Nonostante la concomitanza con il presidio di solidarietà con il popolo curdo, un folto pubblico ha seguito alla Camera del lavoro gli interventi dell’incontro “Amazzonia depredata. Cause, responsabilità, prospettive”.
I leader indigeni con la bandiera curda
Si inizia con i video curati da Antonio Pacor del Collettivo FocusPuller, con le immagini dei leader indigeni arrivati in Europa in occasione del Sinodo per l’Amazzonia voluto da Papa Francesco e con quelle degli incendi – 95.000 in otto mesi – che hanno devastato il polmone verde del pianeta.
Dopo i saluti di Roberta Turi, Segretaria Generale della Fiom, che collega le due iniziative in corso in contemporanea a Milano come espressioni di solidarietà con due popoli oppressi – i curdi e gli indigeni dell’Amazzonia – si entra nel vivo con l’intervento del padre gesuita Aloir Pacini, che descrive la svolta costituita dalla creazione del Consiglio Missionario Indigenista e dalla decisione di vivere con i popoli nativi. Pacini denuncia il modello di sfruttamento capitalista rappresentato dal governo Bolsonaro e cita i rapporti di Greenpeace che individuano nelle multinazionali agro-alimentari i responsabili degli incendi.
Ernestina Afonso De Souza del Popolo Macuxi trasmette con un linguaggio emotivo e diretto la sofferenza patita da oltre cinquecento anni dai popoli nativi ed esacerbata dall’attuale governo brasiliano, che considera l’Amazzonia “cosa sua” e non riconosce né rispetta chi l’ha sempre abitata. Chiede ai popoli europei di ascoltare questa sofferenza e lottare insieme per la terra e la sopravvivenza, visto che a essere in pericolo non è solo l’Amazzonia, ma tutti noi.
Le fa eco Jeremias Dos Santos del Popolo Mura con un discorso appassionato. “La Costituzione Federale riconosce il diritto dei popoli originari al possesso delle loro terre” ricorda. “Siamo qui per mostrare la realtà del Brasile e per trasmettere l’importanza dell’Amazzonia” aggiunge. “ Non ci hanno ascoltati, ma noi vogliamo essere consultati e partecipare alle decisioni. Il governo ci attacca, ma noi resisteremo.” E conclude con una frase che riassume con semplice profondità il senso della lotta portata avanti dai popoli indigeni: “Non ci interessano le auto e gli aerei. Noi vogliamo vivere bene. E vogliamo che anche voi viviate bene.”
Per José Luiz del Roio del Comitato Internazionale Lula Livre il governo Bolsonaro è “imbecille e crudele, una minaccia all’esistenza dei popoli originari e alla tenuta della democrazia brasiliana e un pericolo per il mondo.” Si tratta di una destra violenta, ingiusta e tradizionalista – secondo alcuni ministri la terra è piatta – rappresentata dall’alleanza tra i neo-pentecostali e i cattolici più reazionari. In questo scenario il Sinodo per l’Amazzonia rappresenta un grande aiuto per la chiesa brasiliana e per tutto il Sudamerica.
Daniela Padoan di Laudato Si’ ricorda come l’Amazzonia sia il luogo più ricco e più depredato del pianeta e il Brasile il paese dove i difensori dell’ambiente subiscono gli attacchi più violenti. I popoli indigeni possono insegnarci ad arginare la cultura predatoria patriarcale, in una concezione dell’uomo legato a tutto il vivente che viene ripresa anche dall’enciclica di Papa Francesco.
Il moderatore Andrea Di Stefano di Valori ricorda il fondo da 100 miliardi di dollari per interventi compensativi per i paesi in via di sviluppo (mai partito), l’importanza dell’abbandono delle fonti fossili e la necessità di fermare le attività estrattive.
Maurizio Fraboni di Acopiama Manaus inizia uno stimolante dialogo con i due leader indigeni. Cosa possiamo fare per aiutarli nella loro lotta? chiede. Per esempio colpire il governo Bolsonaro nell’unico punto sensibile, il portafoglio, smettendo di comprare la soia transgenica che alimenta gli allevamenti di bovini. Il Brasile è uno dei maggiori importatori di carne in Europa: più si continuerà a consumare carne, più il governo continuerà a invadere e disboscare la foresta amazzonica. Di Stefano ricorda che la soia importata dal Sudamerica e piena di glifosato alimenta anche le pecore sarde e le mucche lombarde e che le lobbies agricole usano i fondi europei per sostenere la filiera legata alle agroindustrie.
Ernestina e Jeremias parlano del recupero della terra usando i semi tradizionali, non quelli venduti dalle multinazionali e della produzione biologica, senza ricorrere a pesticidi e fertilizzanti chimici e denunciano i danni causati dall’estrazione mineraria non solo alla natura e agli animali, ma anche al tessuto sociale, con la distruzione delle comunità e l’arrivo di droga, alcolismo e prostituzione. Allo stesso tempo ricordano che gli indigeni sono depositari di una cultura che noi europei abbiamo perduto e possono aiutarci a ricostruire un legame spirituale con la natura, concludendo l’incontro in modo insolito e profondo.
Foto di Sarah Marder, Paola Regina e Guido Viale