La notizia è passata quasi inosservata. Eppure per la Turchia, soprattutto per i giornalisti turchi, è davvero una novità importante. La Corte Suprema della Turchia ha assolto Mehmet Altan, sostenendo che non ci siano prove sufficienti a suo carico, s ha decretato che bisogna rifare il processo a suo fratello Ahmet e Nazlı Ilıcak, condannati all’ergastolo per “sostegno ai golpisti”. Per loro cade l’accusa di “violazione della Costituzione”.
Nonostante la decisione, entrambi restano in carcere nell’attesa che venga avviato il nuovo procedimento giudiziario per “presunto sostegno all’organizzazione di Gulen” dinanzi al Primo Tribunale penale di Istanbul.
Altan e Ilicak sono in isolamento, hanno a disposizione solo un’ora di aria al giorno. Per loro restrizioni più severe rispetto agli altri detenuti anche per le chiamate e le visite dei familiari.
Un vero e proprio inferno, quello in cui sono precipitati tre anni fa i fratelli Ahmet e Mehmet Altan, scrittore e giornalista, il primo, economista e editorialista il secondo, e la veterana del giornalismo turco Nazlı Ilıcak, 75 anni.
Il 16 febbraio dello scorso anno la Corte del 26 ° Tribunale penale di Istanbul, al termine della quinta udienza del processo che li vedeva accusati di aver tentato di “rovesciare l’ordine costituzionale attraverso l’uso della forza e della violenza”, ha accolto la richiesta del Procuratore di carcere a vita per gli Altan e la Ilicak e altri tre imputati, il giornalista Şükrü Tuğrul Özşemgül, Fevzi Yazıcı, esperto designer, e Yakup Şimşek, art director, tutti collaboratori del quotidiano Zaman.
Verdetto confermato in appello il 3 ottobre del 2018.
Tutti loro nessun’altra ‘colpa’ hanno se non quella di aver fatto il proprio mestiere.
Ahmet e Mehmet Altan erano stati entrambi arrestati il 10 settembre 2016, mentre la Ilicak e gli altri tre erano finiti in carcere nella prima retata del regime subito dopo lo sventato golpe.
Una gravissima sentenza per uno dei tanti procedimenti giudiziari contro i giornalisti accusati di essere collegati al tentativo di colpo di stato del 15 luglio 2016. Come gli Altan e la Ilicak altri colleghi rischiano di essere condannati al carcere a vita.
Utilizzando le parole di Ahmet Altan, scrittore di fama internazionale, l’unico romanziere in carcere in Europa, ci troviamo a cospetto di “un misero surrogato di atto d`accusa, privo non solo di intelligenza ma anche di rispetto per la legge e troppo debole per sostenere il peso immenso della condanna di ergastolo richiesta dal pubblico ministero”.
Imputazioni talmente paradossali che non meriterebbero neanche una difesa seria. Giornalisti e intellettuali turchi sono accusati di aver inviato “messaggi subliminali” nei giorni precedenti al golpe per favorirne la riuscita.
A parte qualche articolo e un’apparizione in tv, come nel caso del processo Cumhuriyet che ha visto condannare 13 dei 18 imputati, tra cui il noto giornalista investigativo Ahmet Sik, non c’è nulla che sostenga l’accusa di golpismo e di legami con gli uomini accusati di essere ideatori del colpo di stato fallito.
Una sentenza che aveva decretato la morte dello stato di diritto in Turchia. Oggi forse qualcosa sta cambiando.
Pur senza voler avanzare nessun diretto collegamento, colpisce che questa sentenza arrivi a poche settimane dalla vittoria di Ekrem Imamoglu come sindaco di Istanbul.
Speriamo che sia solo l’inizio di una nuova era.