Lo scorso mercoledì 4 settembre sono state chiuse l’ambasciata dell’Africa del Sud ad Abuja e il consolato a Lagos, in Nigeria, a seguito delle minacce ricevute in rappresaglia alle violenze xenofobe che nel Paese sudafricano avvengono contro gli immigrati nigeriani.
Stesso provvedimento per le agenzie del gigante telefonico sudafricano MTN, i cui negozi sono stati saccheggiati sia nella capitale che in altre città nigeriane [1]. Assalti analoghi sono stati tentati nei confronti dei supermercati della catena sudafricana Shoprite. Di contro le Autorità nigeriane hanno annunciato il boicottaggio del “Forum Economico” che si è svolto dal 4 a 6 settembre a Città del Capo, in Africa del Sud [2][3].
Agitazione contro attività sudafricane sono state segnalate anche in Congo.
In Tanzania, invece, sono stati sospesi i voli aerei in partenza da Dar es Salaam con destinazione Johannesburg, la capitale commerciale sudafricana [4].
Sono le prime risposte alla nuova escalation di violenza in Africa del Sud che sta colpendo gli immigrati economici provenienti da questi Paesi come da Lesotho, Mozambico, Zimbabwe, Etiopia, Somalia. Violenze che, stando alle accuse degli altri Paesi, il governo non fronteggia con la dovuta rigidità.
Si indicano in 10 i morti degli ultimi giorni (200, specie caminionisti, per l’ONG Human Right Wacht [5]); innumerevoli i saccheggi di negozi o gli incendi di beni mobili ad Alexandra un quartiere ghetto di Johannesburg. La polizia ha reagito con almeno 400 arresti.
Le autorità sudafricane ritengono che si tratti non solo di atti criminali ma anche di un processo xenofobo che va avanti già da più d’un anno e che, dal 2018, ha fatto centinaia di morti, feriti mentre molte altre persone si sono date alla fuga. Fenomeno che era già apparso, peraltro, nel 2015 e ancora prima nel 2008.
Africa del Sud: Possibili cause delle violenze xenofobe
Tra le cause di questi avvenimenti, si ipotizzano la forte disoccupazione e la povertà. Gli stranieri, poi, in particolare, rappresenterebbero una forte concorrenza agli “indigeni” accettando orari di lavoro più pesanti e salari inferiori [5].
In verità, l’Africa del Sud non è proprio un Paese povero; anzi, assieme alla Nigeria, è uno dei Paesi africani più ricchi. Tuttavia, per come indica l’indice Gini pubblicato dalla Banca Mondiale è anche il Paese al mondo colla maggiore disparità tra i residenti più ricchi ed i più poveri [6].
Indubbiamente esiste un problema di xenofobia, o una vera e propria “afrofobia”, come la definisce Naledi Pandor [4], il ministro degli esteri sudafricano. I neri non vorrebbero tra loro dei “più neri”. Cyril Ramaphosa, il neo presidente dell’Africa del Sud, tuttavia, assicura che «gli stranieri contribuiscono ampiamente allo sviluppo» del Paese, che «lo sviluppo dell’Africa dipende dalla circolazione di persone, beni e servizi» e che «non permetterà a dei criminali di ritardare questo processo».
Anche al fine di ridurre la concorrenza sleale tra lavoratori, dallo scorso 1 gennaio 2019 il governo dell’Africa del Sud aveva istituito il “salario minimo”.
In particolare, salvo casi particolari, nessun lavoratore potrebbe essere pagato meno 1,21 euro l’ora (ovvero 175 euro al mese). «Ne approfitteranno il 70% dei lavoratori agricoli e il 90% dei lavoratori domestici» sostiene il governo [7]. Si tratterebbe di 6 milioni di potenziali beneficiari. Il Paese, proprio come avviene in Italia dove si discute di introdurre questa misura, si divide. C’è chi dice che l’obiettivo raggiunto rappresenta «un salario da schiavi», chi che rappresenta «un’importante iniezione di denaro nelle tasche dei lavoratori», chi, infine, teme che si tradurrà in una «perdita di posti di lavoro».
Il provvedimento, tuttavia, nulla ha potuto fare contro il pesante fenomeno della disoccupazione.
«La disoccupazione è ancora aumentata […] in Africa del Sud per raggiungere il tasso del 27,6% […], sono 6,2 milioni di persone il numero dei senza impiego nel Paese» (oltre il 50% la disoccupazione giovanile) annunciava l’Istituto nazionale di Statistica a fine marzo [1]. L’Istituto, a fine luglio, ha poi confermato che la disoccupazione ha raggiunto «il più alto livello dal 2008»: il 29%. Una crescita galoppante. L’Ente spiega come, nel secondo semestre dell’anno, si siano persi 49.000 posti di lavoro, «specie nei settori delle miniere, dei trasporti, dell’edilizia e delle banche» [8].
Uno Stato corrotto e Aziende fameliche di utili destabilizzano l’Africa del Sud
Forse servirebbe un taglio agli orari di lavoro; o stipendi ancora più alti. Ma le multinazionali private, padroni delle maggiori risorse del Paese, proprio in questo momento, contribuiscono considerevolmente alle depresse condizioni del Paese e alla destabilizzazione dell’Africa del Sud.
Il gruppo minerario Anglo American Platinum (AAP), ad esempio, ha recentemente annunciato il licenziamento di 643 persone, circa la metà delle persone che lavorano sotto terra. [9]. Si tratta di una chiara ritorsione contro dei lavoratori che avevano scioperato per chiedere una migliore copertura sanitaria.
Richiesta non certamente illegittima se, poco dopo, «un tribunale sud-africano ha approvato un accordo che garantisce un’indennità finanziaria di 350 milioni di dollari» [10] che andrà divisa tra le «migliaia di minatori che avevano intentato una causa collettiva dopo essere caduti malati di Silicosi nelle miniere dei sei giganti del settore».
Anche la concorrente ArcelorMittal – azienda ora inseditasi anche a Taranto, in Italia – ha annunciato una «ristrutturazione su grande scala» [11] con la soppressione di circa 2.000 posti di lavoro, un quarto dei posti di lavoro nel Paese. La giustificazione dell’impresa? Il calo del 20% del fatturato. Un modo, piuttosto, di contestare al governo il «costo elevato», a suo dire, dell’elettricità, dei trasporti ferroviari e delle materie prime.
Non ultimo problema nel Paese, però, è quello della corruzione. Anche l’ex presidente Zuma non appare escluso: è accusato di aver concesso lucrosi contratti pubblici a una società indiana [12]. Evidentemente in cambio di miliardarie tangenti.
La situazione in Africa del Sud, in definitiva, non sembra essere diversa da quella di tanti altri Paesi, come l’Italia, da un lato meta dell’immigrazione e dall’altro di xenofobia. Condizione contrattuale debole dei lavoratori, privati che ricattano lavoratori e Stato.
Condizioni da cui è difficile fuggire in un Paese corrotto e dove Mercato e liberismo (alias Capitalismo) la fanno da Padrone. Non è questione, insomma, di colore della pelle, ma di comprendere quale sia il vero nemico e individuare un nuovo paradigma socio-economico.
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Credits foto: @Aarwam via Twitter