La novela cominciò un mese prima dell’inizio del “IV Tribunale Internazionale Bertrand Russel”, che venne realizzato a Rotterdam nel novembre del 1980; Mário Juruna era stato invitato a parteciparvi come giurato; il tribunale internazionale doveva simbolicamente giudicare denunce di aggressioni praticate contro popoli indigeni americani, di cui sei negli Stati Uniti e Canadà, due nell’America Centrale e sei nell’America del Sud. Il Consiglio Indigenista della FUNAI – Fondazione Nazionale dell’Indio, agenzia governativa che avrebbe dovuto tutelare gli interessi indigeni, proibì a Juruna di presenziare all’evento; in seguito, il presidente della FUNAI gli promise il rilascio del passaporto; quindi intervenne il ministro dell’Interno per impedirgli di uscire dal Brasile. Il deputato José Costa, eletto per l’Alagoas, promise a Juruna la sua collaborazione, sostenendo che se lo Stato tutelava gli indigeni ciò non significava che essi non avessero diritto al passaporto. Riuniti nel “I Incontro Indigeno di Alagoas”, quattro rappresentanti di popoli indigeni iniziarono un movimento di opinione a favore del viaggio di Juruna. Il telegramma con cui il Tribunale Russel sollecitava la sua presenza venne sottoscritto dai sei partiti politici olandesi, dalla Società Americana di Francia e dalla Società Belga di Appoggio alle Cause Indigene. In un primo momento, il tribunale federale cui Juruna aveva presentato ricorso contro la decisione del ministro dell’Interno, gli confermò la proibizione di recarsi in Olanda. Mentre continuava ad essere trattenuto in Brasile, venne eletto presidente del Tribunale Russel, che avviò i lavori analizzando la situazione di indigeni della Colombia e Perù. Al termine di una seduta lunga sei ore e cinque minuti, il Tribunale Federale di Ricorsi, in Brasília, sentenziò, infine, che Juruna poteva recarsi a Rotterdam. Un gran numero di persone si riunì nell’aeroporto di Rio de Janeiro per salutarlo festosamente e vederlo partire. Al suo arrivo, i membri del Tribunale Russel, in piedi, lo applaudirono a lungo; Juruna, che nell’ultimo giorno di riunioni poteva finalmente occupare la poltrona della presidenza onoraria, ringraziò prima nella sua lingua e poi in portoghese. Fra le dichiarazioni all’epoca da lui rilasciate, tre sintetizzano bene la vicenda: il governo non voleva che partecipasse al Tribunale Russel perché sapeva che, senza mezzi termini, avrebbe denunciato la drammatica situazione degli indios; ai fini della concessione del passaporto, decisiva era stata la pressione internazionale esercitata sul governo brasiliano; era ormai ora che la FUNAI si rendesse conto che gli indios non volevano più essere trattati come minorenni o minorati.
Con un repertorio di frasi d’effetto che ridicolizzavano la politica indigenista ufficiale e i suoi artefici, durante tutto il 1981 Juruna occupò un grande spazio in giornali e canali televisivi. La condotta imprevedibile e le frasi lapidarie piene di humour, intoppi linguistici e verità, ne fecero l’indio più conosciuto del Brasile e, in ambito indigenista, figura alquanto controversa. Il suo ingresso nella vita politica fu determinato dall’invito che gli fecero Leonel Brizola e Darcy Ribeiro. Nel mese di settembre Juruna si iscrisse al PDT – Partito Democratico dei Lavoratori, confermando di volersi candidare a deputato federale. A dicembre sposò una donna bianca e nessun indio venne invitato a partecipare alla cerimonia. L’inseparabile registratore divenne il simbolo della sua campagna elettorale, realizzata soprattutto in favelas e rioni popolari di Rio de Janeiro. Sistematicamente, registrava le promesse dei colonnelli della FUNAI, facendo così trapelare la sua sfiducia nei confronti delle autorità, soprattutto dei militari, atteggiamento questo in cui si identificarono ampi settori della popolazione. L’agguerrita difesa degli indigeni e dei loro diritti gli valse la simpatia delle categorie sociali più povere e marginalizzate, con le quali riuscì a stabilire affinità e intese. La stampa contribuì a formare l’immagine di un indigeno acculturato-esotico, ma si mise anche a servizio della FUNAI che tentò di togliergli credibilità: con toni spesso sarcastici, l’opinione pubblica venne bombardata da notiziole riguardanti la sua vita privata, e tendenti a mettere soprattutto in evidenza quanto smaliziatamente egli fosse integrato ai costumi dei bianchi. Con più di trentamila voti, nel novembre del 1982 Mário Juruna venne eletto deputato federale per lo Stato di Rio de Janeiro: per la prima volta un indigeno brasiliano entrava da parlamentare a far parte del Congresso Nazionale.
Instancabile fu il deputato Mário Juruna nel primo anno di mandato. La mole delle attività svolte e dei provvedimenti da lui presi spaventò la nazione. Nel suo gabinetto ricevette gli elettori dello Stato di Rio de Janeiro, gli affamati del Nordest, i leader e le delegazioni indigene provenienti dalle più disparate regioni del Paese. Visitò aree critiche. Ovunque si recò, ascoltò chi lo avvicinava. Andò a reclamare con le più alte sfere del potere in Brasília. Stabilì contatti diretti con il presidente della Repubblica, i ministri, il presidente della FUNAI. Attenti solo all’impatto dei suoi pittoreschi discorsi, i critici di Juruna non videro, e quindi non analizzarono, la varietà e ricchezza delle sue preoccupazioni quotidiane, che spaziarono dall’elezione diretta del presidente della Repubblica alla trasformazione delle leggi elettorali, dalla corruzione al debito estero. In relazione alla politica indigenista, avviò due progetti di legge di particolare rilevanza. Suggerì la creazione di una Commissione Parlamentare dell’Indio, che fosse permanente; la sola presenza di un rappresentante indigeno nella Camera dei Deputati rese la proposta incontestabile; ad ogni modo, il consenso dell’opinione pubblica sull’incompetenza e corruzione della FUNAI contribuì a far sì che la commissione fosse subito creata, divenendone, Juruna stesso, il primo presidente. La commissione sarebbe stata l’embrione dell’attuale Commissione di Diritti Umani e Minoranze della Camera dei Deputati. L’altro progetto di legge, poi approvato, previde la riformulazione della politica indigenista ufficiale e la ristrutturazione della FUNAI, determinando, ad esempio, che della direzione entrassero a far parte indigeni e indigenisti.
Già nel secondo anno del suo mandato di deputato, in ambito indigenista si cominciò a parlar poco di Juruna, mentre la stampa metteva sistematicamente in evidenza tutti gli episodi ambigui che lo riguardavano. Dietro sua richiesta, la moglie venne assunta dalla FUNAI; essendo finita la notizia sui giornali, fu indotto a chiedere che la donna, mai presentatasi al lavoro durante il mese di assunzione, venisse licenziata; calmatesi le acque, poco tempo dopo venne assunta di nuovo. Ammise, Juruna, di aver ricevuto tremila dollari dal pilota e amico del presidente della FUNAI, e si giustificò dicendo che gli erano serviti per partecipare a una riunione dell’ONU in Svizzera. Nello Stato di Bahia raggiunse una località, rivendicata dai pataxó-hã-hã-hãe, a bordo di un aereo noleggiato dai bianchi che accampavano diritti sulla stessa area, e provocò indignate reazioni dichiarando che coloro che stavano lottando per la terra non erano indios puri ma meticci. Le notizie divulgate fra il 1985 e il 1986 riguardano soprattutto finanziamenti impropriamente applicati da sostenitori di Juruna per trasportare e mantenere in Brasília indios della sua fazione; con loro prendeva posizione ora a favore ora contro le persone che, a ritmo incalzante, si avvicendavano nella presidenza della FUNAI. Non facendo più altro che eseguire le stesse manovre che all’inizio della sua carriera di politico aveva rimproverato ai corrotti funzionari della FUNAI, Juruna dava segni di essere giunto al capolinea. A fine mandato, quasi non si parlava più di lui. Durante uno di quei viaggi al sud che mi servivano per aggiornarmi, chiesi notizie di Juruna a un amico avvocato, consulente del Congresso Nazionale per la legislazione indigenista. Esauriente fu la risposta: “Venduto”. Non posso chiudere questo paragrafo con la terribile parola “venduto”, quindi concludo affermando che la presenza polemica di Juruna nello scenario politico nazionale ha scosso valori e preconcetti radicati, e ha energicamente avviato la riflessione sulla problematica delle diversità culturali all’interno di uno Stato nazionale contemporaneo. La speranza che indios e indigenisti avevano riposto in Juruna si è pur sempre trasformata in spazio di riconoscimento delle società indigene: fino a quel momento relegate, da oggetti, nell’ambito amministrativo, cominciavano creativamente a far parte del sistema politico dello Stato brasiliano.
Joênia Batista de Carvalho è nata il 20 aprile 1974 nel villaggio Truaru da Cabeceira. All’età di otto anni si trasferisce con la mamma nella capitale Boa Vista. Si iscrive alla facoltà di Diritto dell’Università Federale dello Stato di Roraima. Concluso il corso nel 1997, grazie a una borsa di studio raggiunge gli Stati Uniti e si specializza in Diritto Internazionale e Politiche Indigene nell’Università dell’Arizona. Come cognome adotta il termine che definisce la sua appartenenza etnica. Joênia Wapichana è la prima donna indigena a esercitare la professione di avvocato in Brasile. Inizia a lavorare nel CIR – Consiglio Indigeno di Roraima nella difesa dei diritti territoriali delle etnie presenti nello Stato e nella Regione Nord del Brasile. Nel 2004 riceve il Premio Reebok per la difesa dei diritti delle suddette etnie. Davanti al Supremo Tribunale Federale di Brasilia, nel 2008 Joênia difende la demarcazione, in soluzione continua, della Terra Indigena Raposa-Serra do Sol. Il tribunale riconosce tale diritto e lei passa a seguire tutte le fasi di questo importante processo, divenuto paradigmatico per la demarcazione di altre aree indigene. Nel 2010 è condecorata con l’Ordine del Merito Culturale del Ministero della Cultura. Nel 2013 è lei la prima presidente della neonata Commissione di Diritti dei Popoli Indigeni dell’OAB – Ordine degli Avvocati del Brasile.
Nel marzo del 2018 avviene la 47ª Assemblea Generale dei Popoli Indigeni di Roraima. I partecipanti valutano sia importante che i loro leader ricoprano ruoli politici e istituzionali. Il movimento indigeno organizzato di Roraima identifica in Joênia Wapichana la persona giusta per candidarsi alla Camera dei Deputati. Nelle elezioni di ottobre dello stesso anno, Joênia diviene la prima donna indigena deputata federale, a distanza di 32 anni dall’uscita di scena di Mario Juruna. È stata eletta al primo turno con 8.491 voti per la REDE – Rete Sostenibilità. Per il suo impegno nei confronti di temi legati al sociale, ai diritti umani, alla preservazione dell’ambiente, alla sostenibilità, ha riscosso molti voti anche tra la popolazione non indigena. Il 18 dicembre l’ONU le rende omaggio con il Premio di Diritti Umani 2018. Il 1º febbraio 2019 inizia il suo mandato. Il giorno 8 febbraio Joênia protocolla il suo primo progetto di legge, che considera efferati i crimini ambientali quando incidono gravemente sull’ambiente e mettono in pericolo la vita e la salute umana. Il 14 marzo l’OAB di Brasília le conferisce la Medaglia Mirtes Gomes, che rende omaggio alle avvocatesse particolarmente attive sul fronte giuridico nazionale, specialmente in difesa dei diritti delle donne. Sempre a marzo ha preso vita il Fronte Parlamentare Misto in Difesa degli Indigeni, alla cui creazione Joênia ha contribuito in modo determinante. Tra le vittorie già riportate dal fronte c’è la rispedita al mittente del provvedimento con cui l’attuale, scellerato, presidente del Brasile voleva affidare la demarcazione delle terre indigene al Ministero dell’Agricoltura; ministero che è il covo dei grandi proprietari terrieri, nemici tradizionali e spietati degli indigeni.
Concludo con un pensiero che vuole essere anche un augurio per i popoli indigeni brasiliani. La candidatura di Mario Juruna è stata voluta e appoggiata da Leonel Brizola e Darcy Ribeiro, due brasiliani più che illustri, ma Juruna non venne rieletto e per 32 anni gli indigeni sono scomparsi dal parlamento brasiliano. Ad eleggere Joênia Wapichana è stato il movimento indigeno organizzato. È lei la prima donna indigena divenuta deputata federale ma, ripeto, è solo la prima. Grazie anche alla formazione accademica cui accede un sempre maggior numero di indigeni, inarrestabile è divenuto il loro protagonismo in tutti i settori della vita della Repubblica Federativa del Brasile e della società brasiliana.
Bibliografia
Povos Indígenas no Brasil 1980/1981/1982/83/1984/85-86, Aconteceu especial, n. 6(4/81), n. 10 (4/82), n. 12 (4/83), n. 14, n.15, n. 17, CEDI, São Paulo.