L’oncologa Patrizia Gentilini, membro dell’associazione Isde-Medici per l’Ambiente, riafferma la necessità di una maggiore precauzione sul 5G, la tecnologia che si sta diffondendo con una esposizione ai campi elettromagnetici ancora maggiore per la popolazione: «Troppi rischi per la salute, occorre una moratoria».
L’oncologa Patrizia Gentilini, membro dell’associazione Isde-Medici per l’Ambiente, riafferma da tempo, supportata da una nutrita schiera di scienziati, ricercatori e movimenti di cittadini, la necessità di una maggiore precauzione sul 5G, la tecnologia che si sta diffondendo con una esposizione ai campi elettromagnetici ancora maggiore per la popolazione. L’abbiamo intervistata.
Dottoressa Gentilini, il 5G, la nuova tecnologia che esporrà la popolazione a radiofrequenze ubiquitarie che connetteranno tutto ciò che ci sta intorno, pare essere ormai una scelta ineluttabile. Quali sono i potenziali rischi documentati e quali quelli non ancora completamente valutati e conosciuti?
La nuova tecnologia 5G (“5th Generation”) sarà una ulteriore fonte di esposizione a campi elettromagnetici (CEM) che andrà ad aggiungersi a tutte le altre sorgenti di CEM ad alta frequenza cui già oggi siamo tutti esposti: antenne radio e TV, Wi-Fi, smartphone, tablet, telefoni cordless, cellulari, dispositivi Bluetooth, ma anche ai CEM a bassa frequenza emessi da elettrodomestici, cavi elettrici, lampade etc. Con il 5 G ci sarà un cambiamento tecnologico enorme su scala globale che ci porterà ad avere case, imprese, autostrade, città sempre “collegate in rete” e auto a guida autonoma. L’obiettivo dichiarato è di arrivare, entro il 2022, a fare in modo che nelle case di almeno l’80% della popolazione nazionale (il 99,4% entro giugno 2023) ci sia la copertura 5G. Secondo l’AGCOM, per raggiungere questi obiettivi l’infrastruttura di rete del 5G sarà pienamente operativa con una densità di circa un milione di dispositivi connessi per Km2. Tutto ciò farà aumentare ulteriormente l’esposizione dell’intera popolazione ai CEM che dall’avvento delle telecomunicazioni nel secolo scorso sono aumentati a dismisura. Bisogna ricordare che le frequenze delle onde radio non esistono in natura e quindi né la nostra specie, né le altre specie viventi mai erano state esposte. Fino al 1940 il fondo naturale pulsato era di 0,0002 V/m ( Volt/metro), mentre attualmente il tetto legalizzato in Italia è di 6 V/m; si tratta di una media su 24 ore e non più del valore soglia da non superare. Questa apparentemente piccola modifica (media e non più soglia) è stato un “regalo” del governo Monti alle compagnie telefoniche nel 2012; con il 5G il limite potrebbe crescere ulteriormente fino a 61 V/m e va ricordato che a tutt’oggi, come è stato di recente ribadito da ARPA Piemonte nel corso di un Convegno svoltosi all’Ordine dei Medici di Torino, che a tutt’oggi non esistono dispositivi in grado di misurare i CEM generati dalle antenne del 5G!
Come si potrà chiedere il rispetto dei limiti se non si è al momento in grado di effettuare le misurazioni?
Il 5G inizialmente userà le bande 700 MHz, 3.4-3.8 GHz, 26 GHz (onde centimetriche) e, successivamente, le bande comprese nella gamma tra 24.25 e 86 GHz (onde millimetriche). Questo tipo di onde penetra nella cute fino a 10mm e per i fautori del 5G questa limitata penetrazione viene considerata scevra da rischi per la salute, ma non è affatto così, perché la penetrazione anche di un solo centimetro nella cute può generare effetti sulle cellule cutanee, in particolare danni alle membrane cellulari dei cheratinociti, ma anche alterazioni delle terminazioni nervose, delle ghiandole sudopripare e del microcircolo con liberazione di citochine infiammatorie e potenziali effetti sia locali che sistemici. C’è da dire che le onde centimetriche erano conosciute in Unione Sovietica già negli anni ’50 ed uno studio del 1955 riporta che anche una singola esposizione a onde centimetriche in conigli aveva indotto seri danni agli occhi con sviluppo di cataratta. Attualmente disponiamo di altre numerose conoscenze derivanti da indagini sperimentali condotte sia su colture cellulari che su animali, mentre ovviamente mancano conoscenze adeguate sul piano epidemiologico. I dati sperimentali attestano che le onde centimetriche/millimetriche possono indurre l’alterazione dell’espressione genica e delle membrane citoplasmatiche, modificare la funzionalità dei sistemi neuro-muscolari, aumentare della temperatura della cute, stimolare la proliferazione cellulare, modulare la sintesi di proteine coinvolte in processi infiammatori/immunologici. Inoltre l’esposizione di fibroblasti umani adulti e fetali a 25 GHz per 20’ ha comportato effetti sui cromosomi (aneuploidia) noti come predisponenti al cancro. Per quanto riguarda altri tipi di frequenze, quali quelle dei cellulari o delle antenne radio – base, disponiamo viceversa di moltissimi studi sia epidemiologici (ovvero sulle popolazioni esposte) che sperimentali che attestano i numerosi effetti biologici che vanno ben oltre l’effetto termico, ossia l’azione di riscaldamento dei tessuti, l’unica di cui si tiene conto per stabilire i limiti di legge.
In sintesi gli effetti dei CEM suddetti sono sia cancerogeni che non cancerogeni. Fra questi ultimi ricordo:
– effetti genotossici : mutazioni geniche, aberrazioni cromosomiche, scambi tra cromatidi, micronuclei, danni al DANN
– effetti epigenetici: attivazione di oncogeni, sintesi riparativa del DNA, alterazione di proteine funzionali
– riduzione della sintesi di melatonina
– aumento della concentrazione di perossidi e radicali liberi
– alterazione della concentrazione del Calcio
– inbizione della apoptosi (morte cellulare programmata)
– induzione di “proteine da shock termico“
– alterazione della funzionalità del sistema immunitario.
– i CEM/ELF possono interagire sinergicamente con altri cancerogeni genotossici (radiazioni ionizzanti, idrocarburi aromatici policiclici, derivati del benzene, formaldeide).
Per quanto riguarda l’azione cancerogena ricordo che nel 2017 sono state pubblicate almeno 3 metanalisi che hanno preso in esame decine di studi epidemiologici caso-controllo. Si tratta di decine di migliaia di casi (ovvero di soggetti affetti da tumori cerebrali) e ancor più controlli sani in cui è stata indagato l’utilizzo del cellulare. Da questa grande mole di dati è emerso che l’utilizzo del cellulare per oltre 10 anni, specie se ipsilaterale, comporta un incremento del rischio di tumori cerebrali di oltre il 30% nel loro complesso e del 44% per i gliomi, la forma più aggressiva di questo gruppo di tumori.
Infine nel 2018 sono stati pubblicati anche i risultati di due ampi studi sperimentali, uno condotto negli USA a cura del National Toxicology Program che ha valutato l’esposizione di 7mila topi da laboratorio (sacrificati a 106 settimane) a radiazioni corrispondenti all’intensità solo del 2G e 3G; l’altro condotto in Italia dall’Istituto Ramazzini di Bologna che ha usato frequenze più basse (quelle tipiche delle stazioni radio-base) e si è protratto fino alla morte naturale degli animali.
Entrambi gli studi – pur utilizzando frequenze diverse – hanno trovato gli stessi risultati: aumento ‘statisticamente rilevante’ del numero dei tumori, in particolare rarissimi tumori delle guaine nervose al cervello e al cuore.
Vi sono quindi tutti i presupposti per ipotizzare che anche sull’uomo e sugli altri organismi viventi il 5 G, che si aggiungerà a quanto già in essere, non potrà che fare aumentare i rischi per la salute umana e si tratta di rischi niente affatto trascurabili e a cui nessuno potrà sottrarsi.
Infatti, per la diffusione capillare del 5 G su tutta la superficie terrestre, che a sua volta sarà connesso con satelliti nello spazio, nessun essere vivente potrà sottrarsi agli effetti di questa tecnologia. Non sarà quindi come col cellulare o con altri dispositivi elettronici che possiamo decidere o meno di usare o comunque di avere precauzioni, col 5 G saremo tutti ed inevitabilmente irraggiati. Ritengo paradossale che una tecnologia che non è stata adeguatamente studiata, ma per cui esistono già numerosi indizi circa la sua pericolosità, venga imposta per ora a 4 milioni di italiani e nel giro di pochi anni all’intera popolazione. Non per nulla si chiama “sperimentazione 5G”: credo che a nessuno di noi piaccia fare da cavia, oltretutto in assenza di qualunque adeguata informazione e senza un consenso scritto, cosa quest’ultima che ci viene richiesta anche per il più banale intervento medico! E possiamo affermare con certezza che se il 5G fosse un farmaco non avrebbe superato neppure la fase pre-clinica di sperimentazione.
È nata una grande mobilitazione critica nei confronti dell’introduzione di questa tecnologia. Del fronte fanno parte scienziati autorevoli. Chi sono, oltre a te, coloro che si impegnano in questo appello alla precauzione?
L’allarme sui rischi derivanti dai CEM da parte di scienziati indipendenti è in atto già da anni: nel 2015 191 scienziati di 41 paesi hanno lanciato un allarme alle Nazioni Unite (ONU) e all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) affermando che: “numerose recenti pubblicazioni scientifiche hanno dimostrato che i campi elettromagnetici colpiscono organismi viventi a livelli molto al di sotto della maggior parte delle linee guida internazionali e nazionali. Più di 10.000 studi scientifici sottoposti a peer review dimostrano danni alla salute umana derivanti dalle radiazioni RF”. Sul 5G poi la mobilitazione sia a livello internazionale che nazionale è davvero poderosa anche se – come è facile aspettarsi – il parere di chi avanza dubbi e perplessità trova ben poco spazio. A livello internazionale ricordo il prof Martin Pall , prof emerito di Biochimica e di Scienze Mediche della Washington State University, che ha inviato alle istituzioni europee e statunitensi una revisione di studi che dimostrano la pericolosità della tecnologia 5G, ma anche i 29 autori (di cui 10 in possesso di titoli medici) provenienti da 10 diversi paesi che hanno stilato e costantemente aggiornano il rapporto BioInitiative. In Italia ricordo la Dott.ssa Fiorella Belpoggi direttrice dell’Istituto Ramazzini, il Dott Agostino di Ciaula, presidente del Comitato Scientifico Internazionale di ISDE che ha pubblicato nel 2018 un importante lavoro di revisione sul 5G, ma anche ricordo il Dott Massimiliano Pietro Bianco di European Consumers, cui va il principale merito del recente “Rapporto Indipendente sui campi elettromagnetici e sulla diffusione del 5 G”, un lavoro di 140 pagine. Ricordo infine che al 5G Isde ha dedicato una intera pagina del proprio sito, aggiornata con le varie iniziative e in cui sono riportati i comunicati con richiesta di moratoria stilati già anni fa.
Che scenario si va configurando secondo lei?
Lo scenario è sicuramente inquietante: sia chiaro nessuno di noi è contro le innovazioni e il progresso tecnologico, ma tutto questo dovrebbe essere governato con molta maggiore saggezza e lungimiranza e le questioni che entrano in gioco sono molteplici. A parte i rischi biologici di queste tecnologie, che ho prima ricordato, vorrei che non si trascurassero gli effetti psicologici che dispositivi quali cellulari, tablet etc hanno sui bambini, anche di pochi mesi, cui troppo spesso vengono dati, magari per distrarli e tenerli tranquilli. Quale è la percezione della realtà che si sviluppa in questi soggetti e che confini potranno esistere fra mondo reale e mondo virtuale se facciamo di tutto per “sfumare” questi confini? Altro aspetto inquietante: questo mondo iper connesso e sempre più veloce davvero ci farà essere più felici, più attenti e più responsabili verso gli altri? Il fatto che già ci siano ad esempio in commercio pannolini “intelligenti” che avvisano quando il bambino è da cambiare o che sono obbligatori i seggiolini che avvisano se il piccolo viene dimenticato in auto non ci renderà sempre meno attenti e responsabili, facendoci “delegare” a strumenti tecnologici anche quanto di più innato dovrebbe esserci, ovvero la cura della prole? Sistemi di protezione sono certamente auspicabili, ma si potrebbero cercare altre soluzioni. Altra cosa e non certo meno importante è il controllo capillare e costante di ogni nostra azione, contatto, spostamento, acquisto etc. alla faccia della tutela della privacy: chi avrà accesso a questa enorme mole di dati e che uso ne verrà fatto? Ed infine in un mondo in cui le auto saranno senza guidatore e tanti altri lavori faranno a meno dell’uomo, come la mettiamo con la necessità di occupazione? Chi controllerà il mercato del lavoro? Certamente in una fabbrica in cui lavorano robot non ci saranno scioperi e proteste, e questo per chi comanda è certamente quanto di più desiderabile possibile – ma questo non potrà che portare ad una concentrazione ulteriore delle ricchezze e del potere con una accentuazione delle disparità già oggi impressionanti. Temo che questo modello tecnologico sia solo funzionale ad una ulteriore concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e sempre più potenti attori che già oggi vede nel solo 1 per cento della popolazione mondiale il monopolio delle risorse globali. Quando anche tutte le informazioni, compreso quelle più intime e personali saranno in enormi banche dati, cosa ci rimarrà ? Sarà davvero una società più equa, più democratica quella che ci aspetta, o sarà esattamente il contrario? Come ci insegna Vandana Shiva, “Devono risorgere la vera conoscenza, la vera intelligenza, la vera ricchezza, il vero lavoro, il vero benessere”, in modo che le persone possano riacquisire il loro diritto a vivere liberamente, pensare liberamente, respirare liberamente e mangiare liberamente.
Quali i prossimi passi del fronte che si sta opponendo?
Sono decine ogni giorno le iniziative che a ogni livello vengono fatte per aprire almeno il dibattito e fornire informazioni e conoscenze sul 5G. Il 19 settembre ad esempio presso l’Ordine dei Medici di Forlì si è tenuto un corso di aggiornamento con crediti ECM cui ho partecipato come relatore unitamente al Dott Vornoli del Ramazzini, e il 5 novembre ci sarà un importante convegno a Roma (QUI il programma).