Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha firmato un divieto di ingresso, transito e sosta nelle acque italiane nei confronti della nave Sea-Watch 3, una misura prevista dal nuovo decreto sicurezza “per motivi di ordine e sicurezza”. Il divieto dev’essere però convalidato dai Ministri della Difesa e dei Trasporti, che non l’hanno ancora fatto.
Pronta la replica della portavoce di Sea-Watch Giorgia Linardi: “Uno dei naufraghi ci ha raccontato di essere stato costretto a seppellire cadaveri per preparare il centro di detenzione alla visita di operatori esterni. Questa è la Libia, il paese in cui ci viene indicato di portare le persone soccorse: non lo faremo mai. La Libia non è riconosciuta come porto sicuro a livello internazionale” prosegue su twitter la portavoce di Sea-Watch, ricordando che riportarvi i naufraghi rappresenterebbe un respingimento collettivo, crimine per cui l’Italia è già stata condannata.
Mediterranean Hope – il Programma rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia – esprime la sua solidarietà a Sea-Watch in un comunicato del suo coordinatore Paolo Naso. “Condividiamo la scelta di Sea Watch di non riportare in Libia i migranti soccorsi e salvati nel Mediterraneo per la semplice ragione che in Libia non c’è alcun porto sicuro. Lo attesta l’Alto Commissariato per i rifugiati dell’ONU e lo confermano le cicatrici sui testimoni che arrivano a raccontarci l’inferno libico. Le persone che abbiamo incontrato e accolto in questi anni – continua Naso – descrivono un paese in cui si pratica sistematicamente la tortura, un paese in guerra, costellato di centri di raccolta e detenzione in cui sono negati fondamentali diritti umani.
Intanto il Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma ha annunciato di aver predisposto un controllo medico per assistere i naufraghi. L’incontro dovrebbe avvenire nelle acque internazionali di fronte a Lampedusa.
In seguito alla visita medica, il Ministero dell’Interno ha autorizzato lo sbarco di dieci persone: si tratta di tre bambini piccoli, tre donne, di cui due incinte, due uomini in precarie condizioni di salute e due accompagnatori. Restano a bordo della Sea-Watch, senza previsione di sbarco, 4 minori non accompagnati (di cui uno di 12 anni), altre sei donne e 33 uomini.