In Brasile i progressisti lanciano un’alleanza per proteggere la foresta.
“Il fumo, visibile per migliaia di chilometri, di decine e decine di incendi dolosi nella foresta amazzonica”. Luca Parmitano, astronauta italiano a bordo della stazione spaziale Iss, lo scrive su Twitter allegando quattro foto esplicative del dramma che sta consumando l’Amazzonia, il polmone verde del Pianeta. Parmitano aggiunge gli hashtag #noplanetB e #MissionBeyond.
BRASILE, PROGRESSISTI LANCIANO ALLEANZA PER L’AMAZZONIA
Una coalizione di politici brasiliani e non ha lanciato domenica il manifesto per il Nuovo impulso progressista, un piano politico volto a proteggere la Foresta amazzonica, devastata da migliaia di incendi che, secondo gli scienziati, ne stanno compromettendo la sopravvivenza. Nel testo, riportato dalla stampa regionale, si punta il dito contro il presidente Jair Bolsonaro, a causa del quale la tutela dell’ambiente avrebbe subito una “brutale battuta d’arresto”.
“La devastazione dell’Amazzonia da parte di incendi vasti e criminali, costituisce un’aggressione a un patrimonio inestimabile”, che minaccia la sua “sovranità nazionale, oltre a compromettere il futuro delle giovani generazioni di brasiliani e non”. Tra i firmatari ci sono Fernando Haddad, ex sindaco di San Paolo, candidato alle presidenziali per il Partito dei lavoratori sconfitto proprio da Bolsonaro, nonché Rafael Correa, ex presidente dell’Ecuador.
In questi ultimi giorni l’attenzione per l’ondata di roghi in Amazzonia è aumentata: “Non è solo una foresta in fiamme. Si tratta ormai di un cimitero, perché tutto quello che vedete è morto” ha dichiarato Rosana Villar, responsabile di Greenpeace, ai cronisti dell’emittente ‘Cnn’. Villar si è offerta di accompagnare i due reporter in un giro di perlustrazione in elicottero sulla porzione di foresta Amazzonica nello stato brasiliano di Amazzonia, attualmente il più colpito. Stando all’emittente statunitense, l’ultimo bilancio diffuso nella serata di ieri dall’Istituto di ricerche brasiliano (Inpe) è di 80.626 i roghi scoppiati da gennaio, un incremento di quasi l’85 per cento rispetto allo scorso anno. Al momento, se ne contano attivi 26.900. Per far fronte all’emergenza, e in seguito a forti pressioni internazionali, il governo Bolsonaro ha disposto l’intervento di 44mila militari e stanziato l’equivalente di 8 milioni di euro.
Venerdì infatti la Francia e l’Irlanda hanno minacciato la sospensione dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e il Brasile. Anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, entusiasta sostenitore di Bolsonaro, è intervenuto promettendo aiuti all’alleato regionale. Un sostegno espresso anche dai leader del G7 riuniti a Biarritz: Emmanuel Macron, oltre agli aiuti finanziari, ha parlato anche di quelli “tecnici”. Una proposta che è stata accolta con favore dal presidente della Bolivia – altro stato colpito dai roghi – Evo Morales, che ha anche proposto un incontro sul tema alle Nazioni Unite.
LE MANIFESTAZIONI
Sull’onda dei numerosi appelli alla tutela del polmone verde del mondo da parte di scienziati, ambientalisti, difensori dei diritti umani e cittadini di tutto il mondo, ieri migliaia di persone in varie città del Brasile – tra cui Rio de Janeiro – sono scese in strada per manifestare pacificamente. Con loro anche personalità del mondo dello spettacolo e della cultura. L’accusa: che dall’insediamento del presidente Bolsonaro, vicino al mondo dell’agribusiness, gli incendi e le attività del disboscamento illegale siano aumentate. Oltre a queste iniziative la stampa riporta di marce di protesta anche a sostegno del presidente brasiliano. A Brasilia, un gruppo di manifestanti ha lasciato il corteo principale per raggiungere l’ambasciata di Francia, dove le persone hanno contestato le dichiarazioni del presidente Emmanuel Macron, che ha duramente contestato il suo omologo per non aver preso azioni significative per far fede agli impegni assunti sul clima. La foresta amazzonica, vasta 5 milioni e mezzo di chilometri quadrati, si estende in altri otto paesi oltre al Brasile. Tuttavia è quest’ultimo Stato a ospitare oltre la metà della foresta pluviale che contribuisce alla produzione del 20 per cento dell’ossigeno globale.