Dopo dieci anni di stabilità politica, il paese sudamericano ha vissuto nelle scorse settimane la sua peggiore crisi come conseguenza del tradimento del mandato elettorale del presidente in carica Lenin Moreno, che ha abbandonato le politiche economiche e sociali del suo predecessore e per le quali è stato eletto. Questo cambio di linea lo ha portato ad arrendersi ad un accordo economico spurio con il FMI, con il quale si prevedevano tagli alla spesa pubblica e l’instaurazione di un modello economico neoliberista che socializza perdite e privatizza i profitti.
Da un punto di vista storico è tornato il caos, il disordine e l’instabilità politica. Dal punto di vista temporale, l’Ecuador è sempre stato un paese caotico, guidato da politici mafiosi, corrotti ed egoisti.
Sfortunatamente queste settimane hanno ricondotto il paese al passato; l’ex presidente Jamil Mahuad e Lucio Gutiérrez, braccio destro di Abdala Bucaram, continuano ad essere presenti come fantasmi avendo funzioni e cariche collegate alla presidenza di Moreno.
I dieci anni di Rivoluzione Ciudadana guidati da Rafael Correa sono di gran lunga il periodo di maggiore stabilità nel paese sudamericano.
Dal 1996 al 2006 si sono avuti da 7 a 11 presidenti della repubblica, un numero addirittura imprecisato a seconda di come vengono contati.
Negli ultimi due anni Moreno ha fatto in modo che il suo compagno di partito, Jorge Glas Espinel fosse incarcerato, destituendolo dalla Vice Presidenza e dando vita nei fatti ad un colpo di stato; nei suoi confronti infatti è stato utilizzato un codice penale abrogato. Situazione questa al di fuori della Legge e della Costituzione con un’ assoluta assenza di reazione da parte di Piñera, Almagro, Bachelet e del capo dei paramilitari venezuelani Juan Guaidó. Con il loro spirito vassallo oggi sostengono la criminalizzazione e la repressione nei confronti delle proteste pacifiche in Ecuador.
Con Glas, il governo di Moreno ha avuto tre vice presidenti nel suo breve periodo di mandato, però solo Jorge Glas è stato eletto democraticamente dal popolo.
L’appoggio a Lenin Moreno dell’ex presidente Bucaram e di Jaime Nebot, braccio destra di León Febres Cordero, evidenzia l’unione delle due minoranze rappresentate dell’oligarchia di Guayaquil con la mafia populista di destra a sostegno di un presidente debole, pauroso e intimorito dal popolo.
Moreno nei primi giorni di protesta, per motivi di sicurezza, ha abbandonato Quito, la capitale politica del paese, per installare il suo governo sulla costa di Guayaquileña mentre il popolo in rivolta, che ha visto in prima linea indigeni, studenti e lavoratori, ha continuato in maniera decisa la mobilitazione. I manifestanti chiedevano il ritiro delle misure economiche contenute nel decreto conosciuto con il nome di ‘PAQUETAZO’ o ‘gasolinazo’ e le dimissioni di Lenin Moreno dalla presidenza.
Moreno ha cercato di dare la colpa delle rivolte all’ex presidente Correa, concentrando le accuse su una presunta cospirazione da parte di Cuba, del Venezuela e della sinistra internazionale, senza mai mostrare alcuna prova che le avvalori. Accusare gli altri per la sua inefficienza e per la mancanza di controllo è stata la costante del suo governo.
Una sola cifra riassume il suo operato: mentre in 10 anni Rafael Correa ha indebitato l’Ecuador con 20 miliardi di dollari, utilizzati principalmente per investimenti sociali, infrastrutture e istruzione, Lenin Moreno in due anni ne ha presi in prestito 55 miliardi, senza che si sia mai saputo per cosa siano stati spesi.
La risposta del governo a queste rivendicazioni è stata l’uso sproporzionato della forza, l’attuazione dello stato di emergenza con la conseguente sospensione dei diritti civili, è stato indetto il coprifuoco, mentre le proteste hanno provocato una decina di vittime accertate anche se non esiste un numero ufficiale di morti e feriti, mentre i dati parlano di un migliaio di detenuti, compresi i leader sociali, politici e indigeni.
Alcuni analisti ritengono che Moreno rimanga al potere solo per evitare di essere perseguito per il caso di corruzione INA Investement, che risale al periodo in cui era vicepresidente del governo di Rafael Correa, e che lo vede coinvolto direttamente nel pagamento di tangenti da parte di uomini d’affari in cambio di lobby politiche.
La situazione delle scorse settimane è stata gestita in maniera violenta e caotica. Le risposte di Moreno alle esigenze sociali sono state quelle di aumentare la repressione, la chiusura dei media, la censura e il coprifuoco. Gli ecuadoriani sono tornati al passato e i danni causati da questo tradimento elettorale possono avere conseguenze disastrose per il futuro.
L’Ecuador si trova a dover scegliere: piegarsi ad una minoranza oligarchica e fascista rappresentata da questo sempre più debole governo o andare avanti con la rivolta sociale.
Patricio Mery Bell