In Italia c’è un regime: il cosiddetto “Partito del Pil” (si è auto-denominato così lui stesso) che unisce quasi tutti i partiti, da Lega e Fratelli d’Italia a Pd e Forza Italia, con una consistente presenza di esponenti dei 5Stelle – l’ala governativa – più tutta Confindustria, gran parte dei vertici sindacali, un bel po’ di gerarchie cattoliche, tutti i media (stampa e TV al completo).
Regimi e partiti “fratelli” del Partito del Pil italiano esistono in tutto il mondo, anche se non si sono dati il nome ridicolo che ha in Italia, ma in nessun paese dove esiste la possibilità di esprimere o di coltivare liberamente la propria opinione si incontra una coalizione così ferrea come in Italia.
Il partito italiano del Pil è il partito del NO. C’è chi dice (e ormai sono in molti) di ascoltare l’IPCC – il comitato degli scienziati di tutti i paesi del mondo che monitorano i cambiamenti climatici – che ci dà solo pochi anni di tempo per imporre una svolta al sistema prima che il trend del cambiamento climatico in corso diventi irreversibile. Molti, anche nel partito del Pil, si dichiarano d’accordo e Greta Thunberg, a differenza di quello che le è successo in Francia, è stata ascoltata da tutto il Senato italiano. Ma appena si tratta di tradurre in pratica qualcuna delle indicazioni che dovrebbero portare a quel cambio di rotta, il Partito del Pil dice NO: bando ai catastrofismi! Finché c’è gas, petrolio e carbone da estrarre o trasportare, lo consumiamo; anche a costo di imporre la costruzione di nuovi gasdotti come il TAP o nuove perforazioni nell’Adriatico.
C’è chi dice (e siamo in molti) che la città è in emergenza climatica (e ambientale); che da ora in poi vanno fatti solo interventi che portino ad azzerare le emissioni climalteranti. Ma il Partito del Pil dice NO: quegli interventi possono aspettare, abbiamo da fare le Olimpiadi, da installare quella specie di souq di ferraglia che è il (fu) Salone dell’auto (brutta copia del flop della finta fiera milanese del libro), da fare arrivare (in aereo, da tutto il mondo), centinaia di migliaia di sportivi e di turisti, da costruire tanti impianti e attrezzature (naturalmente recuperabili; non lo erano forse anche quelle dell’Expò?) per ospitarli e farli divertire, da produrre un sacco di neve artificiale, ecc. The show must go on.
C’è chi dice “salviamo Venezia”, patrimonio dell’umanità. Il Partito del Pil dice NO. Non portare in laguna le navi da crociera è “sprecare Venezia”, non valorizzarla, perdere un’opportunità.
C’è chi vorrebbe salvare una valle bellissima e la comunità che la abita da una Grande Opera inutile e nociva che ne completerebbe la devastazione già molto avanzata. Il Partito del Pil, che proprio in questa battaglia si è andato costituendo e definendo, dice NO. Un treno veloce, anche se non trasporterà niente e non entrerà in funzione prima che il cambiamento climatico diventi irreversibile, è comunque “progresso”: un affare per chi lo costruisce, anche se a spese di chi lo finanzia (cioè noi).
C’è chi vorrebbe destinare a opere di pace i miliardi destinati agli F35, che sono macchine da guerra destinate all’aggressione di paesi lontani (e per di più non funzionano, tanto che alcuni clienti ne hanno disdetto l’acquisto). Il Partito del Pil dice NO: servono a creare decine di posti di lavoro. E si potrebbe continuare…
Dagli Stati Uniti all’Europa sta prendendo forma un progetto complessivo di conversione ecologica per salvare clima, salute e occupazione denominato Green New Deal. Per alcuni è l’unica strada praticabile per “salvare il capitalismo”; per altri per affossarlo. Per alcuni dovrebbe essere affidato a uno “Stato imprenditore”; per altri a una radicale democratizzazione della vita economica. Il dibattito è aperto, anche perché molte soluzioni sono ancora da definire. Ma in Italia non ne parlano né i fautori né i nemici del capitalismo e il Partito del Pil dice NO sia agli uni che agli altri. Gli affari si fanno con quello che c’è, qui e ora e non sui programmi generali. Altrimenti, ciao Pil!
Il Pil, calcolato in base agli affari che si fanno (ma ci sono forse altri modi per farlo?) non produce da tempo né occupazione (e meno che mai di qualità), né benessere, né salute, né giustizia. In compenso concorre a precipitare il mondo in una notte nera per tutto il genere umano. Ma, forte dell’appoggio dei media, del mondo accademico (soprattutto degli economisti, “sacerdoti” della religione del nostro tempo) e della “cultura” (che, con poche eccezioni, si interessa di altro), il Partito del Pil è finora riuscito a presentare se stesso come “il Progresso”, ostacolato da chi pretende di operare per la salvaguardia di vita, salute e giustizia.
E’ ora di ribaltare questa narrazione: il Partito del Pil è il vero partito del NO a tutto ciò che può giovare alla convivenza e forse alla stessa sopravvivenza della specie umana. Impariamo a legare le nostre battaglie quotidiane per stare meglio, per una città, un territorio o un lavoro più vivibili e belli (e di queste battaglie tutti ne conducono qualcuna, o anche molte; a volte da soli, a volta in compagnia) all’impegno per la salvaguardia della vita sul nostro Pianeta. Le prime, senza un orizzonte generale che è l’unico oggi che possa legittimarle non hanno prospettive di successo. E quell’impegno, se non se ne vede il nesso con la vita quotidiana, resta una opzione astratta, soprattutto per i meno informati. Ma di fronte all’avanzare del disastro ambientale anche il Partito del Pil comincerà a dividersi. Bisogna metterlo con le spalle al muro.