Dicono che il Corinthians non sia una squadra normale. Dicono che il Corinthians è una Torcida con una squadra, una Torcida da cui è nata una squadra. Una Torcida dalle cui viscere la passione per il calcio si è materializzata in squadra.
Torcida significa tifoseria. Torcida è l’insieme dei tifosi di una squadra. Lo so che non riesco a farmi capire: è come se dovessi descrivere il Sahara a un esquimese, mancano i punti di contatto culturale, mancano le parole, gli aggettivi adatti. Proviamo allora ad immaginare qualcosa di grande, grande in tutto, qualcosa che va al di là, oltre il campo da gioco, oltre lo stadio.
Era il giorno della finale di campionato. La notizia arriva a conferma di quello che temevamo: la morte di Socrates. Uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi lascia la vita per entrare nella Storia. Lo stadio intero a scandire ritmicamente il nome del campione che ci ha lasciato: Socrates, Socrates. Piazzati sul cerchio di metà campo, i giocatori a pugno chiuso, ripetono il gesto che gli abbiamo visto fare tante volte al momento del gol. Socrates, solenne e austero come un dio greco, braccio teso, pugno chiuso. Erano gli anni finali della dittatura militare, quando il serpente moribondo è ancora capace di mordere indiscriminatamente. Il Paese esigeva il ritorno degli esiliati, la ridemocratizzazione, il paese esigeva il diritto di voto: poter eleggere direttamente il presidente della repubblica. In prima fila sul palco dei gigantesco comizio, lui, Socrates: per due mondiali fu il capitano della Nazionale, la leggendaria Seleção del 1982 e quelle fantastica dell’86, protagonista sui campi di calcio, protagonista nelle vita civile della nazione.
Il Corinthians, la squadra delle masse, chiamata da tutti, avversari compresi, “O Timão”, Lo Squadrone, fu uno dei punti centrali su cui ruotava l’asse politico del paese. I suoi giocatori inventarono la “Democrazia Corinthiana”, un modello di gestione collettivo nel quale il voto della donna della pulizie valeva quanto quello di Socrates, l’opinione del portinaio quanto quella dell’allenatore. Il popolo abbracciò l’idea. Torcida e Squadra, torcida popolo e squadra. Brasile torcida popolo e squadra. Il giorno della morte di Socrates, giocatori a pugno chiuso, il suo nome scandito dallo stadio e dal paese intero in lacrime. Oggi la Democrazia Corinthiana torna a far sentire la sua voce, prende nuovamente posizione. Tacere non si può. Davanti a noi abbiamo lo stato maggiore dell’esercito, la minaccia esplicita alla convivenza democratica, ai diritti popolari, alla dignità delle donne e delle minoranze etniche. Abbiamo gli spari dell’esercito su cittadini inermi, abbiamo il progetto di potere che si concretizza nella svendita del patrimonio nazionale, nei licenziamenti in massa, abbiamo la soppressione dei comitati popolari e di ogni politica di ausilio e inclusione sociale. Era una promessa di campagna elettorale che ora si sta realizzando. Una barbarie indescrivibile a cui ormai il mondo si sta abituando troppo facilmente. Si lasciano morire in mare i naufraghi perché “prima gli italiani”. Si minacciano e si offendono i Rom che “purtroppo ce li dobbiamo tenere”. Si vuole armare la popolazione perché possa farsi giustizia da sola. Si usano le garanzie democratiche, il voto, il parlamento, per poi abbattere e negare quei diritti che consideriamo intoccabili e inalienabili. E invece stiamo a guardare, come se fosse normale che un leader inciti all’odio etnico, al disprezzo, al “loro contro di noi”. Matteo Salvini e Jair Bolsonaro: la stessa faccia, le stesse frasi, le stesse parole, la stessa violenza. Il primo in modo più blando; il secondo viscerale, intestinale, animalesco. Li accomuna il disprezzo per l’altro. Li accomuna la popolarità che riscuotono proponendo soluzioni immediate per ogni problema. Li accomuna la diabolica capacità di elevare i bassi istinti alla categoria di valori, risvegliare i peggiori sentimenti, le peggiori sensazioni. Chi pensa che il calcio sia un fenomeno alienante, non ha mai letto gli scritti di Eduardo Galeano, dell’argentino Osvaldo Soriano, del messicano Juan Villoro. Chi afferma che lo sport sia il vero oppio dei popoli ignora la poesia di Umberto Saba, le riflessioni di Quique Peinado e i racconti di Nelson Rodrigues. Chi sostiene che il calcio sia responsabile per la massificazione di un popolo bovino, non conosce la Torcida del Corinthians.
Oggi come allora, entra letteralmente in campo e fa sentire la sua voce. Oggi, come sempre, prende posizione a favore della sua gente. È conosciuta come la Fiel Torcida, la tifoseria fedele, quella che continua ad incitare la squadra fino all’ultimo minuto anche se perde tre a zero e alla fine ne applaude l’impegno. La Torcida fedele alla sua squadra sì, ma anche al suo passato, agli ideali su cui si basava la Democrazia Corinthiana. Durante la campagna elettorale il vecchio fondatore della Fiel chiama a raccolta i suoi, e per il bene del paese li invitava a riflettere. E oggi, durante la finale di campionato, gli striscioni inneggiano ancora una volta alla democrazia e ai valori della libertà conquistata col sangue, e i volantini distribuiti parlano chiaro.
Siamo una Torcida che difende i diritti del nostro popolo e non possiamo lasciare che i nostri rappresentanti siano contro di noi e contro tutto quello per cui abbiamo lottato. La Storia insegna che col fascismo non si discute. Il fascismo si combatte. La democrazia è nostra, la democrazia non appartiene alla violenza della sopraffazione e neppure alla maggioranza degli elettori quando la loro politica è basata sulla violenza. Se la democrazia rappresentativa è agli sgoccioli, ecco allora che ciascuno di noi ha il diritto-dovere di intervenire. Il momento è adesso, se aspettiamo ancora, dopo sarà troppo tardi. È il momento di reagire, nel nostro ambiente di lavoro, al bar, in ascensore con i vicini di casa, dovunque a parole o a gesti siano attaccati i valori in cui crediamo. Siamo davanti alla minaccia di rottura del tessuto sociale da parte di forze che non esiterebbero un minuto per farci sparire e annientarci fisicamente. Per la libertà, per la nostra dignità di uomini liberi non possiamo avere paura, è il momento di dichiarare la nostra posizione a chiunque: che sia chiaro a tutti da dove veniamo, che sia chiaro a tutti da che parte stiamo. Come la Torcida del Corinthians.