Il problema più grave che attanaglia oggi l’umanità è la crisi climatica, che stenta però ad entrare nell’agenda dei nostri governi. Eppure i segnali del disastro in arrivo sono sotto gli occhi di tutti. Un’estate di fuoco come non mai con 20 gradi al polo Nord. In un solo giorno, in Groenlandia, 10 miliardi di tonnellate di ghiaccio sono diventate acqua. Sta bruciando l’Amazzonia, ma lungo l’estate sono bruciate anche le foreste della Siberia. La nostra “casa comune” è letteralmente in fiamme. Questo grazie allo stile di vita del 10% della popolazione mondiale che consuma a una velocità insostenibile il 90% dei beni disponibili. Questa è una apartheid climatica», secondo l’Onu. Infatti i paesi più poveri sono responsabili di una piccola frazione (10%) delle emissioni globali di anidride carbonica, mentre devono sopportare il 75% dei costi della crisi climatica. Responsabile è il mondo dei ricchi (in larga parte la tribù bianca) dove sta trionfando l’estrema destra, per natura negazionista, perché non vuole mettere in discussione il proprio stile di vita. E questo stimola il diffondersi di risposte nazionaliste, xenofobe e razziste di fronte all’arrivo di profughi e rifugiati, frutto amaro di un ingiusto sistema economico-finanziario. Il messaggio è chiaro: o si cambia o si muore.
Purtroppo oggi la politica è incapace di rispondere a una tale sfida, cioè rimettere in discussione questo sistema economico-finanziario che è la causa della paurosa crisi climatica. La politica è oggi prigioniera delle banche e delle multinazionali. Solo un grande movimento popolare potrà forzare i governi a mettere al primo posto la crisi climatica. È quanto sta chiedendo con insistenza papa Francesco. In Italia abbiamo tante belle realtà impegnate in difesa dell’ambiente ma non sono ancora diventate un movimento popolare. L’auspicio è che tutte le realtà di base (No Triv, No Tap, No Tav, Greenpeace, Decrescita, Fridays for Future, Extinction Rebellion, Alleanza per il clima, Lega Ambiente, WWF…) riescano a confluire in un grande movimento che forzi il nuovo governo giallo-rosso a mettere la crisi climatica in cima all’agenda di governo. Il movimento dovrà forzare il nuovo governo a scelte precise: no soldi pubblici alle fonti fossili, no alle trivellazioni, no alle grandi opere, no agli inceneritori; sì invece al solare e alla difesa del territorio. Per arrivare a questo servirà un serio boicottaggio di quelle banche che finanziano il petrolio e il carbone.
Questo movimento diventerà un fiume se anche le comunità cristiane e l’associazionismo cattolico vi aderiranno. Papa Francesco da parecchio esorta a fare questo. Lo fa ora con un gesto clamoroso: un’“Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per l’intera regione panamazzonica”, che si terrà a Roma dal 6 al 27 ottobre. Il papa dalla Laudato Sì e ora del sinodo sull’Amazzonia sta implorando le Chiese locali ad impegnarsi nella difesa della casa comune. Non è concepibile che le comunità cristiane in Italia non prendano seriamente questo appello del Papa a scendere in piazza. Tanto più che a mobilitarsi a livello mondiale sono soprattutto i giovani e i giovanissimi dei Fridays for Future che organizzeranno una intera settimana di azioni a favore dell’ambiente, che partirà il 20 settembre per poi concludersi il 27 con una manifestazione mondiale in tutte le piazze. <
Giovani e adulti, laici e credenti uniti in un unico grande movimento potranno forzare finalmente anche il nuovo governo a dare priorità alla crisi climatica. Il tempo che abbiamo è breve. Per gli scienziati dell’Onu si tratta di 11 anni. È questione di vita o di morte.
Diamoci da fare perché vinca la vita!