Vessazioni, maltrattamenti, offese e prepotenze sono comportamenti deviati purtroppo sempre più diffusi tra pari, attuati e subiti da bambini e adolescenti in Italia. Di recente, il 27 marzo, il presidente dell’ISTAT Gian Carlo Blangiardo ha presentato in un’audizione pubblica alla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, un’indagine su bullismo e cyberbulismo da cui emerge che più del 50 per cento dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ha subito episodi di bullismo da parte dei propri coetanei nei 12 mesi precedenti l’intervista.
La fotografia scattata dal presidente dell’Istituto nazionale di statistica è basata sui dati elaborati a partire dal 2014. In sostanza, un adolescente su cinque dichiara di aver subito prepotenze e comportamenti irrispettosi una o più volte al mese e nella metà di questi casi, ciò è avvenuto una o più volte a settimana, con un ritmo angosciante e asfissiante per chi subisce questi atti offensivi.
Le bambine e le giovani donne sono più bullizzate e discriminate rispetto ai coetanei maschi. L’indagine infatti evidenzia che oltre il 55 per cento delle giovani tra gli 11 e i 17 anni è stata oggetto di prepotenze qualche volta nell’anno, contro il 49,9 per cento dei loro coetanei maschi, mentre il 10 per cento delle ragazze subisce atti di bullismo una o più volte a settimana, contro l’8,5 per cento dei maschi.
Se le ragazze sono in numero maggiore vittime di bullismo, le reazioni alle violenze sono diverse: quasi la totalità delle ragazze ritiene utile rivolgersi ai genitori o agli insegnanti per chiedere aiuto, mentre fra i ragazzi si preferisce optare per quella che il presidente ISTAT ha definito “l’indifferenza come strumento di difesa”: il 43,7 per cento dei ragazzi ritiene sia meglio cercare di evitare la situazione, il 29 per cento che occorra lasciar perdere facendo finta di nulla e il 25,3 per cento cerca di affrontare il problema provando a riderci sopra.
Un altro punto di vista dell’analisi ISTAT considera la geografia del paese e rileva come le azioni vessatorie siano più frequenti nel nord Italia, dove le vittime di atti di bullismo rappresentano il 23 per cento degli adolescenti. Inoltre, si rimarca come il fenomeno del bullismo sia legato al contesto, più o meno sano, in cui i ragazzi vivono: tra i ragazzi che vivono in zone poco o per nulla disagiate si registra la quota più bassa di ragazzi e adolescenti che hanno subito atti prevaricatori da parte di coetanei.
Un altro capitolo della relazione ISTAT è dedicato al “bullismo fra le seconde generazioni” e ne emerge che i ragazzi stranieri subiscono in misura maggiore episodi di bullismo rispetto agli italiani. Le vittime più colpite appartengono alle comunità di filippini (42 per cento in più rispetto agli italiani), cinesi (32 per cento in più rispetto agli italiani), e gli indiani (27 per cento in più rispetto agli italiani), mentre i più “protetti” dal fenomeno provengono da famiglie albanesi e ucraine.
L’ISTAT ha comunicato alla commissione parlamentare che realizzerà a breve una nuova indagine su bambini e ragazzi al fine di acquisire altre informazioni sulle discriminazioni ed il bullismo: la vita scolastica sarà un tema centrale della ricerca, che dedicherà attenzione anche alla famiglia, al tempo libero, alle relazioni con i pari ed alle nuove forme di relazione sociale sperimentate attraverso l’uso dei social media.
A proposito di social media, questi sono il veicolo principale attraverso cui passano gli “sfottò” e le violenze psicologiche virtuali: in questo caso, il bullismo si fa in rete (ed è definito cyberbullismo) ma i suoi effetti sono quanto mai reali sulla vita dei ragazzi che lo subiscono. L’indagine ISTAT ha rilevato che i fenomeni di cyberbullismo hanno colpito il 22,2% di tutte le vittime di bullismo. Nel 5,9% dei casi si è trattato di azioni ripetute più volte al mese. Addirittura il 7% dei bambini tra gli 11 e i 13 anni è risultato vittima di prepotenze tramite cellulare o Internet una o più volte al mese.
L’ingenuità della giovane età spesso non è consapevole dei risvolti psicologici a cui può portare “un semplice sfottò”.
In questa sede voglio citare un esempio di contrasto al bullismo che mi ha colpita per la sua semplicità e originalità al tempo stesso, che proviene da oltreoceano e che è stato promosso da una giovane ragazza, Natalie Hampton, che è stata vittima di bullismo: a scuola veniva isolata e per un anno intero ha pranzato da sola nella mensa del liceo. Il momento del pasto è quello in cui c’è maggiore possibilità di essere emarginati o minacciati, così ha smesso di mangiare, pur di non subire ulteriormente atti di violenza. Supportata dalla famiglia, ha cambiato scuola e poi ha cercato di mettere la sua esperienza a frutto per aiutare altri suoi coetanei: a soli 15 anni ha creato una app per cellulari, Sit with us, che potesse aiutare i ragazzi soli ad integrarsi in gruppiattraverso degli “ambasciatori” con il compito di invitare altri studenti al proprio tavolo.
La famiglia e la scuola, in quanto gruppi sociali vicini agli adolescenti, acquisiscono un ruolo più che mai importante nella prevenzione e nell’educazione per contrastare questo fenomeno.L’attenzione da parte delle istituzioni in Italia è molto aumentata negli ultimi anni. Il 7 febbraio 2019 ad esempio, si è celebra la seconda Giornata Nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo, che integra il Piano Nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo a scuola dettato dal Ministero dell’Istruzione (Miur). L’evento ha seguito il Safer Internet Day del 5 febbraio, giorno dedicato alla sicurezza sulla rete: il legame tra queste due tematiche è molto intenso perché, constatando che 7 ragazzi su 10 si iscrivono ai social network prima dei 14 anni,la prevenzione ed il contrasto al bullismo passa anche da un uso più consapevole degli strumenti informatici.
Articolo di Lia Curcio