L’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) esprime sconcerto per le dichiarazioni del presidente dell’associazione organizzatrice della mezza maratona “Half Marathon Runners” di Trieste, secondo le quali non saranno invitati a partecipare alla gara atleti provenienti dal continente africano in ragione dello “sfruttamento” di cui sarebbero soggetti dalle agenzie che si occupano delle pratiche relative alla loro partecipazione alle gare.
L’ASGI ricorda come le norme del diritto sportivo e quelle dello stesso regolamento della gara non consentono discriminazioni fondate direttamente sulla nazionalità o sul continente di provenienza, né tanto meno, direttamente o indirettamente, sull’elemento etnico-razziale.
Le dichiarazioni ed il conseguente comportamento annunciato dal Presidente della “Half Marathon Runners Trieste” costituiscono pertanto una modifica unilaterale e, dunque, del tutto arbitraria, delle norme del diritto sportivo e dello stesso regolamento della gara che, preannunciando il mancato invito di atleti provenienti dall’Africa, fonda una inammissibile discriminazione direttamente basata sulla nazionalità e, indirettamente, anche sull’elemento etnico-razziale, in contrasto con il sistema internazionale dei diritti dell’Uomo, il principio costituzionale di uguaglianza, le direttive europee in materia di non discriminazione (direttiva 2000/78) e la stessa legislazione sportiva.
L’ASGI ricorda che un comportamento o una prassi suscettibile di determinare nei fatti una disparità di trattamento fondata indirettamente sul colore della pelle, costituisce una discriminazione vietata da norme anche internazionali (la Convenzione ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale) ed europee se non è sorretta da una finalità legittima perseguita con mezzi appropriati e necessari tali da soddisfare un requisito di proporzionalità.
A tale riguardo, se anche il fine proclamato fosse legittimo (la lotta all’asserito sfruttamento degli atleti africani da parte delle agenzie), i mezzi con i quali verrebbe perseguito (l’esclusione tout court degli atleti africani dalle gare) sarebbero incongrui e sproporzionati. E’ di tutta evidenza, infatti, che se vi sono situazioni di sfruttamento queste vanno superate intervenendo a sostegno degli atleti sfruttati e non precludendo loro la partecipazione a gare che, oltre a essere espressione del diritto di libertà che presiede anche all’attività sportiva, rappresentano una occasione per emergere e superare la situazione di sfruttamento che gli organizzatori dichiarano di voler contrastare.
Ugualmente, nella modalità in cui tale prassi o comportamento è stata presentata e messa in atto, la misura rischia di rafforzare atteggiamenti di esclusione e pregiudizio razziale sempre più diffusi socialmente nel nostro Paese, con l’ulteriore effetto negativo di stigmatizzazione nei confronti delle persone di origine africana che viene a prevalere sui proclamati ed asseriti obiettivi di pubblica utilità.
L’ASGI ricorda che sussiste discriminazione razziale per il fatto obiettivo dei risultati e delle conseguenze attese da un determinato comportamento, a prescindere delle intenzioni del soggetto che lo mette in atto.
Risultando evidente la natura discriminatoria e, dunque, illegittima, del comportamento annunciato, l’ASGI ha inviato all’associazione organizzatrice della gara una diffida a cessare il comportamento discriminatorio, così come inoltrerà appositi esposti sulla vicenda alla FIDAL, al CONI, all’UNAR (Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni Razziali c/o la Presidenza del Consiglio dei Ministri), così come si riserva di avviare un’azione giudiziaria antidiscriminazione presso il tribunale competente, chiedendo una sanzione effettiva, proporzionata e dissuasiva per la discriminazione operata, in linea con quanto previsto dalle norme antidiscriminatorie italiane ed europee.
L’attività sportiva- conclude ASGI – dovrebbe riflette i valori della fratellanza, della tolleranza, del rispetto del pluralismo e delle diversità e non certo veicolare messaggi divisivi e discriminatori tali da danneggiare la coesione sociale ed inficiare l’inclusione sociale dei soggetti appartenenti a minoranze sociali.