I DATI SULLA POVERTA’ IN GRAN BRETAGNA
E’ della fine di Marzo 2019, l’anticipazione del rapporto sulla povertà in Gran Bretagna, quinta potenza mondiale e patria del capitalismo finanziario. Il rapporto è stato prodotto dall’Human Rights Council dell’ONU. Il relatore è il Professor Philip Alston, che ha prodotto un dettagliato documento secondo il quale 14 milioni di persone, pari al 21% della popolazione inglese vivono in condizioni di povertà. Di queste, 4 milioni si trovano sotto il 50% della soglia di povertà, ovvero che tra i vari disagi, hanno anche il problema di riuscire a mangiare regolarmente.
Sempre in base a questo rapporto, quasi un terzo dei bambini inglesi sono in condizioni di povertà e si prevede che nel giro dei prossimi due anni, se le politiche sociali non cambieranno, nel Regno Unito i bambini poveri raggiungeranno il 41%.
Secondo il rapporto, vengono segnalati vari casi in cui le istituzioni scolastiche inglesi segnalano un aumento vertiginoso di bambini che arrivano a scuola affamati, nel rapporto si legge che gli insegnanti in modo volontario organizzano raccolte di cibo da inviare alle famiglie di questi bambini, di modo da non farli arrivare a scuola a stomaco vuoto.
I dati sui senzatetto nel Regno Unito, non sono migliori. Le cifre secondo il Guardian parlano di almeno 320.000 homeless, rappresentati sia da singoli individui che da intere famiglie rimaste senza casa e che vivono in situazioni di fortuna. Un cifra enorme, solo per fare un paragone, in Italia anche se il dato è alto, i senzatetto sono 51.000, di cui 14.000 nella sola Roma, mentre nella sola City di Londra gli homeless che si aggirano risultano essere 170.000.
Mi ricordo quando non molti anni fa dati simili sulle condizioni di povertà si potevano trovare in paesi poveri del Sudamerica, oppure in paesi del Maghreb che faticosamente cercavano di uscire dallo stato di paesi del terzo mondo, per avviarsi sulla via dei paesi in via di sviluppo.
COME SI E’ ARRIVATI A QUESTO?
Per capire meglio ho trovato la risposta a tale domanda proprio in quanto scritto dal Professor Philip Alston, il relatore del rapporto dell’Human Right Council dell’ONU sullo stato di povertà, che qui trovate allegato in una versione sintetizzata: Sintesi del rapporto definitivo.
Ebbene, “è il risultato di politiche di austerity adottate a partire dal 2010”. Sempre nel rapporto il Professor Alston, prevede che “con la Brexit le cose andranno ancora peggio”.
Per voce dello stesso Professor Alston in una recente intervista apparsa su Altra economia si legge: “La povertà infantile dovrebbe aumentare del 7% nel 2022 rispetto al 2015, i senzatetto sono già cresciuti del 60% dal 2010 e le ‘banche del cibo si stanno rapidamente moltiplicando. Tutto ciò accade nel quinto paese più ricco al mondo. Non è solo un disonore: è una calamità sociale e un disastro economico”.
IL PROFESSOR PHILIP ALSTON
E chi è questo Professor Philip Alston, forse un allarmista? Purtroppo no, dal 2014 è il relatore speciale delle Nazioni Unite per la povertà estrema e i diritti umani. Insegnante presso la Scuola di Legge dell’Università di New York. Un esperto indipendente che tra i suoi compiti ha anche quello di condurre missioni di ricerca direttamente sul campo. Cosa che il professore ha fatto con estrema diligenza, recandosi per oltre due settimane nel Regno Unito, nei quartieri più popolari per capire, per vedere coi suoi occhi oltre ai dati raccolti, cosa stesse avvenendo nella vita della gente. E così ha visitato Belfast, Bristol, Cardiff, Edimburgo, Essex, Glasgow, Jaywick, Londra e Newcastle. Sempre in quelle settimane ha incontrato il governo, centrale e quelli locali, ma anche singoli cittadini, organizzazioni della società civile che si occupano di povertà e di diritti umani, accademici e volontari.
Il suo obiettivo era quello di “investigare nella pratica gli sforzi del governo per sradicare la povertà”. Così ha dichiarato Alston nella prefazione del suo report, una sintesi di quel viaggio e di tutti i dati raccolti del suo lavoro sul tema povertà. Il report è stato presentato poi a Ginevra nel giugno 2019. Sintesi del rapporto definitivo. Il rapporto ha preso la forma di “statement alert” (dichiarazione di allerta) e diramato come tale dal Professor Alston al rientro dalla sua missione presso il governo centrale del Regno Unito.
UN CHIARO RITRATTO DEL DEGRADO SOCIALE NEL REGNO UNITO
Questo rapporto è un dettagliato ritratto del degradato stato sociale in cui versa oggi il Regno Unito e indica come responsabili principali la politica di austerity e le politiche di privatizzazione adottata dai governi a partire dal 2010. Queste hanno prodotto profondo malessere sociale, che si traduce anche in un aumento esponenziale dei casi di suicidio.
“Una situazione sotto gli occhi di chiunque voglia aprirli, in un paese che ha istituito persino il Ministero per la prevenzione dei suicidi”. Così ha sempre dichiarato il Professor Alston in una recente intervista.
Alla domanda su perché abbia deciso di concentrarsi sulle condizioni sociali e di povertà del Regno Unito, Alston rincara la dose: “Ho deciso di andare nel Regno Unito perché con tutta probabilità questo paese ha cambiato il suo sistema di welfare in una maniera più drastica di quasi tutti gli altri Stati, peraltro in un periodo di tempo molto breve. Lo definirei un esperimento che ha comportato il ricorso all’austerità non tanto per risparmiare risorse del bilancio pubblico, quanto soprattutto per allontanarsi da molti principi dello Stato sociale. Non è casuale, è una precisa scelta politica.”
UN’ACCUSA PRECISA
E’ una precisa accusa che nel proseguo Alston chiarisce ancora meglio: “L’austerità avrebbe potuto facilmente risparmiare i poveri, se ci fosse stata la volontà politica di farlo. Nell’ultimo bilancio dello Stato erano a disposizione del Tesoro risorse che avrebbero potuto trasformare la situazione di milioni di persone che vivono in povertà, ma la scelta politica è stata precisa e voluta, ovvero quella di finanziare gli sgravi fiscali per i ricchi. Ritengo quindi che il Regno Unito sia un esempio molto importante e che sia necessario e importantissimo comprenderlo, in quanto vi sono crescenti pressioni su molti altri Stati affinché seguano questo “precedente”. Che è fatto di enormi tagli ai finanziamenti, un cambiamento profondo nel modo in cui vengono “amministrati, ulteriori tagli ai servizi sociali, un pesante ricorso alla tecnologia e all’automazione dei processi, che comporterà ulteriori perdite di posti di lavoro.”
Ciò che sorprende e dovrebbe far molto riflettere, è che dichiarazioni con questi contenuti, fino poco fa sarebbero state presenti nei discorsi di un appassionato sindacalista di base, oppure di un rappresentante politico di un partito popolare di sinistra, o comunque di un esponente politico che difende e rappresenta le classi meno abbienti. Oggi a comunicarle invece è un rappresentante ufficiale dell’ONU, un Professore di Legge di formazione anglosassone. Si tratta di affermazioni sostenute da dati e frutto di precise missioni, che avevano lo scopo di verificare proprio la condizione sociale ed economica nei due paesi che maggiormente hanno applicato le leggi e i dettami estremi del libero mercato: Regno Unito e Stati Uniti d’America.
PROSPETTIVE MOLTO PREOCCUPANTI
I dati dei report del Professore, sulla povertà del Regno Unito denunciano qualcosa che vista in prospettiva a medio termine è impressionante: la crescita dei senza tetto è del 60% in soli 7 anni, la lista d’attesa per gli alloggi sociali è cresciuta del 134%.
Il governo lo scorso anno ha risposto con la ridicola cifra di meno di 6.000 case popolari costruite, a fronte di 1,2 milioni di persone in attesa dell’alloggio. Il ricorso alle banche del cibo è cresciuto del 400% a partire del 2012; oggi ce ne sono circa 2.000, contro le 29 presenti nel 2008-2009 ( dati: Centre for Welfare Reform.)
“Il governo, – denuncia Alstom – non misura la povertà alimentare, il ministro ha sminuito la rilevanza del ricorso alle banche del cibo definendolo “occasionale” e aggiungendo che queste esistono anche in molti altri paesi occidentali.”
In effetti già solo questa risposta ci dà il polso della situazione. “Di fronte a questo disastro e a 14 milioni di poveri, il governo è rimasto fermo su una posizione di negazione e di rimozione” ha aggiunto Alston.
GLI EFFETTI DELLE POLITICHE DI AUSTERITA’
Il relatore prosegue spiegando quali sono stati gli effetti pratici dell’austerity rilevati nel corso della sua missione in Gran Bretagna: “Ho visto l’affermarsi d’una forma di sostegno sociale chiamato “Universal Credit”. Questo sistema è stato progettato prevedendo un ritardo di cinque settimane tra il momento in cui le persone presentano con successo una richiesta di sussidio e il momento in cui lo ricevono- Questo “periodo di attesa”, in realtà spesso arriva fino a 12 settimane, spingendo quei tanti che già sono in crisi dentro una spirale di altri debiti, affitti arretrati e nuove difficoltà, costringendoli pure a stringere su cibo o riscaldamento. Nei casi più estremi ho visto famiglie con numerosi figli soffrire per via della cosiddetta “politica dei due figli”, per la quale si possono ottenere benefici solo per due bambini, tutto quel che è in più è un tuo problema.
Inoltre per i disoccupati che vogliono accedere ai sussidi, c’è l’obbligo di frequentare regolarmente un centro per l’impiego e aggiornare quotidianamente via internet il job coach e dimostrare che stanno investendo almeno 35 ore ogni settimana nella ricerca di un lavoro e produrne anche le prove. All’interno di questo contesto sono previste sanzioni molto severe associate a qualsiasi violazione delle regole, anche quelle minori. Ad esempio, l’arrivo in ritardo a una riunione potrebbe portare alla sospensione di tutti i benefici per un determinato periodo di tempo. E tre sanzioni possono realmente portare alla sospensione per un periodo di tre anni dei sussidi, il che è drammatico, perché di fatto vuol dire diventare un emarginato ed entrare dentro la soglia della povertà assoluta.”
Il Professor Alston specifica che le politiche di austerità più drastiche sono state applicate dall’Inghilterra, mentre i governi di Galles, Scozia e Irlanda del Nord si sono comportati in maniera un poco diversa: “In Inghilterra questo taglio è prossimo al 50% dell’intero bilancio sul quale potevano contare le autorità locali da parte del governo centrale. Il risultato è che le amministrazioni locali sono state sventrate e non sono più in grado di fornire molti dei servizi che garantivano, trovandosi così costrette a far tutto il possibile per raccogliere fondi ed evitare di andare in bancarotta. Le biblioteche chiudono, così come i centri ricreativi e i parchi.
STATO DI POVERTA’ ANCHE PER CHI LAVORA
La situazione di disagio però come raccontato dal Professor Alston non riguarda solo le persone disoccupate o che hanno occupazioni saltuarie: “Il problema che il governo non vuole riconoscere è che oggi nel Regno Unito si può anche lavorare a tempo pieno, ma questo spesso non permette di uscire dalla povertà. Il lavoro è estremamente importante e tutte le persone che ho incontrato in condizioni di povertà o già lavorano oppure vogliono lavorare, ma non c’è più automatismo. Insomma, lavorare anche a tempo pieno non è più una garanzia per 2,8 milioni di persone che vivono comunque in condizione di povertà. Una persona che ho incontrato nel mio viaggio svolgeva cinque lavori per raggiungere il salario minimo nazionale, che non si può certo chiamare un salario di vita”.
AUSTERITA’ E PRIVATIZZAZIONI SPESSO SIGNIFICANO ELIMINAZIONE DELLA TUTELA DEI DIRITTI UMANI
La missione di Alston è successiva a quella che era stata condotta in precedenza negli Stati Uniti e che ha prodotto un altro rapporto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, missione che si era concentrata particolarmente sul fenomeno delle privatizzazioni.
Queste due missioni hanno prodotto un dato inequivocabile e un messaggio preciso che il Professor Alston sta tentando di comunicare ai vari governi e alle organizzazioni per i diritti umani:
“Alla luce delle mie missioni, sto cercando di spiegare ai governi, alla comunità internazionale, alle varie organizzazioni dei diritti umani, e in definitiva a tutte le persone sensibili a questi temi, che non ci si può preoccupare soltanto delle torture, delle sparizioni o di altre forme di violenza, ma che è necessario osservare tutto il campo dei diritti umani, compresi politiche e attori che non si esauriscono nella polizia o nei militari. Voglio dire che il processo di privatizzazione ha comportato spesso l’eliminazione sistematica della tutela dei diritti umani e l’ulteriore emarginazione degli interessi dei lavoratori a basso reddito e di coloro che vivono in condizioni di povertà. Ritengo che si debbano proteggere i diritti umani, piuttosto che mettere le persone alla mercé del libero mercato, – spiega Alston – anche in relazione a servizi essenziali come la salute o la protezione sociale o la giustizia. Sempre più spesso nelle società occidentali i governi affidano queste responsabilità al settore privato e di fatto perdono la capacità di garantire che gli standard minimi vengano rispettati. Per me tutto questo solleva importanti questioni di diritti umani.” conclude infine il Professor Philip Alston
NON PIU’ POLITICHE ECONOMICHE, MA VIOLAZIONE DELIBERATA DEI DIRITTI DELL’UOMO
I contenuti di questi rapporti seguiti ad altrettante missioni ufficiali dell’Human Rights Council dell’ONU, così come il messaggio e le conclusioni del relatore non lasciano molto spazio ad interpretazioni. Indicano chiaramente e in modo deciso che le politiche di austerità e di privatizzazione chieste dal libero mercato e condotte in modo selvaggio in questi ultimi 10 anni dai governi, non solo hanno portato e portano a maggiore povertà, a profondo disagio sociale, ma hanno anche danneggiato i diritti fondamentali dell’uomo, al pari di violenze fisiche, torture e privazioni delle libertà individuali; ciò perchè producono sofferenze, oltre che degrado, e crescita della condizione di violenza in generale. Austerità e privatizzazioni sono nemiche dei diritti umani, sono contrarie ad ogni logica di sviluppo sociale e debbono essere urgentemente abbandonate e rifiutate dai governi e dagli stati.
Privatizzare servizi e beni essenziali come la sanità e di conseguenza l’accesso e il diritto alle cure, oppure l’istruzione ad esempio che nel concetto privato portato all’estremo diventa di fatto diritto all’istruzione inaccessibile a molti per via dei costi, oppure ancora privatizzare beni universali ed essenziali come l’acqua, patrimonio comune e fondamentale per la vita stessa, ma pure il concetto dell’uso privato della difesa o degli eserciti, usati magari contro la popolazione o una parte di questa, rappresentano certamente tutte violazioni dei diritti umani fondamentali.
A maggior ragione, ora c’è un’evidenza ufficiale, con tanto di dati e analisi contenuti in report a carattere intergovernativo, insistere su tali politiche al punto in cui siamo, non significa fare economia, o amministrare un paese. Siamo di fronte invece a una complicità nella violazione sistematica e deliberata dei diritti umani.