Sudan: non c’è guerra, solo massacri e accuse all’Unione Europea
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Dopo settimane di proteste pacifiche, anche col consenso dei militari, si era giunti alle dimissioni del presidente Omar Hassan al Bashir e alla firma di un accordo tra manifestanti e militari stessi per una transizione pacifica dal vecchio regime verso nuove elezioni. Da due giorni, però, nel Sudan sono ricominciati nuovi pacifici sit-in di protesta che i militari stavolta vogliono sedare col sangue.
Motivo delle nuove proteste, l’annullamento, da parte dei militari, dell’accordo appena sottoscritto coi rappresentanti dei manifestanti.
Il rischio, oltre che la repressione, è quello dell’esplosione di una guerra civile.
Erano state anche, e soprattutto, le donne a guidare le proteste; donne tra cui la diventata famosa Alaa Salah.
«Stanno spuntando uno alla volta dal Nilo. Nonostante i mattoni legati alle gambe, i corpi di decine di manifestanti uccisi nel corso dell’assalto delle milizie agli ordini del Consiglio transitorio militare riemergono portando a galla tutto l’orrore che si sta consumando in queste ore a Khartoum. Non meno di 108 le vittime nella capitale del Sudan, 300 in tutto il Paese dove centinaia di migliaia di persone continuano a manifestare chiedendo l’avvio di un governo civile dopo la caduta del regime del presidente Omar Hassan al Bashir. Oltre 700 i feriti». Così racconta oggi la notizia dei massacri, con maggiori e orrendi dettagli, Antonella Napoli su “Focus on Africa”.
Su Twitter, Alaa, una sudanese che vive in Francia ha diffuso dei dati più o meno simili.
Valeria Ferrari, sul sito “Lo Spiegone”, da una prima analisi sul perché si è arrivata a questa crisi in Sudan: le crudeltà e le ingiustizia dei 30 anni di governo di Omar Al-Bashir, la perdita dei pozzi petroliferi con la secessione del Sud Sudan, il conseguente aumento dei prezzi con l’inflazione giunta al 70%, lo stretto tetto imposto ai prelievi dal bancomat, la chiusura dei social network, le violenze della polizia contro le prime manifestazioni.
Mentre Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi sembrerebbero sostenere il nuovo regime militare (in cambio dell’appoggio, con truppe, alla guerra contro lo Yemen), l’Unione Europea non prende posizione ufficiale.
Anzi, su Facebook, una fonte non ufficiale sostiene che «un gran numero di relazioni indicano il sostegno finanziario fornito dall’UE al RSF per fermare l’immigrazione illegale». Tuttavia la stessa commenta: «L’UE dovrebbe capire che questa politica non fermerà l’immigrazione illegale e causerà un maggior numero di criminali di guerra e atti di genocidio in Sudan».
Nel frattempo che avviene questa violenza inaudita, in Italia, c’è un vice ministro che imbonisce le folle sostenendo la necessità del nostro Paese di disinteressarsi di questi uomini. In barba al terzo comma dell’articolo 10 della nostra Costituzione Italiana.