Lo rivelano all’Agi fonti dell’intelligence. La 24 enne cooperante italiana è stata sequestrata in Kenya il 20 novembre 2018
Silvia Romano “è viva” e “si sta lavorando per riportarla a casa”: è quanto apprende l’Agi da una fonte dell’intelligence. La 24 enne cooperante italiana è stata sequestrata in Kenya il 20 novembre 2018 e ora si troverebbe in Somalia. Nessuna conferma né smentita arriva da questa fonte sulla notizia, riportata oggi da ‘Il Giornale’, che in questi mesi di prigionia la ragazza sia stata costretta a sposarsi con un matrimonio celebrato con rito islamico, diventando “proprietà di un uomo del posto, probabilmente legato all’organizzazione che la tiene in ostaggio”. Sempre stando a quanto scrive il quotidiano, la ragazza sarebbe stata sottoposta a operazioni di indottrinamento e di assimilazione alla cultura islamica.
Stamattina da fonti della Procura di Roma, che indaga sulla vicenda, è stato comunicato che “non ci sono evidenze investigative nuove rispetto a quanto già emerso dalla collaborazione tra le autorità italiane e quelle kenyote”.
La volontaria milanese 24enne venne rapita da un commando composto da almeno otto persone. Tre di loro sono a processo a Malindi. Francesca Fumagalli, la madre di Silvia Romano, ha postato un articolo che riprendeva ‘Il Giornale’ con un suo commento: “Speriamo non sia vero”. “Sono contenta che sia viva, ma molto triste che l’abbiano costretta a sposarsi, se questa notizia fosse vera”, dice all’Agi Ronald Kasungo, l’amico che era con Silvia il giorno del sequestro ed è stato sentito come testimone dalle autorità locali.
Fino ad oggi erano poche le certezze note in possesso degli inquirenti della Procura di Roma. E cioè che la ragazza, almeno fino al Natale 2018, era viva, che il suo sequestro è stato eseguito su commissione e che sarebbe stata trasferita in direzione della Somalia da una banda di criminali comuni.
La prova riferita a quest’ultima circostanza è data dall’esistenza di un traffico telefonico tra gli esecutori materiali del rapimento, tre dei quali sotto processo, e soggetti di nazionalità somala. Si tratta di Moses Luwali Chembe, Abdalla Gababa Wario e Ibraim Adam Omar. Quest’ultimo, al momento dell’arresto, è stato trovato in possesso di armi che potrebbero essere state utilizzate dai criminali che hanno rapito Silvia Romano.
La riapertura della pista somala sarebbe avvalorata inoltre dal fatto che il pubblico ministero della Corte di Malindi, dove è in corso il processo a tre degli 8 membri della banda che ha rapito la giovane volontaria italiana, ha chiesto la modifica del capo di imputazione: terrorismo, oltre a sequestro di persona. Modifica accolta dalla Corte. Il giudice, Julie Oseko, ha disposto già alla fine di agosto la sospensione della libertà vigilata per due degli imputati – il terzo era già in carcere – perché potrebbero costituire un pericolo per la sicurezza nazionale e potrebbero influenzare i testimoni.
Rimanevano, comunque, molti punti oscuri su questa vicenda. Se era vero che la giovane era in Somalia, non si aveva però notizia di una rivendicazione da parte di gruppi legati ai terroristi di al Shabaab. L’altro fattore: c’è stata una richiesta di riscatto? Se è vero che i committenti del rapimento sono gruppi jihadisti, rivendicazione e richiesta di un riscatto per la liberazione di Silvia Romano sarebbero dovuti essere scontati. Le certezze granitiche insomma erano poche. Fino alla notizia trapelata oggi. “Silvia Romano è viva e si sta lavorando per riportarla a casa”.