“È la rivoluzione degli studenti e di chi pur avendo potuto studiare non ha lavoro ne’ prospettive a causa del settarismo e della corruzione che tengono in ostaggio il
Paese”: Mustafa Jabbar, coordinatore in Iraq dei progetti della federazione del volontariato Focsiv, parla con la Dire dei cortei di questi giorni, tra coprifuoco e spari ad altezza d’uomo.
Nell’intervista, al telefono, il primo riferimento è alle decine di migliaia di persone in piazza lunedì a Baghdad e agli scontri di ieri nella città meridionale di Kerbala, con almeno 18 dimostranti uccisi. Tra le vittime di questi giorni, da venerdì almeno 76, anche una studentessa di medicina di 22 anni. Non un caso, secondo Jabbar: “I giovani delle scuole e delle università hanno dato una spinta decisiva alle proteste, in particolare a Baghdad; il problema è che, in un Paese così, non riescono a immaginare un futuro”.
Secondo il responsabile di Focsiv, ad alimentare la contestazione contro il governo del primo ministro Adil Abdul-Mahdi sono corruzione e settarismo etnico-religioso. “La spartizione dei posti di potere sulla base delle appartenenze sta paralizzando l’economia e ostacolando lo sviluppo” denuncia Jabbar. “Ogni gruppo politico-religioso deve necessariamente avere la propria fetta di potere”.
Dinamiche che accomunerebbero la crisi irachena ad altre realtà mediorientali, in particolare al Libano, dove dopo due settimane di proteste di piazza si è dimesso il primo ministro Saad Hariri. “In entrambi i Paesi – sottolinea Jabbar – pesa il ruolo dell’Iran, che non a caso ha manifestato la propria avversione nei confronti del movimento di protesta”. Che ci sia anche questa dimensione lo confermerebbero i fatti di Kerbala, città santa per gli sciiti, dove la polizia ha sparato sulla folla. “I manifestanti – sottolinea il responsabile di Focsiv – hanno bruciato i manifesti affissi lungo le strade che ritraevano Ali Khamenei, la Guida suprema dell’Iran”.
Difficile capire cosa accadrà a Baghdad. Figlio di un religioso sciita, economista, esule in Francia durante la presidenza di Saddam Hussein, Abdul-Mahdi ha annunciato riforme e promesso la sostituzione di cinque ministri, tra i quali
figurerebbero i titolari di Interno, Difesa e Petrolio. Non abbastanza per i due principali blocchi sciiti, quello di Moqtada Al-Sadr e quello di Hadi Al-Amiri, che potrebbero formalizzare una richiesta di dimissioni dell’esecutivo.
Cauto invece il governo del Kurdistan, la regione autonoma del nord. “E’ rappresentato nell’esecutivo di Baghdad – sottolinea Jabbar – e a oggi continua a sostenerlo”.