Tra il 1° e il 10 agosto abbiamo effettuato 3 diverse operazioni di soccorso, salvando in totale 163 persone, tra cui 2 donne in avanzato stato di gravidanza e 32 minori.
Dopo aver chiesto agli stati costieri più vicini (Italia e Malta) un porto di sbarco, così come previsto dal diritto internazionale marittimo, ci siamo diretti verso il porto più vicino, quello di Lampedusa, e abbiamo fatto del nostro meglio per prestare assistenza e cure alle persone a bordo della nostra nave, effettuando ben sei evacuazioni mediche d’urgenza.
Mentre i nostri volontari e volontarie erano costantemente impegnati nel gestire una vera e propria crisi umanitaria, insieme ai nostri legali, abbiamo intrapreso tutti i passi necessari affinché i diritti delle persone a bordo venissero rispettati rivolgendoci nella fattispecie a: Tribunale per i Minori e Procura Minorilie di Palermo, Tar del Lazio, Procura della Repubblica di Agrigento e di Roma. Abbiamo inoltre raccolto 89 volontà di richiedere asilo e le abbiamo trasmesse agli organi competenti. (MRCC, UNHCR).
Le autorità chiamate in causa hanno tutte disposto che ai naufraghi venisse prestata immediatamente l’assistenza necessaria, sospendendo di fatto il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane.
Di fronte al silenzio reiterato degli Stati europei, ci siamo anche avvalsi del supporto del team medico di Emergency,che ha inviato un suo psicologo e un mediatore e ha redatto un report medico psicologico con il quale si denunciano numerosi casi di fragilità e in generale una situazione di grave crisi psicologica a bordo.
Ora, dopo 18 giorni di stallo, Italia e Spagna sembrano finalmente aver trovato un accordo, individuando Maiorca come porto di sbarco, decisione che ci appare del tutto incomprensibile.
Con la nostra imbarcazione a 800 metri dalle coste di Lampedusa, gli Stati europei stanno chiedendo a una piccola ONG come la nostra, di affrontare 590 miglia e 3 giorni di navigazione, in condizioni metereologiche peraltro avverse, con 107 persone stremate a bordo e 19 volontari e volontarie molto provati, che da più di 24 giorni provano a garantire quei diritti che l’Europa nega.
Se davvero un accordo è stato trovato, è indispensabile che Italia e Spagna si assumano la responsabilità di garantire, mettendo a disposizione tutti i mezzi necessari, che queste persone finalmente sbarchino in un porto sicuro.
E’ urgente porre fine subito a questa situazione disumana e inaccettabile che le persone che abbiamo salvato in mare sono costrette a vivere.
L’Open Arms ha compiuto il suo dovere, quello di proteggere i diritti umani e di rispettare le Convenzioni Internazionali e continuerà a fare il suo lavoro finché non verrà trovata una vera soluzione.