Nel comunicato stampa pubblicato il 12 giugno 2019 sul sito del Ministero dell’interno, il Ministro Salvini motiva la chiusura dell’Hub Centro Mattei di Bologna (da lui chiesto improvvisamente il 7 giugno e da eseguirsi nell’immediatezza) ed il conseguente ordine di trasferimento di circa 188 richiedenti asilo in un CAS di Caltanissetta perché non vi era “Nessuna possibilità di integrazione, condizioni igieniche indecenti, problemi strutturali, difformità tra i fondi pubblici incassati e i servizi garantiti.” La responsabilità, a suo dire, era dei “buonisti impegnati (a pagamento) nell’accoglienza” e si chiede, infatti, come sia stato possibile che “non si accorgessero che la struttura fosse più simile a una stalla che a un centro dove ospitare anche donne e bambini”.
Il Ministro, a cui piace evidentemente appartenere alla categoria dei “cattivi” (visto che è solito usare il termine “buonisti” in senso dispregiativo e mai disprezzerebbe sé stesso) forse non sa che:
a) L’Hub Centro Mattei di Bologna è una struttura di proprietà del demanio statale (ex caserma) e dunque bene pubblico in carico alla locale prefettura di Bologna;
b) Come Ente proprietario di un bene pubblico lo Stato è responsabile direttamente della manutenzione straordinaria, dell’efficienza e della sicurezza dell’immobile e delle persone che vi soggiornano;
c) Come Ente proprietario, specie se pubblico, lo Stato ha l’onere di vigilare affinché l’immobile sia idoneo all’uso per il quale è stato destinato;
d) L’Hub Mattei è un Centro temporaneo per richiedenti asilo, in carico alla Prefettura di Bologna.
Dunque, l’immobile Hub/Centro Mattei, di proprietà dello Stato, doveva essere oggetto di vigilanza da parte della prefettura di Bologna, autorità locale del Ministero dell’interno, che ne è direttamente responsabile.
Un altro aspetto va considerato. L’Hub Mattei non era un CAS ma un Centro in cui dovevano essere inviati i richiedenti asilo (prevalentemente dopo essere sbarcati in fuga dalla Libia) per essere poi collocati in CAS o in strutture SPRAR all’interno del territorio regionale. Il tempo di permanenza dei richiedenti doveva essere breve, quello necessario per formalizzare la domanda di protezione attraverso la compilazione del Modello C3. Così non è stato, tant’è che molti richiedenti asilo che ieri hanno lasciato l’Hub ci vivevano anche da un anno. Situazione più volte denunciata a livello cittadino, tenuto conto che la natura giuridico-formale dell’Hub era incompatibile con la programmazione di un sistema di integrazione, proprio perché la permanenza doveva essere estremamente breve, con conseguente impossibilità per i richiedenti asilo di ricevere misure di integrazione (oggi, peraltro, abrogate dal Ministro Salvini con il decreto legge n. 113/2018).
Non saremo certo noi “buonisti”, pertanto, a rimpiangere l’Hub Mattei.
Tuttavia, vogliamo evidenziare che:
a) Nell’Hub Mattei di Bologna era presente, fino a ieri, una stazione di polizia di Stato (dunque, alle dirette dipendenze del Ministero) e precisamente polizia dell’Ufficio immigrazione, che ha provveduto negli anni a compilare i Modelli C3 di formalizzazione delle domande di protezione internazionale.
b) La formalizzazione dei Modelli C3 ha riguardato non solo i richiedenti asilo ospitati nell’Hub Mattei ma tutti i richiedenti asilo accolti nei CAS o nello SPRAR di Bologna e provincia. Dunque, un gran numero di persone.
c) Nell’Hub Mattei erano presenti anche funzionari dell’EASO (Ufficio europeo per il sostegno all’asilo) in ausilio alla polizia di Stato.
Chiediamo al Ministro dell’Interno
1) E’ verosimile che nessuno dei funzionari o dipendenti ministeriali si sia mai accorto delle condizioni di degrado ed insicurezza in cui versava la struttura?
2) E’ possibile che nessun pubblico ufficiale ivi presente abbia segnalato dette condizioni al Prefetto?
3) E’ verosimile che la prefettura nulla sapesse e da tempo?
4) Se l’Hub Mattei aveva condizioni di degrado ed insicurezza statica, come è stato possibile che lo Stato vi abbia continuato a svolgere attività istituzionali?
Nel comunicato stampa del 12 giugno 2019, il Ministro esprime soddisfazione per la chiusura dell’Hub Mattei (dopo quelle di CAS di Cona, Bagnoli, Castelnuovo di Porto) affermando: “Basta con le maxi strutture piene di immigrati, costose, spesso degradate e dove non si fa integrazione ma solo business.” Parrebbe che anche il Ministro, come noi, sia contrario alle grandi strutture di accoglienza, anche se questo lo porterebbe a condividere con i “buonisti” quella qualificazione.
Non ci spieghiamo, però, come mai i nuovi Capitolati d’appalto ideati dal Ministro dell’interno comportino non solo l’eliminazione di tutte le misure di integrazione sociale (corsi di lingua, corsi professionali, orientamento al lavoro, informazione legale, ecc.) e di molti servizi (assistenza sanitaria ridotta, inesistenza di programmi per le persone vulnerabili e vittime di tortura o gravi violenze), ma prevedano una riduzione del costo dell’appalto soprattutto per le piccole strutture di accoglienza (la cd. accoglienza diffusa in appartamenti). Le grandi strutture (fino a 500 posti) sono invece più sostenibili economicamente ed è evidente che quello è il modello verso il quale si sta andando. La stessa preannunciata ristrutturazione dell’Hub Mattei è finalizzata a creare un grande CAS, dunque non con permanenza provvisoria e dove non sono previste per legge le misure di integrazione.
Anche il Centro ove sono stati trasferiti i 35 richiedenti asilo che hanno accettato il trasferimento a Caltanissetta (contro il centinaio che l’ha rifiutato) è una grande struttura vicina ad un Centro di detenzione (CPR), in cui già un richiedente asilo ha lamentato l’assenza di un medico. E’ un CARA (Pian del lago) ove esistono Report che denunciano da tempo le gravissime condizioni. CARA che stava per chiudere per carenza di ospiti e che trova oggi giustificazione ad esistere grazie all’improvviso trasferimento dall’Hub Mattei.
Chiediamo al Ministro :
5) Come è possibile che lamenti l’assenza di programmi di integrazione nell’Hub Mattei se il suo decreto sicurezza (n. 113/2018) li ha abrogati definitivamente?
6) Qual è il modello delle strutture di accoglienza che preferisce? L’accoglienza diffusa che si integra alla comunità territoriale, o i grandi Centri che creano inevitabilmente contrasti con la comunità?
7) Quali criteri sono stati utilizzati per individuare la struttura ove trasferire i richiedenti asilo dell’Hub Mattei, tenuto conto che nel giro di poche ore sono stati reperiti dalla stessa Prefettura decine di posti in CAS della regione Emilia Romagna?
Attendiamo fiduciosi le risposte del Ministro, alle quali siamo certi non si vorrà sottrarre, nel rapporto di fiducia e trasparenza che un rappresentante delle istituzioni deve avere con ognuno dei propri cittadini. Anche noi facciamo parte del popolo.
Nell’attesa, godiamo della straordinaria esperienza sociale vissuta dalla città di Bologna l’11 giugno 2019, quando una potente sinergia tra i centri sociali, le strutture sindacali, le associazioni giuridiche, le associazioni del terzo settore, la cittadinanza di Bologna, associata o meno, le parrocchie e la Caritas, hanno impedito l’inumano trasferimento di 188 persone in Sicilia, in una struttura che è un CARA, che condivide gli spazi con un centro di detenzione (CPR) e che certamente non è né accogliente, né organizzato per l’integrazione sociale.
Ministro, ci risponda, cortesemente.
ASGI – ADL COBAS Emilia Romagna – Ya Basta Bologna – USB Bologna – Antigone Emilia Romagna – Giuristi democratici – Associazione Trama di Terre – ARCI Bologna – CGIL Bologna – CARITAS Bologna – Associazione Bianca Guidetti Serra – Hayat onlus – Comitato Donne per Nasrin Sotoudeh – Coordinamento Migranti Bologna – Centro Salute internazionale ed interculturale – Gruppo Immigrazione e Salute dell’Emilia Romagna (GRIS –ER) -Famiglie accoglienti – Coalizione civica per Bologna – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM) , Donne in Nero, Senlima, Associazione Orlando