Sono ormai 12 giorni che Deniz porta avanti una lotta nonviolenta dentro il Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di Corso Brunelleschi a Torino. Tra le richieste che avanza, oltre la soluzione definitiva della sua situazione precaria, c’è anche l’aspettativa di un notevole miglioramento delle condizioni di vita dei trattenuti al Centro.
Deniz viene denunciato diverse volte in Turchia per via delle sue idee contro il governo centrale. Tuttora è sotto processo per aver violato l’articolo 299 sul vilipendio del Presidente della Repubblica. Un’arma giuridica e politica che gli alti vertici del governo centrale usano da parecchi anni. Grazie a questa legge, oggi, circa 4 mila persone sono sotto processo. In questi ultimi 15 anni, centinaia di persone sono state prese in detenzione provvisoria oppure condannate a diversi anni di carcere per questo motivo. Secondo l’RSF Turchia, tra queste persone ci sono 53 giornalisti.
Negli anni precedenti, Deniz è stato processato con l’accusa di “far parte del gruppo terroristico informatico RedHack”. Nell’ambito di questo maxiprocesso che ha coinvolto più di 20 persone, è stato accusato anche di “fare propaganda per il conto delle organizzazioni terroristiche”. Deniz, per questo motivo, è stato trattenuto per circa 6 mesi in carcere. Successivamente è stato scarcerato ed assolto. Però tuttora è in atto il ricorso del procuratore con la richiesta di riaprire il caso e rimettere il mandato di cattura.
Deniz ha sempre lavorato nel mondo della musica. Per 15 anni ha lavorato come dj In diversi locali importanti della capitale Ankara. Nell’ultimo locale in cui ha lavorato, 45lik, aveva raggiunto l’apice della sua carriera, un dj di fama nazionale. Tuttavia, Deniz ha dovuto lasciare la Turchia nel 2018 perché era alto il rischio di rientrare in carcere. Così è arrivato nella capitale della Grecia, ad Atene. “Le condizioni abitative e lavorative erano molto precarie. Ho fatto la domanda di asilo politico e mi hanno detto che avrei potuto presentarmi davanti alla commissione nel 2021. Per cui ho voluto lasciare la Grecia per andare in Norvegia. I primi tentativi sono finiti male. Sono stato identificato e fermato dalla polizia. Mi hanno trattenuto in commissariati terribili inoltre mi hanno picchiato diverse volte”.
Un giorno Deniz riesce ad uscire fuori dalla Grecia ed inizia a camminare verso la sua destinazione. Macedonia, Albania, Bosnia e Croazia. “Ho preso diversi mezzi di trasporto, ma in grande parte ho dovuto camminare con varie persone in città e nei boschi. Anche in questo viaggio sono stato respinto dalla polizia oppure dai soldati. In alcuni casi sono stato anche malmenato”.
Nel mese di agosto Deniz arriva in Italia, a Piacenza. “In realtà il mio obiettivo, insieme ad altre persone presenti sul furgone, era quello di arrivare in Francia. Ma avevamo finito le scorte di cibo e acqua. Per cui siamo scesi dal furgone e pochi secondi dopo ci hanno fermato i carabinieri. Mi hanno portato nel commissariato e non mi hanno detto che avevo diritto ad un avvocato oppure ad un interprete e mi hanno detto che mi avrebbero lasciato libero dopo due giorni”. Nonostante questa dichiarazione, tuttora, Deniz si trova nel Cpr di Torino. Dopo i primi giorni di grande confusione e sconforto Deniz ha deciso di chiedere asilo politico in Italia.
“Sin dall’inizio ho sempre ricevuto poca informazione sui miei diritti e su ciò che mi spetta. Tutto mi è stato comunicato male oppure parzialmente. Per me, che ho fatto 6 mesi di galera in Turchia, trovarmi di nuovo dentro una specie di carcere è una cosa insostenibile. Tuttora c’è poca chiarezza su cosa mi succederà”. Per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, Deniz ha deciso di iniziare a fare lo sciopero della fame. In questi 12 giorni ha perso circa 7 chili, dorme poco e male, si nutre di acqua e tisane, crede che presto avrà bisogno delle vitamine perché si sente stanco e abbattuto.
Come se non bastasse tutto questo, nel Cpr di Torino ha scoperto un mondo triste e violento. “Qui le condizioni sono terribili. Dalle condizioni per dormire a quelle per passare la giornata si tratta di un posto peggiore di un carcere. Ci sono persone che restano qui anche per 6 mesi in attesa dell’espulsione. Le condizioni psicologiche dei migranti sono terribili. In poco tempo ho assistito a due tentativi di suicidio ed una rivolta molto violenta. In tutto questo la reazione della polizia è stata molto aggressiva”.
In questi 12 giorni diversi giornalisti turchi ed italiani hanno intervistato Deniz. In vari quotidiani nazionali turchi sono state pubblicate le sue interviste. Attorno lui è nata una forte rete di solidarietà internazionale di persone attente ed interessate alla sua lotta. Vari avvocati, anche dell’Asgi, si impegnano per tutelare i diritti del dissidente trentacinquenne.
Deniz dice che dopo l’inizio della sua lotta ci sono stati dei piccoli miglioramenti nella quotidianità del Centro e nella comunicazione per il suo caso. Però lui è convinto che ci vuole maggiore attenzione e impegno per un miglioramento decente per cui tuttora si trova in sciopero della fame.