“Penso che abbiamo sviluppato un buon piano aziendale” disse Kushner l’ebreo, genero e consulente del gigante biondo – governatore del mondo per conto delle lobby ebraiche – facendo riferimento al cosiddetto “deal of the century”.
I due si scambiarono uno sguardo d’intesa pregustando il banchetto che Bibi l’indagato avrebbe offerto in loro onore, grato di aver finalmente trovato la giusta ricetta per la capitolazione definitiva di ogni insopportabile pretesa di giustizia in Palestina.
“Ma dobbiamo tener conto di quanto dice il vecchio Greenblatt” sussurrò Kushner l’ebreo all’orecchio del governatore del mondo, che però lo scrutò con l’aria di chi è abituato a vincere a bowling e guarda bonariamente il giovinetto sceso in pista da poco che vorrebbe insegnargli una tecnica di lancio.
Ma Kushner l’ebreo – anche se il defenestrato Tillerson lo aveva definito ignorante di storia e facilmente raggirabile – sapeva il fatto suo e quindi aggiunse che il piano aziendale avrebbe dovuto essere mostrato a piccoli passi altrimenti, se esplicitato in modo chiaro e completo senza adeguata preparazione anestetizzante, avrebbe potuto determinare una catastrofe. Greenblatt l’ortodosso era stato chiaro su questo, e lui la faccenda la conosceva bene. Avvocato, educato presso college e università rigorosamente ebraiche, moglie psichiatra con la quale scambiava spesso opinioni, autore di un libro di viaggio di famiglia in Israele dove, magari, gli sarà pure capitato di incontrare qualcuno di quelli che seguitano a chiedere pace giusta in Palestina, aveva detto che il piano, se presentato senza opportune cautele “potrebbe provocare una reazione tanto violenta che potrebbero servire anni ad Israele per sedarla”. Aveva usato proprio queste parole, non si poteva non tenerne conto!
Ma il governatore del mondo aveva una convinzione incrollabile. Una cosa semplice, senza troppe elaborazioni, l’aveva già spiegata 2000 anni fa l’imperatore Vespasiano a suo figlio Tito. Certo, lui, il governatore, questi particolari non li conosceva, però c’era arrivato da solo: “pecunia non olet” era la sua convinzione e quindi, con quel bel mucchio di soldi che prima avevano ritirato per affamarli, quegli irriducibili noiosi sempre lì a chiedere diritti, ma che dopo gli avrebbero ridato, chiamando in gioco perfino la Cina per farli sbavare dietro alle leccornie che gli avrebbero proposto, tutto si sarebbe appianato. Tutto si sarebbe risolto con un bel mucchio di soldi arrivati dai più diversi donors, tutti interessati a farla finita con questa storia della Palestina, manco che fosse l’unico problema al mondo!
Comunque il governatore biondo voleva bene sia a Kushner l’ebreo che a Greenblatt l’ortodosso e li stimava entrambi, così aveva seguito il loro consiglio e aveva fatto uscire pizzino a pizzino il fantastico “deal of the century”.
Potremmo andare avanti così se fosse una commedia buffa, invece è una tragica beffa ai danni del popolo palestinese e del Diritto universale che, in quanto universale, o è per tutti o non è. Israele, o meglio i suoi valletti e i suoi padrini ci hanno insegnato, purtroppo, che il Diritto universale ha perso la sua universalità proprio grazie agli abusi impuniti e alle manipolazioni mediatiche con cui vengono coperti, ridicolizzando il ricorso ai diritti umani quando a violarli è Israele. Quindi torniamo seri e analizziamo la grande e mortificante truffa che la camarilla di Trump ha preparato per liquidare, non in nome del diritto ma con l’arroganza della forza, la “questione palestinese.”
La rivista Israel Hayom oggi ha pubblicato in forma articolata e precisa le linee del piano di Trump che già in modo frammentario giravano da oltre un mese. Pizzino a pizzino…
Basta un colpo d’occhio per capire che il “deal” offrirà addirittura il peggioramento dello status quo, ma lo offrirà in modo molto ben confezionato.
Sotto il nome di “Nuova Palestina” che non sarà neanche il fantasma di uno Stato, magari frammentato e ridicolo, no, neanche quello, sarà solo “un’entità”, termine ad uso poliedrico ancor meno consistente di “Autorità palestinese” e questa ineffabile “entità” nascerà solo dopo aver accettato che:
– gli insediamenti illegali sui territori palestinesi vengano legalizzati come israeliani (in spregio alla Ris. ONU 2334) e possano ancora accrescersi per unirsi gli uni agli altri;
– che il furto di Gerusalemme resterà tale e che la “Nuova Palestina” ne accetterà ufficialmente il controllo israeliano;
– che “l’entità” Nuova Palestina sarà priva di esercito nazionale e, anzi, tutte le armi comprese quelle personali dovranno essere consegnate a Israele per il tramite del sodale egiziano. Però, spiega il deal, la “Nuova Palestina” potrà essere protetta da aggressioni straniere semplicemente pagando per questo servizio un prezzo al suo protettore cioè, attenzione non è uno scherzo, cioè a Israele!
– che la valle del Giordano resterà sotto il controllo israeliano.
Dulcis in fundo, se i palestinesi accetteranno, avranno grandi regali come cibo, soldi, elettricità e tanti investimenti che li renderanno satolli e felici.
Ma se non accetteranno verranno privati di ogni sostegno finanziario e verrà impedito ad altri paesi di aiutarli. Leggere per credere! Inoltre il piano precisa che se l’Ap accetterà ma Hamas e/o Jihad no, gli USA aiuteranno Israele ad assassinare direttamente i singoli capi che non avranno accettato. Anche questo, a chi ancora s’illude che esista il Diritto, sembrerà impossibile, ma basta leggere il deal per perdere ogni illusione.
Si cerca di allettare i palestinesi promettendo due strade per la Giordania e l’apertura di check point per andare a lavorare in Israele (!) Si propone anche un’autostrada che colleghi la Cisgiordania a Gaza senza passare per Israele e il cui alto costo verrà in parte sostenuto dalla Cina.
Si offre tutto quello che si offrirebbe a un prigioniero da tenere in vita e da fiaccare nella sua dignità. Trump e Israele giocano sulla fame indotta dalle loro azioni. Alla Cisgiordania si danno tre mesi di tempo per collassare, Gaza è già al collasso. Gli infiltrati israeliani sono ovunque e ovunque seminano malcontento contro le leadership, oggettivamente senza neanche troppo sforzo! Il gioco è antico e chiaro ma quando un popolo è indebolito perde le difese immunitarie e il gioco rischia sempre di riuscire. Al momento i palestinesi si sentono ancora una volta umiliati e rispondono in massa “no” al piano Trump. Ma tra due mesi non lo sappiamo.
Intanto da Gaza e da Ramallah, per una volta, arriva all’unisono la stessa risposta: NO. Il primo ministro dell’AP, Shtayyeh dichiara: “Abbiamo diritto a uno Stato non a un business plan”. Gaza a sua volta, altrettanto seccamente afferma “Nessun compromesso sulla vita e la dignità dei palestinesi”.
L’AP ha anche rifiutato l’invito a partecipare al summit che si terrà il mese prossimo in Bahrein organizzato dagli USA, gli stessi che non sono più neanche formalmente arbitri ma palesi alleati e sostenitori dell’occupazione israeliana. A Jason Greenblatt, che forse per la sua stessa formazione socio-culturale sembra saper ragionare solo col metro monetario e che dichiara esserci “il potenziale per aprire un prospero futuro per i palestinesi”. Saeb Erekat ha risposto che “il pieno potenziale economico della Palestina può essere raggiunto solo con la fine dell’occupazione israeliana, rispettando la legge e le risoluzioni dell’Onu”.
Già li sentiamo i media mainstream e i sostenitori dell’illegalità israeliana, alcuni pigoleranno, altri tuoneranno, ma tutti all’unisono ripeteranno (come già fu nel caso della “generosa offerta” di Ehud Barak, giustamente rifiutata da Arafat) che i palestinesi hanno respinto il piano del secolo che il democratico Israele, invece, dando prova di buona volontà aveva accettato.
Avranno sicuramente letto anche loro, gli opinion maker, il “deal of the century” e quindi non avranno alibi se non quello di non avere la capacità di comprendere. Sappiamo a priori quale sarà il coro e non chiediamo più, con un filo di speranza, “ma non si vergognano?” Ormai sappiamo che la vergogna, i valletti del potere, l’hanno seppellita insieme alla dignità.