sedimenti di culture di reciproca appartenenza, ponti di condivisione e di fratellanza. A Gamzigrad si arriva in taxi, dal centro di Zaječar, che dista dal complesso una decina di chilometri. Gamzigrad ospita la «Felix Romuliana», il palazzo imperiale dell’imperatore Valerio Galerio Massimiano, edificato, in più fasi, tra il III e il IV secolo. Il palazzo, un vero e proprio complesso residenziale, fu edificato come fastosa residenza per l’imperatore e per la madre, Romula (da cui il nome dello spazio), verso la quale la devozione dell’imperatore era tale che si narra che, dopo la morte di Galerio, questi venisse elevato al rango di dio, insieme con la madre, come «unica e duplice» divinità, una delle ultime (siamo nella tarda età imperiale), più fastose e singolari, apoteosi della storia classica. Il palazzo, la «Felix Romuliana» propriamente detta, non è semplicemente un palazzo; la sua caratteristica è di essere un vero e proprio complesso in cui si alternano una quantità di edifici con funzioni diverse, un sistema murario, il palazzo reale, un tempio maggiore, un tempio minore, le terme, il tutto accompagnato da decorazioni pittoriche o splendidi mosaici. Insomma, una struttura variamente articolata e razionalmente disposta, da farne un unicum al mondo, come ha riconosciuto l’UNESCO, inserendo il sito nella Lista del Patrimonio Mondiale nel 2007. Siamo, del resto, nel periodo in cui, per le vicende della storia, la regione dell’odierna Serbia acquisisce una importanza strategica per l’Impero. Con l’abbandono della Dacia e il rafforzamento della Moesia sotto Marco Aurelio, essa fu resa crocevia dell’Impero, con la realizzazione della «via militaris», che congiungeva l’Occidente e l’Oriente del territorio imperiale, fino ad arrivare a Bisanzio, la futura Costantinopoli (IV secolo d. C.). Sull’opposto versante occidentale, Sirmium (Sremska Mitrovica), fondata nel I secolo, assurse al suo apogeo nel III secolo (ca. 295 a.C.) quando, addirittura, ebbe titolo come una delle quattro capitali dell’Impero. Fu, in quel periodo, uno dei principali snodi, terrestre e commerciale, dell’Impero, come mostrano i resti del quartiere commerciale romano che sorge proprio al centro della città. Una città, peraltro, elegante, meritevole di visita, interessante anche per i suoi profili stilistici e architettonici. Insomma, dal patrimonio culturale e dai «luoghi della memoria», ancora un messaggio di unità e di incontro, di scambio e d’interazione, di comunicazione e di convergenza, tra i popoli e le culture.