Al Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli
Al Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker
Alla Presidentessa Designata della Commissione Europea Ursula von der Leyen
Ai Capi di Stato e di Governo degli Stati Membri dell’Unione Europea
Richiesta di avvio della procedura prevista dall’art. 7 del Trattato sull’Unione Europea
Signori Presidenti, Signora Presidentessa designata, Signori Capi di Stato e di Governo,
mi permetto di richiamare la vostra autorevolissima attenzione ricordando in premessa l’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea, che indica in modo chiaro ed inequivocabile non soltanto i valori, ma i comportamenti pratici cui l’azione degli Stati membri deve essere improntata.
Sono Sindaco di una città che ha conosciuto in passato forme gravi e violente di violazione di questi valori anche per provvedimenti legislativi disumani e incostituzionali; una città che ha conosciuto la sofferenza che deriva dalla violazione di questi diritti. Una città che ha scelto di stare dalla parte dei diritti umani in un tempo nel quale essi vengono mortificati da decisioni, comportamenti e leggi. Sono Sindaco di una città che proprio partendo dal rifiuto della violenza e dall’affermazione dei diritti di tutti ha costruito un percorso di rinascita e sviluppo capace di coniugare sicurezza ed accoglienza.
Parte integrante di questo percorso è stata la scelta di fare di Palermo una città accogliente, una città aperta a tutti e che coinvolge tutti cercando di costruire – con difficoltà e lacune ma con determinazione – una “Casa Comune” a tutti gli esseri umani, riconoscendo il diritto alla vita di tutti e di ciascuno, come richiamato da autorevolissimi rappresentanti di fedi religiose, da intellettuali e scienziati di ogni parte del mondo.
Oggi però la volontà di accogliere e di aprirsi è offuscata, è letteralmente bloccata dalle scelte politiche italiane, che, insieme a quelle di taluni altri paesi, stanno determinando un vero e proprio genocidio. Se nel 2014 e nel 2015 Palermo, come tutta la Sicilia, ha accolto decine di migliaia di migranti, salvati nel Mediterraneo da operazioni coordinate e compiute dagli Stati, oggi Palermo e la Sicilia non accolgono più migranti. Non perché non vorrebbero, non perché i migranti abbiano smesso di cercare un futuro in Europa: semplicemente perché i migranti ora muoiono in Libia o nel Mediterraneo senza nemmeno la possibilità di toccare l’agognata Europa. Se vi è una emergenza legata alla migrazione, è proprio quella legata a questo genocidio.
Ma i fatti politici ed istituzionali, avvenuti in Italia negli ultimi mesi, dimostrano come il tema dei migranti sia diventato, come prima era stato in altri paesi europei, soltanto la scusa per costruire un attacco politico ed istituzionale allo Stato di Diritto, alle libertà fondamentali di tutti, alle libertà civili e politiche, alla libertà di espressione e di associazione.
Oggi i migranti sono ciò che gli ebrei furono negli anni ‘30 del secolo scorso; i primi ad essere attaccati e perseguitati, cui seguirono le altre minoranze e poi le comunità nel loro complesso, con la negazione e la compressione dei diritti di tutti e di tutte. Ed oggi i migranti, come gli ebrei negli anni ‘30 e ‘40 del secolo scorso, muoiono a migliaia, con la differenza che oggi nessuno può dire non sapere.
Dietro allo spauracchio dell’invasione dei migranti, oggi in Italia, come nei mesi e negli anni scorsi in altri paesi dell’Unione, si è costruita una narrazione che ha portato a realizzare politiche pubbliche, ed ora anche scelte istituzionali, che sempre più mettono a rischio il rispetto dei valori fondanti dell’Unione, a partire da quelli stabiliti nell’articolo 2 già richiamato.
Io, da Sindaco di una città ai confini meridionali dell’Unione sono diretto testimone del fatto che non vi è alcuna emergenza legata alle migrazioni di massa, ma che le emergenze, da quella ambientale a quelle sociali, sono ben altre.
Già da anni abbiamo assistito ad una crescente azione politica e mediatica di stampo xenofobo, che seppur non condivisibile, rientrava sempre e comunque nella libertà di espressione personale e politica. Lì dove negli ultimi mesi è avvenuto un salto di qualità, che oggi ci spinge ad evocare il ricorso all’articolo 7 del TUE, è nell’adozione di provvedimenti normativi ed amministrativi che a nostro avviso stridono in modo gravissimo con il Trattato e mettono a rischio la tenuta democratica ed istituzionale del Paese, con conseguenze difficilmente immaginabili anche per la stessa Unione nel suo complesso.
Di fatto, si assiste a un processo di “fascistizzazione” da parte di taluni organi dello Stato, che tendono ad accentrare i poteri, negandone la divisione che è elemento fondamentale per un sano equilibrio e per la tenuta democratica. Lì dove l’accentramento non è possibile, come nel caso del Potere Giudiziario, si susseguono attacchi e tentativi di delegittimazione.
In particolare, per quanto attiene al piano legislativo, faccio riferimento ai cosiddetti “Decreti sicurezza” approvati prima in via d’urgenza dal Governo e poi dal Parlamento e, per quanto attiene invece al piano amministrativo, all’emissione di “Direttive” che tendono a fare delle forze di Polizia uno strumento, quasi personale e ad uso del Governo o di una sua parte, di repressione del dissenso, della libertà di espressione e della libertà d’informazione.
Tutto ciò viene aggravato dalla continua invasione di campo e dallo stravolgimento di competenze da parte dell’attuale Ministro dell’interno: dalla chiusura di porti alle disposizioni a corpi anche militari dello Stato di competenza di altro Ministero ed anche al disconoscimento e alla violazione del diritto alla vita e al salvataggio di naufraghi recuperati in mare.
In particolare, le disposizioni a corpi militari dello Stato da parte del Ministro dell’interno costituiscono un pericoloso tentativo di manipolare la azione delle Forze Armate e delle Forze di Polizia che hanno costituito e costituiscono ancora oggi un presidio fondamentale di rispetto della legalità costituzionale e della democrazia della nostra Repubblica.
Alle urla, agli insulti ed anche alle aperte minacce che vengono da alcuni e che non sono fino ad ora riusciti a fermare l’indignazione di tanti, rispondo e ricordo che in momenti come questo è forte il diritto/dovere di prendere posizione evitando atteggiamenti paludosi o timidi che hanno caratterizzato e rischiano di caratterizzare la perdita della democrazia e la mortificazione di inviolabili diritti umani di tutti e di ciascuno.
Con gratitudine per la attenzione invio i più cordiali saluti
Leoluca Orlando