Nel luglio di quest’anno Nuova Democrazia è salita al potere in Grecia con la promessa di reprimere l’immigrazione e le reti di solidarietà che aiutano i rifugiati. Nelle ultime settimane hanno iniziato a mettere in atto questo processo con la promessa di “ripulire Exarcheia”, sgombrando gli edifici occupati che per molti rifugiati sono diventati un alloggio temporaneo. Questo è solo uno di una serie di cambiamenti normativi che riguardano questo particolare quartiere di Atene dall’insediamento del nuovo governo. La prima fase è stata quella di raccomandare la cancellazione della legge sui santuari accademici, che protegge gli studenti che protestano, grazie alla quale la maggior parte dei campus universitari è off limits per la polizia. Questa fase successiva comporterà il tentativo sistematico di sgomberare i 23 edifici anarchici occupati nel quartiere ateniese di Exarcheia, rendendo potenzialmente migliaia di rifugiati dei senzatetto.
Gli edifici occupati di Atene differiscono nei loro rapporti con le autorità e nella loro storia di tentativi di sgombero e di violenti attacchi da parte di gruppi di estrema destra: alcuni vengono sottoposti a regolari minacce e altri vengono lasciati in pace. Ci sono differenze anche rispetto alle condizioni abitative; molti si affidano alle capacità dei residenti di riparare gli impianti idraulici e di ristrutturare questi edifici abbandonati. Tuttavia, ciò che molti di loro hanno in comune è il senso di comunità e solidarietà in un ambiente in cui queste purtroppo mancano. Ciò ha portato a una situazione in cui queste occupazioni sono arrivate al limite della loro capacità; alcuni hanno persino delle liste d’attesa per poter offrire un alloggio ai rifugiati.
Un sistema basato sulla solidarietà piuttosto che sulla carità e soprattutto un sistema capace di limitare le capienza spesso rende questi spazi autogestiti una prospettiva molto più attraente dei campi ufficiali. Sia ad Atene che negli hotspot delle isole di Lesbo, Chios, Samos, Kos e Leros questi sono pieni e superano di gran lunga il numero di persone che dovrebbero ospitare. Di conseguenza, molti profughi finiscono in tende o rifugi di fortuna e devono fare file di ore per accedere al cibo e alle docce.
Al contrario, alcuni degli alloggi di Atene sono in grado di fornire spazi per cucinare cibo fresco e nutriente, dove i rifugiati, i volontari e gli attivisti possono lavorare insieme per preparare pasti sani. Sono in grado di costruire una comunità, a volte affidandosi ai propri spazi per organizzare attività legate all’arte e al cinema, biblioteche e corsi, a volte lavorando con altri gruppi per offrire queste opportunità. Questi atti di solidarietà e questi spazi comunitari accolgono persone a cui spesso è stata chiusa la porta in faccia, persone traumatizzate dai viaggi intrapresi; sono uno spazio importante e prezioso gestito interamente attraverso donazioni e volontariato e senza la necessità di fondi governativi o europei. Ma sono importanti anche sul piano pratico: forniscono un tetto a migliaia di persone che, a seguito degli sgomberi proposti dal governo, potrebbero facilmente ritrovarsi per strada.
Basta guardare l’esempio di Roma per capire i rischi reali di ciò che accade dopo lo sgombero degli spazi occupati. Nel 2017 gli sgomberi realizzati a Roma hanno portato i rifugiati a vivere in tende nel centro della città; ci sono state proteste e la polizia ha usato gli idranti per disperdere gente che non aveva un posto dove andare. Queste persone si sono trovate senza casa con pochissimo sostegno e a Roma gli effetti di questi sgomberi si fanno sentire ancora oggi.
Le occupazioni sia ad Atene che a Roma non sono un sistema perfetto. Le condizioni non sono sempre all’altezza delle aspettative. Tuttavia, offrono alle persone uno spazio per vivere al riparo, in situazioni spesso migliori di quelle dei campi ufficiali e dei centri di accoglienza, dove la gente viene morsa dai topi e mancano cibo, acqua e riparo. Questi spazi si basano anche su un modello di solidarietà che tratta le persone con dignità e rispetto, le accoglie e le tratta non come numeri, ma come esseri umani. Lo sgombero degli spazi occupati è uno delle tante politiche preoccupanti suggerite dal nuovo governo greco che avranno un impatto sulla vita dei rifugiati. Mentre le proteste contro queste decisioni continueranno sul posto, è importante anche che la comunità internazionale in senso lato non volti le spalle ai rifugiati; molti di loro fuggono dalle persecuzioni e dalla guerra e ora rischiano di finire nelle strade d’Europa.