Come tanti altri campi in Libano, Siria, Giordania e Cisgiordania, Ein El-Hilweh è stato creato dal Comitato Internazionale della Croce Rossa nel 1948 per rispondere alla crisi di rifugiati palestinesi nata a seguito della guerra Arabo-Israeliana, che ancora oggi viene ricordata come al-Nakba (la catastrofe) e che quest’anno compie infelicemente 71 anni.
Il campo si trova vicino alla città di Sidone, nel sud del Libano, ed è il più grande di tutto il paese, con una popolazione che a seguito della guerra in Siria è arrivata ad ammontare a circa 80mila abitanti (fonte: UNRWA – fonti locali non ufficiali parlano addirittura di 120mila abitanti)
In generale tutti i campi in Libano hanno praticamente raddoppiato la propria popolazione a seguito dello scoppio del conflitto in Siria, ricevendo un flusso costante sia di rifugiati siriani che di rifugiati palestinesi “al quadrato”, ovvero quelle persone che sono state costrette ad un nuovo esodo e che hanno abbandonato quei campi in Siria nei quali erano state accolte ormai settant’anni fa.
Ein El-Hilweh è una sorta di microcosmo della scena politica palestinese, con tutti i partiti rappresentati ed attivi in diverse zone del campo.
Il conflitto siriano, oltre ad aumentare drammaticamente una densità di popolazione già troppo elevata, ha fatto sì che al campo riuscissero ad accedere anche gruppi estremisti.
Questi cambiamenti hanno destabilizzato ulteriormente una realtà sociale già sufficientemente ferita e frustrata, rendendo Ein El-Hilweh teatro di numerosi scontri nell’arco degli ultimi anni. Il campo è infatti l’unico nel quale la sicurezza è gestita da un’autorità palestinese super partes ed al quale le forze militari libanesi non hanno accesso, ma di cui controllano soltanto i flussi in entrata e in uscita.
La situazione dei rifugiati palestinesi in Libano è da sempre una questione irrisolta. Nuove generazioni di palestinesi nascono sul suolo libanese ed ereditano automaticamente dai loro genitori lo status legale di rifugiati, vedendo impedita già alla nascita qualunque integrazione all’interno della società – ai palestinesi è negata la possibilità di possedere qualunque tipo di proprietà nel paese e di lavorare legalmente in 20 professioni diverse (fonte: UNRWA).
Vi sono però gruppi di persone che reagiscono e che cercano, nei limiti del possibile, di emanciparsi e far sentire la propria voce. Questo è il caso di Tatreez Design, un brand sociale registrato presso il Ministero dell’Interno Libanese da 75 donne palestinesi sotto la guida di Sergio Cozár, uno spagnolo di Valencia che da ormai cinque anni vive e lavora in Libano.
Nato inizialmente come un progetto indirizzato alle donne palestinesi maggiormente vulnerabili socialmente – vedove o non sposate – si è col tempo espanso e strutturato come un brand che offre accessori e prodotti di moda caratterizzati da una reinterpretazione contemporanea del ricamo tradizionale palestinese – Tatreez in arabo significa per l’appunto ricamo.
Le donne, durante il loro lavoro, vengono guidate dalla designer libanese Riwa Baroud che le spinge ad oltrepassare limiti e tabù tradizionali, senza comunque snaturarli, ed a ripensare il ricamo palestinese allenando la creatività.
Con i guadagni dalla vendita dei suoi prodotti, Tatreez Design è riuscito a crescere, fornendo alle 75 donne coinvolte nel progetto un ritorno economico sempre maggiore, corsi di formazione, identità, coesione sociale ed un workshop in ciascuno dei 4 campi nei quali è presente in Libano.
Ein El Hilweh Camp
La storia del campo profughi
Unrwa
L’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi
Tatreez Design
Sito web di Tatreez Design