Nell’emergenza continua creata attorno alle navi ONG impedite di sbarco, costruita ad arte a forza di “porti chiusi”, complicità con gli scafisti, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, difesa armata dei confini e altre amenità del genere, rischiamo di farci sommergere dalla cronaca minuto per minuto e di smarrire il senso di quel che avviene. Perché c’è un filo fortissimo che lega tutti questi “episodi”, ed è la violazione dei diritti umani e la politica di razzismo istituzionale messe in atto dal governo italiano.
Lungo questo filo, Carola e la Sea Watch, il veliero Alex e Mediterranea, la nave Alan Kurdi, e via elencando, possono essere letti come tanti capitoli di un unico progetto politico, che si è avviato con la distruzione di Riace e con il processo a Lucano. La posta in gioco è la stessa, e l’ha messa in evidenza il gip di Agrigento: ci sono leggi di livello costituzionale che sono superiori alle norme politiche adottate dal legislativo di turno. Disobbedire a queste normative in nome di leggi superiori è un dovere, a terra come in mare.
Allora non possiamo dimenticare che nel nostro paese un processo politico è già in corso presso il tribunale di Locri; un processo speciale, in cui Viminale e prefettura di Reggio Calabria si sono costituiti parte civile. Nelle prime udienze di giugno si sono esaminate le irregolarità rilevate dagli ispettori Sprar, che non hanno attaccato una speculazione privata sui fondi, né un eccesso di spesa, ma il fatto che con gli stessi fondi Lucano riuscisse ad accogliere più persone e a coprirle più a lungo per accompagnarle anche in un inserimento lavorativo, che per di più a Riace si traduceva in opportunità di sviluppo locale.
Il 10 e il 16 luglio il processo contro Lucano e Riace andrà avanti, vedremo con quali contenuti. Ma chi se ne occuperà? Quali giornali e media daranno pubblicità ad un processo che cerca di procedere spedito e sotto silenzio? La Riace di Lucano è stata capace di far parlare di sé il mondo intero. Adesso, il processo Lucano rischia di sparire sotto un velo di indifferenza. Eppure è fatto della stessa materia degli episodi di cronaca che ogni giorno catturano la nostra attenzione. Agli occhi del razzismo istituzionale, Lucano è colpevole del reato di umanità e solidarietà, proprio come Carola.
Il Comitato continuerà a monitorare il processo come ha fatto per le prime udienze (https://www.pressenza.com/it/2019/06/che-cosa-succede-al-processo-contro-mimmo-lucano/) e ad informare la pubblica opinione sui contenuti etici, politici, sociali e culturali che sono la posta in gioco di ogni processo politico.
Perché, come diceva Piero Calamandrei al processo a Danilo Dolci, “quello che conta è capire il perché umano e sociale di questo processo”, dove si vorrebbe condannare gente onesta per il delitto di aver osservato la legge dell’umanità, la più alta legge che ci governa.
Comitato Undici Giugno – Milano