La giudice María de la Luz Lozano, presidente del Tribunale d’esame di Ceuta numero 6, ha archiviato la causa contro Antonio Sempere, fotografo che attualmente lavora per il quotidiano spagnolo El Mundo e che collabora regolarmente e disinteressatamente con Pressenza.
Antonio Sempere è stato arrestato a Ceuta il 27 giugno (il giorno dopo le elezioni) e rilasciato con accuse, i suoi telefoni confiscati nella stazione di polizia, dopo che è stato denunciato da Latifa Dailal, presidente di un seggio elettorale, che si è presentata al seggio coperta con un niqab e su cui il giornale ha fatto un articolo in cui appare una sua foto con il volto scoperto.
Dopo aver accettato un’intervista con Sempere, Latifa ha deciso di non andare avanti, ma il giornale ha ritenuto che la sua storia potesse essere interessante e ha utilizzato una fotografia con il volto scoperto che aveva ottenuto con altri mezzi. Una storia che è diventata virale.
Antonio Sempere è stato accusato da Dailal di presunti crimini di diffamazione, coercizione e divulgazione di segreti.
I colleghi di categoria hanno fatto eco alla notizia e hanno espresso la loro solidarietà ad Antonio Sempere, chiedendo che il caso fosse archiviato.
Ora, la giudice Lozano ha deciso di archiviare il caso perché ritiene che “la commissione dei presunti reati” attribuiti al nostra collega non sia debitamente giustificata; ha ordinato alla polizia di restituirgli i telefoni cellulari “senza poter procedere in nessun caso all’estrazione di alcun dato, né all’esame, né all’analisi del loro contenuto”. La magistrata ritiene che i telefoni siano “strumenti fondamentali nel suo lavoro quotidiano”. “Il giornalista ha il diritto al segreto professionale che protegge la riservatezza delle sue fonti di informazione,” prosegue l’ordinanza “soprattutto quando, inoltre, quest’ultima – la riservatezza delle sue fonti – non è solo un diritto, ma anche un obbligo di ogni informatore”. E dice anche: “Tale segreto professionale è necessario per poter fare un giornalismo libero”.
La giudice afferma che “la libertà di informazione è un diritto fondamentale” della Costituzione spagnola, “il cui contenuto essenziale costituisce, senza dubbio, un pilastro essenziale del diritto all’informazione veritiera in uno Stato democratico come la Spagna”.
Dopo aver accettato un’intervista con Sempere, Latifa ha deciso di non andare avanti, ma il giornale ha ritenuto che la sua storia potesse essere interessante e ha utilizzato una fotografia con il volto scoperto che aveva ottenuto con altri mezzi. Una storia che è diventata virale.
Antonio Sempere è stato accusato da Dailal di presunti crimini di diffamazione, coercizione e divulgazione di segreti.
I colleghi di categoria hanno fatto eco alla notizia e hanno espresso la loro solidarietà ad Antonio Sempere, chiedendo che il caso fosse archiviato.
Ora, la giudice Lozano ha deciso di archiviare il caso perché ritiene che “la commissione dei presunti reati” attribuiti al nostra collega non sia debitamente giustificata; ha ordinato alla polizia di restituirgli i telefoni cellulari “senza poter procedere in nessun caso all’estrazione di alcun dato, né all’esame, né all’analisi del loro contenuto”. La magistrata ritiene che i telefoni siano “strumenti fondamentali nel suo lavoro quotidiano”. “Il giornalista ha il diritto al segreto professionale che protegge la riservatezza delle sue fonti di informazione,” prosegue l’ordinanza “soprattutto quando, inoltre, quest’ultima – la riservatezza delle sue fonti – non è solo un diritto, ma anche un obbligo di ogni informatore”. E dice anche: “Tale segreto professionale è necessario per poter fare un giornalismo libero”.
La giudice afferma che “la libertà di informazione è un diritto fondamentale” della Costituzione spagnola, “il cui contenuto essenziale costituisce, senza dubbio, un pilastro essenziale del diritto all’informazione veritiera in uno Stato democratico come la Spagna”.