Un grandissimo fiume di vapore acqueo, che parte dalla foresta amazzonica, e scorrendo intorno al nostro pianeta ancora più che ossigeno diffonde umidità, preziosissima acqua dolce sotto forma di correnti di nuvole e piogge fondamentali nel regolare il ciclo vitale del pianeta e l’attuale equilibrio atmosferico.
Un oceano di alberi, quelli della foresta amazzonica, oltre 400 miliardi, la più grande foresta pluviale al mondo, assorbono con le loro radici l’acqua dal terreno e la diffondono in superficie attraverso le foglie, dopo di che il sole le fa sublimare nell’aria e il vento le trasporta attraverso le correnti. Si tratta di un enorme grande respiro carico di acqua e vita che dal Sudamerica in parte si dirige verso la cordigliera delle Ande, dove precipita di nuovo sotto forma di neve o di piogge, un’altra parte invece attraversa l’oceano con le correnti dell’atlantico per diffondersi attraverso il mondo.
Qualcuno potrà pensare che in fondo questo processo è un poco quello che fanno tutti gli alberi, e in effetti è vero, ma la concentrazione, unita alll’estensione così significativa di alberi in Amazzonia, l’umidità a cui è sottoposta climaticamente, la fertilità di cui la foresta amazzonica gode, e infine la circolazione dei flussi atmosferici, fanno sì che si produca una corrente vera e propria di una miriade di minuscole goccioline di acqua, che vanno a formare un fiume aereo, ben visibile persino dallo spazio.
E infatti è proprio dalla Stazione orbitante Spaziale Internazionale ISS che per la prima volta questo fiume volante è stato visto.
Un vero e proprio fiume volante, non identificabile da terra, ma ben osservabile dallo spazio che rappresenta un fattore determinante nella regolazione del nostro ciclo delle piogge a livello planetario.
Sono queste le incredibili scoperte della Stazione Spaziale Internazionale, legate all’Amazzonia, che ci raccontano molto sul ciclo dell’acqua, ancora di più che sulla produzione dell’ossigeno.
Per capire meglio questo importante fenomeno e raccogliere ulteriori dati, proprio al centro esatto della foresta amazzonica, a c.a 150 km da Manaus, capitale dell’Amazzonia brasiliana, è stata eretta un’altissima torre di osservazione, la ATTO (Amazon Tall Tower Observatory). Una struttura talmente alta (325 m) da permettere ai ricercatori d’immergersi letteralmente in questo fiume aereo.
Si tratta di un fiume di dimensioni enormi per volume, grande oltre 10 volte il suo gemello che scorre a terra, il Rio delle amazzoni, che è il fiume terrestre più grande al mondo, il più lungo, nonché quello con la portata d’acqua maggiore.
Di fatto il fiume volante dell’Amazzonia rappresenta in larga scala il principio della “pompa biologica terrestre” ovvero il fenomeno che permette di ritrasferire nelle correnti atmosferiche enormi volumi di acqua allo stato aeriforme, i quali regolano il flusso nuvoloso, il ciclo delle piogge, l’umidità atmosferica di differenti aree del pianeta e in definitiva il nostro clima.
Il vero pericolo rappresentato dalla rapida deforestazione che l’Amazzonia sta subendo per taglio e per incendio, è l’interruzione di questo fiume di vapore acqueo, aspirato dalle radici degli alberi, condensato in goccioline sulle foglie e pompato nell’atmosfera, che forma un imponente flusso di nubi visibile appunto dallo spazio.
Dal nostro punto di vista, oserei dire purtroppo abbastanza limitato, non ci rendiamo conto, ma tutto sommato, il nostro è un piccolo pianeta, un ecosistema dove tutto è interdipendente, e il cui equilibrio è molto più delicato e interconnesso di quanto si sia propensi a pensare.
La regolazione climatica, i flussi delle correnti, le temperature e la termoregolazione che si alternano nelle stagioni, il ciclo delle piogge, la maggiore fertilità o meno di una determinata area rispetto a un’altra, sono strettamente collegati gli uni con gli altri.
In termine di ossigeno, ogni due nostri respiri, uno ci viene regalato dalle “diatomee”, piccolissimi organismi marini che fanno parte del plancton, secondo alcuni scienziati producono dal 50 all’85% dell’Ossigeno sul nostro pianeta.
Ma il ciclo e il flusso delle piogge che riguarda tutto il pianeta viene determinato in modo significativo dalla salute della foresta amazzonica e dall’esistenza del suo fiume d’acqua volante.
Secondo gli ultimi studi di geologi e botanici è grazie al ciclo dei flussi atmosferici terrestre, che dai deserti africani si sollevano milioni di tonnellate di particelle di sabbia per esser trasportate proprio in Amazzonia ricadendo sul suolo della foresta fertilizzandola grazie ai minuscoli scheletri delle diatomee marine ricchissimi di Fosforo, Azoto e Potassio.
Un ciclo che da una parte vede l’arido deserto fertilizzare l’Amazzonia e dall’altro la sua poderosa foresta grazie a fotosintesi e respirazione delle foglie rendere di gran lunga il dono ricevuto immettendo in atmosfera enormi quantità di vapore acqueo che poi diventano piogge e quindi nuova vita.
E’ stupefacente sapere che il deserto più arido, fertilizza la foresta più lussureggiante del pianeta e che le nubi della foresta amazzonica poi, producono imponenti piogge sulla cordigliera delle Ande trascinando con loro milioni di tonnellate di fango e sedimenti, che attraverso i fiumi arrivano al mare, fertilizzanti naturali di cui si nutrono proprio le diatomee, e così il ciclo ricomincia.
In Amazzonia come anche in altre grandi foreste pluviali si disbosca e si brucia per far posto alle coltivazioni di soia richiestissima dal mercato, per l’alimentazione di polli, maiali, tacchini, e in generale carne, negli allevamenti intensivi.
Oltre il 90% della soia attualmente prodotta è destinato all’alimentazione animale, oppure in alternativa per impiantare siti minerari ed estrattivi di petrolio e materie prime.
Il disboscamento attualmente procede al ritmo di 5 campi da calcio ogni 10 secondi.
Tagliare alberi in Amazzonia così come in qualsiasi altra foresta tropicale, per produrre soia, realizzare pascoli e siti estrattivi di minerali, è un danno immenso che espone a un rischio incalcolabile non solo la foresta, il Brasile, la Colombia, il Paraguay, il Perù, l’Ecuador, i paesi del Sudamerica in generale, ma anche tutto il Pianeta.
Per questo non è più sufficiente indignarsi soltanto per protestare e dire “No alla deforestazione dell’Amazzonia!”
Qualcosa di sostanziale deve cambiare nel ciclo produttivo, nel nostro stile di vita, nel nostro modo d’intendere la parola “benessere”, nella definizione di parametri legati alla crescita, che ci stanno portando all’esaurimento incosciente e sfrenato, senza prevedere alcuna forma di rigenerazione delle risorse che abbiamo e che oltre alla base della stessa nostra società sono alla base stessa del ciclo vitale del nostro pianeta.
E’ questo in sintesi ciò che a livello didattico viene spiegato in questo breve documentario. “Il Fiume Volante”
Il FIUME VOLANTE: Un immenso fiume nasce dall'Amazzonia e si diffonde sulla terra
Il FIUME VOLANTE: Il più grande fiume del pianeta Terra nasce dal cuore dell'Amazzonia, per poi scorrere libero intorno il mondo e portarci il suo respiro; al suo destino è legato anche quello della terra.Un breve documentario didattico che spiega quanto sia importante e fondamentale per la vita, la presenza delle grandi foreste, in specie quella dell'Amazzonia, quanto sia interconnesso il nostro pianeta, e il suo destino legato ai nostri comportamenti, al nostro stile di vita, e anche a ciò che mangiamo.
Gepostet von Pressenza Italia am Sonntag, 22. September 2019
Se solo potessimo vedere coi nostri occhi, renderci conto dei i vari legami che interconnettono l’Amazzonia e le foreste in generale col nostro stile di vita; se solo si riuscisse a percepire ciò che produciamo ad esempio in termini di danno e impatto ambientale, con il nostro consumo sfrenato di ogni cosa mercificabile e da cui derivare lucro.
Un consumo e un impatto ambientale prodotto anche con il nostro tenore alimentare, sostenuto al giorno d’oggi da immensi allevamenti di animali, nutriti letteralmente a forza con la soia, un alimento altamente proteico, così da farli crescere in fretta.
La deforestazione dell’Amazzonia, come spiegato in un altro articolo, è dovuta anche alle coltivazioni di questa pianta leguminosa, la soia, che è destinata per il 90% ai mangimi degli allevamenti intensivi, i quali producono le carni che consumiamo. Ecco che forse nel cogliere questi legami, qualcosa di significativo potrebbe cambiare.
Il mese scorso, agosto 2019, le organizzazioni di coordinamento dei popoli indigeni e della foresta amazzonica, hanno dichiarato catastrofe ambientale.
Pochi giorni fa invece sempre i popoli originari amazzonici hanno lanciato un appello, un avviso rivolto ai governi mondiali. I popoli indigeni e originari dell’Amazzonia e del Sudamerica non resteranno ad assistere inermi e senza far niente allo scempio e alla distruzione delle loro terre.
La foresta prima ancora che dagli incendi viene distrutta dal taglio indiscriminato degli alberi per far posto agli allevamenti di manzi e poi alle vastissime piantagioni di soia.
Il mercato chiede carne e soia, di quest’ultima in particolare la domanda è cresciuta di 15 volte in 30 anni, destinata per il 90% agli allevamenti intensivi, per l’alimentazione di polli, tacchini, maiali.
La foresta amazzonica brucia, è vero, ma ancor prima muore per via di quel che mangiamo, l’Amazzonia in pratica ce la stiamo mangiando, boccone dopo boccone.
E’ per questo che l’appello dei popoli amazzonici contiene anche un grido di aiuto rivolto a noi, a tutti i popoli della terra.
Ci chiedono di riflettere profondamente su quello che sta accadendo, di fermarci ad ascoltare, ben consapevoli che se non ci sarà anche una nostra profonda presa di coscienza, e una maggiore consapevolezza da parte della maggior parte delle persone, a rischio non c’è solo la terra natia di questi popoli, e la foresta, a questo giro di giostra in gioco c’è anche la tenuta dell’intero pianeta, del suo ciclo vitale, del suo clima, del flusso delle sue piogge, l’intera sostenibilità su cui si basa la nostra società occidentale e in definitiva la vita del pianeta, almeno per come finora l’abbiamo conosciuto e abbiamo potuto goderne.