“La situazione in Siberia è catastrofica”. Con queste parole Grigorij Kuksin, responsabile della sezione antincendi di Greenpeace Russia, commenta gli incendi che, da circa dieci giorni, stanno mettendo in ginocchio un’area molto estesa del paese. Si parla di circa tre milioni di ettari di foreste in fiamme, soprattutto nelle regioni di Krasnojarsk e Irkutsk. Fiamme divoratrici che stanno colpendo il polmone verde della federazione e la cui nube si sta espandendo a vista d’occhio. Ciononostante, gli interventi, fino ad oggi, sono stati effettuati solo su novantamila ettari di terreno.
La decisione riguardo alle zone in cui intervenire, in questi casi, spetta alle autorità. Stando a diverse fonti russe, il governatore della regione di Krasnojarsk Aleksandr Uss avrebbe dichiarato che spegnere gli incendi, nella cosiddetta “zona di controllo”, non avrebbe senso e potrebbe essere addirittura dannoso.
Ma cosa sono le “zone di controllo”? La definizione è stata introdotta da una legge disegnata nel 2014 e approvata nel 2015 dal Ministero per l’ambiente. Secondo quest’ultimo, all’interno delle “zone di controllo” non sarebbe obbligatorio spegnere gli incendi. Nei casi in cui la presenza delle fiamme non rappresenti un pericolo per la popolazione e per l’economia e, in aggiunta, se l’estinzione dell’incendio venisse a costare di più dei potenziali danni, gli incendi nelle zone di controllo possono dunque divampare liberamente. Inizialmente, le zone di controllo erano state definite come aree remote, difficili da raggiungere per mezzi e persone. In realtà, secondo i calcoli del responsabile di Greenpeace, un’elevata percentuale di foreste presenti sul territorio della federazione è classificata come zona di controllo e proprio qui sono avvenuti il 90% degli incendi nella stagione passata. Incendi che nessuno spegne.
“A nessuno verrebbe mai in mente di affondare un iceberg, così da poter avere un clima più caldo. La stessa cosa vale per gli incendi nelle zone di controllo, è un normale fenomeno naturale” ha commentato il governatore di Krasnojarsk Aleksandr Uss. Totalmente in disaccordo Grigorij Kuksin, il quale ha risposto: “Non c’è niente di usuale in questi incendi. Se fossimo nella regione di Mosca, a nessuno verrebbe mai in mente di dire ‘Ma sì, è un processo naturale’”.
Non lontano dalle zone degli incendi ci sono villaggi, vivono persone, la nube rischia di intossicare migliaia di cittadini e animali. Tuttavia, l’indifferenza sembra regnare sovrana, con le autorità ad assicurare che tutto è sotto controllo. Spegnere gli incendi è oneroso e sembra che il calcolo costi-benefici non decida a favore dell’intervento. In altre parole, non ne vale la pena.
È proprio questo a far indignare i cittadini siberiani. Ancora una volta, nelle periferie del paese domina la sensazione di essere cittadini di seconda classe. È lo stesso processo in atto nella regione di Archangel’sk, dove i cittadini locali protestano da mesi contro la costruzione di una discarica che “accoglierebbe” i rifiuti provenienti dalla regione della capitale.
“Il nostro governo si comporta come un contabile”, “Ci dicono senza mezzi termini di morire”, sono solo alcune delle citazioni di cittadini siberiani riprese negli ultimi giorni dai media. Intanto sono partite le petizioni, mentre gli hashtag #SaveSiberianForests e #потушитепожарывсибири (“Spegnete gli incendi in Siberia”) sono tra i più utilizzati su Twitter. Come sempre, l’ironia sui social media non manca e c’è anche chi, tra il serio e il faceto, ipotizza una nuova fiction drammatica, dopo il successo raggiunto dalla serie tv dedicata agli eventi di Chernobyl.
Nel frattempo, lo stato di emergenza è stato dichiarato nelle regioni di Krasnojarsk, Irkutsk e, parzialmente, in Buriazia. Tuttavia, non è chiaro cosa questo comporterà e se si uscirà dalla logica che regola gli interventi nelle cosiddette “zone di controllo”. Rimarranno, per molto tempo, i danni causati dagli spaventosi incendi – definiti “senza precedenti” – e dall’immobilismo di questi dieci lunghi giorni.
In Siberia, come in altre zone del mondo, più o meno estese, più o meno periferiche, il calcolo costi-benefici detta legge, decidendo le sorti dell’ambiente e dei cittadini che ci vivono.