Venerdì 19 luglio, in una soffocante notte egiziana, la squadra algerina di calcio ha battuto quella del Senegal (1-0), nella 32sima edizione della Coppa d’Africa (CAN). Il secondo della loro storia, dopo quella conquistata nel 1990. I Fennec (volpi) del deserto hanno sconfitto i Leoni Teranga. Il duello è stato deciso al secondo minuto da un colpo di fortuna, a meno che non ci sia stato di mezzo il “mektoub”, il destino in arabo, che ha deciso di indirizzare l’incontro. Un tiro del giocatore algerino Baghdad Bounedjah, deviato dal difensore avversario Salif Sané, si è concluso sul fondo della rete senegalese.
La vittoria sportiva ha giocato il ruolo di amplificatore della rivoluzione pacifica del Popolo algerino contro un sistema politico usurato dal tempo e dagli scandali, in atto da 22 settimane. Infatti tutti i giocatori algerini non hanno mancato di rilevare, durante le 4 settimane della fase finale della Coppa d’Africa, di rappresentare e magnificare il loro popolo. Durante tutta la competizione, questa squadra sembra essere stata posseduta e trascesa dall’ “hirak”. “Hirak” è una parola araba che significa “movimento” e designa anche gli eventi del 2019 in Algeria iniziati il 22 febbraio per protestare, in un primo momento, contro la candidatura del Presidente Abdelaziz Bouteflika per un quinto mandato e poi per esigere l’abbandono del potere di tutti i principali attori del regime.
Dal canto suo il Popolo algerino ha vissuto questa competizione sedotto dalla propria squadra di calcio. «Un, deux, trois…Vive l’Algérie!». Incessante, ritmato, espulso con violenza a pieni polmoni, dagli spalti dello stadio del Cairo, dalle piazze delle città algerine e francesi é stato il grido univoco, denominatore condiviso di un sentire comune, di una gioia repressa per troppo tempo, di una prima vittoria di un Popolo che ora ne attende un’altra, dal 22 aprile, giorno delle prime manifestazioni di piazza contro il regime politico algerino. Le forme di protesta popolari, sia in ambito di assembramento nelle città che in quello sportivo negli stadi, hanno evidenziato una tendenza sia di pulizia morale (niente violenza) che materiale (pulizia degli spazi occupati) che ben fa sperare per il futuro.
Il 2019 è un anno storico a tutti gli effetti per l’Algeria: le dimissioni del Presidente Abdelaziz Bouteflika e la vittoria alla Coppa d’Africa di calcio. In questo Paese con una politica che sta come su una sedia a dondolo che rischia di ribaltarsi ad ogni momento, la domanda, una volta passata l’euforia della celebrazione, è se, e quali, conseguenze politiche nasceranno da questo 1-0 contro il Senegal. Va detto che il governo algerino non ha aspettato il fischio finale per cercare di rendere sua questa vittoria. ” Lo Stato ha mobilitato tutte le risorse materiali e umane disponibili per soddisfare la richiesta dei sostenitori di fare il viaggio per incoraggiare la loro squadra”, ha detto il primo ministro Noureddine Bedoui, annunciando che 28 aerei noleggiati dal governo e dall’esercito hanno trasportato più di 4.500 sostenitori allo stadio della finale.
“I governanti hanno fatto di tutto per essere in grado di appropriarsi di questa vittoria “, ha detto Saad Khiari, ricercatore associato presso l’Institute of International and Strategic Relations (Iris) e specialista dell’ Algeria. “Il potere si aspetta dividendi, mentre rimangono sordi alle aspettative dei manifestanti, ha sostenuto ad AFP Yazid Ouahib, capo della sezione sportiva del quotidiano algerino in lingua francese El Watan, ma “è una forma di corruzione” che non avrà alcun impatto sul movimento popolare. ” I calciatori lo hanno capito per primi e hanno dedicato il loro 1-0 ai propri connazionali. “Questa è la prima volta che il potere non è menzionato, e c’é stata una chiara distinzione tra la gente e quest’ultimo”, ha dichiarato ancora Saad Khiari. La stessa cosa dalla parte dei manifestanti che hanno ricordato al Presidente ad hinterim Abdelkader Bensalah, presente allo stadio per la finale, che questa vittoria non è stata la sua.
Mickaël Correia, autore del libro “Una storia popolare del calcio” ha scritto: “La squadra nazionale è nata nel 1958, in piena guerra d’Algeria. Quindi c’è stata subito una relazione molto speciale, che cristallizza l’intera identità del Paese. Questa vittoria del 2019 è anche un modo per dire: abbiamo finito trent’anni di penombra sportiva senza vittoria internazionale, poniamo fine anche a trent’anni di crepuscolo politico “. In Algeria gli stadi sono sempre stati un luogo di protesta politica e veri fornitori di slogan anti-potere e di critica. Molte canzoni cantate nelle manifestazioni Hirak sono nate negli stadi e, a loro volta, i sostenitori della squadra nazionale cantano canzoni dell’Hirak. Diverse canzoni anti-sistema cantate dai manifestanti nelle strade delle città algerine dunque non sono nuove. I tifosi delle squadre di calcio le hanno già fatte echeggiare negli stadi, precedentemente unici luoghi di manifestazione del dissenso.
A lungo considerati violenti e pericolosi, i tifosi di calcio sono fra i protagonisti del movimento di protesta iniziato il 22 febbraio in Algeria. In piccoli gruppi, con alcune percussioni, ma spesso a cappella, cantano le canzoni dello stadio con testi molto politici. Tra la folla ci sono sostenitori di diversi club come El Harrach, Hussein Dey o Belcourt, ma tutti cantano insieme. Riyad Mahrez, stella della squadra campione d’Africa, ha diffuso un video in cui lui e i suoi compagni di squadra cantano “Liberté” una canzone del rapper algerino Soolking, con oltre 115 milioni di visualizzazioni su YouTube, cantata con il gruppo Ouled el Bahdja, i musicisti dei sostenitori dell’Unione Sportiva della medina di Algeri (Usma) dedicato agli Hirak.
Dove eravamo rimasti? Con questa domanda riprenderà lo scontro politico fra Popolo algerino ed il potere che lo governa. Una situazione per ora di stallo e di provvisorietà: un Presidente ad hinterim ormai scaduto e nessuna data per le elezioni presidenziali ancora fissata.
Da una parte i militari che per la prima volta della storia algerina, dopo l’indipendenza, hanno assunto un ruolo in prima linea, diventando gli unici manovratori del destino di una nazione; loro che sono sempre stati abituati ad essere i garanti occulti di un equilibrio di poteri condivisi con Istituzioni politiche elette e immutabili, e forze islamiste alle quali era stato demandato il compito di gestire il sociale con annesso il fiorente commercio del mercato parallelo.
Dall’altra parte un popolo eroico che non ha ancora estratto dal cilindro, nonostante le energie e le intelligenze che possiede, delle figure in grado di rappresentarlo e di negoziare a suo nome i termini di una transizione pacifica e fluida.
Bandiera, inno e canti hirak sono i simboli che congiungono sport e politica in questo periodo di euforia e di desideri realizzati e da realizzare. Seconda stella, seconda Repubblica? La vittoria calcistica dell’Algeria potrà pesare sulla turbolenza politica del Paese?
Articolo di Ferruccio Bellicini