Occupazione, politiche per le famiglie e pari opportunità sono fattori che s’intrecciano con le disparità di genere. In Italia siamo ancora indietro e serve un impegno condiviso per un cambiamento prima di tutto culturale. È quanto emerge dal recente Festival dello Sviluppo Sostenibile, svoltosi nei mesi di maggio e giugno con centinaia d’iniziative finalizzate ad informare l’opinione pubblica sull’Agenda 2030 delle Nazioni Unite che sancisce 17 obiettivi per realizzare una società più inclusiva, equa e sostenibile e che tutti gli Stati si sono impegnati a perseguire e raggiungere entro il 2030.
Nel corso del Festival, organizzato da ASVIS– Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, 45 iniziative hanno affrontato l’Obiettivo 5 dell’Agenda “Parità di genere”e la fotografia che emerge dell’Italia non rassicura. ASVIS rileva che, se nel 2017 si registra un aumento della partecipazione delle donne nei consigli d’amministrazione e nei consigli regionali, peggiora il rapporto tra i tassi di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli. In generale, le donne fanno ancora fatica ad accedere a posizioni manageriali (solo il 23% ne occupa uno e solo il 3% possiede altre funzioni di vertice di una grande azienda o di un’istituzione).
Per quanto riguarda il lavoro retribuito, persiste tra uomo e donna un gap enorme dove, a parità di lavoro, gli uomini vengono pagati di più. Lo confermano le rilevazioni Eurostat 2019in base alle quali relativamente al gap salariale nel settore pubblico, l’Italia rappresenta uno dei fanalini di coda dell’Europa, con la 21esima posizione, appena davanti solo a Polonia, Belgio e Cipro. A guidare la classifica dei virtuosi, invece, sono Regno Unito, Repubblica Ceca e Finlandia, Bulgaria, Svizzera e Spagna.
Nell’ambito privato, il Belpaese recupera posizioni risalendo fino all’ottava posizione: i dati Ocse pubblicati in primaveraindicano nel 5,6% la differenza media di retribuzioni tra donne e uomini i, Italia tuttavia, in base all’analisi de Il Sole 24 ore, risulta riduttivo basare i risultati soltanto sul lavoro full time, mentre a discriminare le donne è soprattutto il ricorso al part-time(25% delle donne, secondo i dati Istat), per occuparsi anche della famiglia.Altri dati sul differenziale retributivo nel settore privato li fornisce Istat: nel 2016 ha percepito una retribuzione oraria superiore a 15 euro il 17,8% delle donne contro il 26,2% degli uomini. Una retribuzione oraria inferiore a 8 euro è stata invece percepita dall’11,5% delle donne e dall’8,9% degli uomini.
Peggio ancora andrebbero le cose per le libere professioniste: secondo il report dell’Associazione degli enti di previdenza privati, nella fascia d’età tra i 30 e i 40 un uomo guadagna mediamente 20mila euro lordi, contro i 17mila di una donna. Tra i 40 e i 50 anni, ossia quella in cui mediamente i figli non sono ancora autonomi, il divario aumenta: i professionisti guadagno circa 40mila euro lordi, contro i 25mila delle colleghe donne.
Da un punto di vista culturale pesa molto la questione tempo: sommando lavori retribuiti e non, ci accorgiamo chele donne in Italia hanno molto meno tempo libero rispetto agli uomini, a differenza ad esempio della Norvegia dove le parti sono divise in maniera uguale.
Secondo le analisi ASVIS nel nostro paese persiste anche il divario nord-sud: sebbene il tasso di occupazione femminile sia il più alto della storia italiana, pari al 49,6%, il 60% delle donne occupate si trova al Nord e solo il 33% nel Mezzogiorno dove solo una donna su cinque che non è in possesso di un titolo di studio trova lavoro.
Come ha ricordato, nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile,la professoressa della Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata, Annalisa Rosselli, le donne prima venivano viste come “una categoria svantaggiata, costretta ad assimilarsi pian piano al mondo maschile, che dominava i ruoli manageriali e politici”. Per la professoressa il problema odierno è quello di costruire una società nuova, che si relazioni in modo diverso rispetto al passato quando “non c’era nessuna donna che si occupasse di scienza, presente nell’ambito della ricerca”.
Il Gruppo di lavoro sull’Obiettivo 5 dell’ASVIS ha presentato la proposta di istituire una nuova Commissione per la realizzazione dell’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile presso la Presidenza del Consiglio, e indipendente dal Governo, con il compito di: valutare le politiche pubbliche in materia di uguaglianza di genere ed empowerment delle donne; condurre e diffondere studi e ricerche in tale ambito, inclusi materiali prodotti da istituti europei e internazionali; formulare raccomandazioni e proposte di riforme per il presidente del Consiglio dei Ministri; consultare e concertare con la società civile per discutere di innovazione in questi temi.
Articolo di Lia Curcio