“Non c’è una sola ragione al mondo per cui al cittadino eritreo Medhanie Tesfamariam Behre, arrestato nel 2016 in Sudan e per tre anni erroneamente ritenuto un importante trafficante di esseri umani, debba essere negato l’asilo politico“, ha dichiarato Amnesty International Italia.
Secondo l’organizzazione per i diritti umani, non solo l’accoglimento della richiesta d’asilo, su cui si pronuncerà venerdì 19 luglio la commissione per l’esame nel Cpr di Caltanissetta, suonerebbe come un risarcimento per tre anni di carcere passati in Italia per un mero errore di persona: un errore portato alla luce grazie soprattutto alle inchieste giornalistiche del quotidiano britannico “Guardian“.
Soprattutto, negare l’asilo a Medhanie Tesfamariam Behre costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale dei rifugiati.
Espellerlo verso il Sudan, dove venne arbitrariamente arrestato nel 2016, lo porrebbe di fronte al rischio di un nuovo arresto, in un contesto nel quale le autorità di transizione che hanno preso il potere dopo la fine del dominio di Omar al-Bashir non danno ancora la minima garanzia di rispetto dei diritti umani.
Se dal Sudan venisse trasferito nel suo paese di origine, l’Eritrea, Medhanie Tesfamariam Behre rischierebbe l’imprigionamento per diserzione (dalla leva obbligatoria) e uscita illegale dal paese e con ogni probabilità una lunga condanna e la tortura. Sorte riservata da anni a chi, in Eritrea, critica il regime, professa una fede non consentita o cerca di fuggire al servizio militare obbligatorio e a tempo indeterminato. Una situazione che la raggiunta pace con l’Etiopia, nel 2018, non ha purtroppo modificato.