Oggi è la giornata mondiale contro l’omofobia. La data è stata scelta proprio perché il 17 maggio 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.
C’è bisogno di parlarne? Nel DNA di ogni essere umano non è ancora entrato il principio della non discriminazione del proprio simile in caso di diverso colore della pelle, idea politica, credenza religiosa o identità sessuale? Sembra proprio di no; a giudicare dati e notizie che giungono proprio oggi.
«Da un punto di vista morale, non c’è differenza tra il comportamento di un pedofilo e quello di una coppia omosessuale che desidera crescere dei figli. In entrambi i casi, il bambino è un oggetto, un elemento di piacere, uno strumento che contribuisce alla soddisfazione e all’autorealizzazione». Questa, ad esempio, è un’affermazione di due giorni fa del presidente dell’Assemblea nazionale ungherese László Kövér. La notizia è diffusa dal giornalista Dull Szabolcs redattore del giornale magiaro Index. Il politico – secondo quanto ancora riportato dalla stampa internazionale -, non contento, ha aggiunto come “un omosessuale “normale” si adatta al mondo piuttosto che considerarsi uguali agli altri.
La risposta non s’è fatta attendere: «un uomo che traccia un parallelo tra la volontà di costruire una famiglia da circondare con amore attraverso una procedura complicata e l’aggressione sessuale non è certamente competente in questioni morali», ha dichiarato al giornale Nepszava il politico gay dichiarato Zoltán Lakner.
Contemporaneamente, in Italia, Paese che sembra aver preso l’Ungheria come esempio da seguire, almeno secondo il leader del partito della Lega Matteo Salvini, c’è ArciGay che denuncia la «deliberata campagna d’odio da parte di forze politiche e gruppi neofascisti» che ha causato, solo negli ultimi dodici mesi, 187 casi di «persone LGBTI picchiate, derise, discriminate, vittime di ricatto, insultate», spesso in strada ad opera «da branchi o baby-gang», ma anche «in contesti scolastici». L’associazione pubblica un dettagliato Report dei casi raccolti dalla stampa nazionale.
E’ solo d’un paio di mesi fa la notizia che il piccolo stato del Brunei ha introdotto la pena di morte per lapidazione per i gay aggiungendosi alla lista degli altri nove paesi che già in qualche maniera puniscono penalmente l’omosessualità.
Dall’estero, comunque, giungono anche notizie positive: il quotidiano francese Le Figaro, ad esempio, proprio oggi, pubblica la notizia che la Federazione Rugby australiana ha rescisso il contratto da 2,5 milioni di dollari USA col famoso e pluricampione giocatore Israël Folau, cristiano evangelico, per aver pubblicato lo scorso 10 aprile, su Instagram, un post anche contro omosessuali («chi fa queste cose non erediterà il regno di Dio»). Il giocatore è stato pure escluso dalle convocazioni per la Coppa del Mondo.
In conclusione, c’è molto da fare nella lotta ad ogni forma di discriminazione ma nei paesi più avanzati culturalmente è presente un’attenzione al tema.