Beit Jala, una cittadina a due passi da Betlemme. Una cittadina di case e di chiese bianche dove il suono delle campanesupera la voce del muezzin perché la maggioranza dei suoi abitanti è di religione cristiana. La cittadina nelle cui campagne sorge il convento salesiano e l’antica vineria Cremisan fondata a fine “800, ben 12 anni prima che il padre del sionismo Theodor Herzl lanciasse l’idea dello Stato ebraico in Palestina, definendola terra senza un popolo.
Beit Jala, la cittadina che da anni disturba il progetto di annessione israeliano combattendo contro il muro che vuole tagliare la collina di Cremisan per unire le colonie illegali di Gilo (dove possiede una casa anche la sionista italiana Fiamma Nirenstein), Har Gilo e Giv’at Yael rubando altra terra palestinese, ora si trova di fronte a una nuova arrogante pretesa di appropriazione illecita e indebita da parte di un gruppo di fuorilegge ebrei, i neo-coloni che si sono insediati sul suo terreno creando un avamposto.
L’avamposto, come dice il nome, è un primo accampamento. Normalmente è composto di roulottes e case mobili in cui un gruppo di fuorilegge ebrei armati e solitamente protetti dall’esercito di occupazione va a insediarsi.
Se i palestinesi fossero realmente i duri e spietati combattenti (leggi terroristi nelle versione filosionista) come vengono descritti da Israele e dai suoi valletti mediatici, questi avamposti finirebbero in cenere in meno di una settimana e i loro abitanti verrebbero cacciati se non uccisi.
Ma i palestinesi, al contrario, si limitano a manifestare e a gridare al mondo “fermateli!” contando ancora sulla legalità internazionale, nonostante questa abbia dato ampia prova di essere prona davanti a Israele e al suo strumento magico, agitato soprattutto per tacitare l’opinione pubblica: l’olocausto!
E mentre i palestinesi manifestano e invocano le istituzioni internazionali, generalmente sorde al loro richiamo, gli israeliani portano avanti il loro progetto di totale occupazione della Palestina con mezzi diversi. Uno di questi è l’avamposto.
Israele lascia che questi gruppi di civili armati provenienti da varie parti del mondo e uniti solo dalla stella di David vadano ad occupare terreni strategici, ma palestinesi, poi dopo un po’ gli si fornisce acqua ed elettricità e dopo ancora un po’ di tempo questi accampamenti vengono “legalizzati” nel senso che Israele, con propria legge interna e in totale conflitto con la legalità internazionale, li autorizza a diventare vere e proprie colonie e a far proprio il territorio occupato.
Contro chi si oppone manifestando, urlando al mondo “fermateli” o, nel più violento dei casi, lanciando pietre, l’IOF spara, arresta, uccide e i media raccontano – quando lo raccontano – che in seguito a “violenti scontri” hanno perso la vita o sono stati feriti o arrestati un certo numero di palestinesi. Palestinesi! Categoria che generalmente non richiede ulteriori dettagli che ne mostrino la composizione umana, quella capace di creare empatia nel lettore. Esattamente come avviene per i numerosi ferimenti “del venerdì” di palestinesi inermi che chiedono solo il rispetto di una Risoluzione ONU ed hanno in cambio i colpi di fucile dei cecchini israeliani nel silenzio assoluto, se non l’approvazione delle istituzioni cosiddette democratiche dell’Occidente.
Anche ieri sono stati feriti oltre 100 manifestanti ed uno di loro, una donna “armata” di una lunga bandiera è stata uccisa. Notizie che non fanno notizia e che quindi non occupano le colonne di democratici quotidiani come ne occuperebbero il ferimento o la morte di una donna israeliana.
Fermateli! Non è solo il grido – purtroppo inutile – dei palestinesi. “Fermateli” è una necessità internazionale perché il cammino di Israele verso la distruzione di chi si pone di traverso alla realizzazione dei suoi progetti è un cammino che riguarda il mondo, sia per le complicità di cui si serve, comprese quelle di una parte del mondo arabo, sia per la dannata forza dell’esempio che riesce a dare mostrando che il diritto è carta straccia e che l’unica legge valida è quella del più forte. Israele è un pericolo per il mondo e non solo il nemico di una pace giusta in Medio Oriente e il genocida del popolo palestinese.
“Qualcuno fermi Israele” è una voce che si sente anche al suo interno, urlata da una minoranza di israeliani che vengono additati alla popolazione come traditori e che, al contrario, rappresentano il nucleo di ebrei che pur avendo (di fatto) accettato il sionismo, sono o sarebbero in grado di salvare Israele da se stesso. Ma la storia non sempre insegna e, finché Israele potrà godere delle complicità internazionali delle massime potenze, non si fermerà.
Il senso di onnipotenza attinto dalla narrazione biblica e fatto proprio anche dai sionisti non credenti rappresenta il vero pericolo che l’opinione pubblica non riesce a vedere. Quell’opinione pubblica che un peso ce l’ha altrimenti non verrebbe così ben manipolata. Quell’opinione pubblica a cui non arriva l’invito a fermare Israele perché si blocca sul muro mediatico innalzato a sua copertura e dipinto con i tragici colori dell’olocausto.
Patrizia Cecconi, Amman, 22 settembre 2019