Dovevano presentare le loro preoccupazioni, la mattina del 3 luglio, alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera dei deputati. Un atto essenziale della democrazia, ascoltare le voci dissidenti. Quanto meno convocarle.
La sera del 2 luglio, invece, annunciata prima in una nota alla stampa e poi ai presidenti delle due Commissioni, la Lega ha chiesto e ottenuto che dall’elenco degli invitati all’audizione venisse tolta l’Ong Sea Watch.
In solidarietà il Tavolo Asilo, Open Arms, Antigone, Medici senza frontiere e Mediterranea hanno comunicato che non avrebbero partecipato.
Il gruppo degli “Inauditi” ha così convocato nel pomeriggio una conferenza stampa – cui ha preso parte naturalmente anche Sea Watch con la sua portavoce Giorgia Linardi – seguita da oltre 100 giornalisti e diversi parlamentari.
Le Ong hanno spiegato le ragioni della loro contrarietà al decreto sicurezza bis: sul piano della forma (che è pure essa contenuto!), contestando il criterio dell’urgenza dello strumento, a fronte di una minaccia o di un’emergenza del tutto inesistenti e sul piano dei contenuti dei singoli articoli.
Il decreto sicurezza bis è in larga parte un tentativo di ridurre a zero le attività delle Ong che fanno ricerca e soccorso in mare, attraverso multe a comandanti ed armatori fino al sequestro delle navi. Pazienza che solo il 2 luglio la giudice per le indagini preliminari di Agrigento abbia scritto che quella normativa non è minimamente applicabile a situazioni come quella della Sea Watch 3.
Altre norme presentano preoccupazioni dal punto di vista dei diritti umani, non ultima quella che istituisce una sorta di “mercato dei rimpatri” attraverso fondi governativi con cui premiare gli stati che accettano i rimpatriandi in condizioni d’irregolarità. Poco importa se quei fondi andranno ad alimentare dittature, miseria e corruzione, tra le principali cause dell’immigrazione.