Pressenza ha intervistato Javier Arcentales Illescas, Consigliere per la Mobilità umana presso l’Ufficio del Difensore civico dell’Ecuador, un’istituzione che oggi si è pronunciata sulla detenzione di Julian Assange presso il consolato dell’Ecuador a Londra. Ecco l’intervista..
P: Il Cancelliere ecuadoriano, la Ministra dell’Interno e i rappresentanti del governo hanno detto oggi in una conferenza stampa che la decisione di allontanare Julián Assange dall’ambasciata di Londra è conforme alla legge e hanno citato alcuni strumenti giuridici, indicando che Assange non ha rispettato gli accordi della Convenzione di Caracas. Qual è la sua posizione riguardo a questa affermazione?
J.A: Uno dei principali elementi di preoccupazione riguardo la decisione del governo è proprio la mancata osservanza del giusto processo, in particolare dell’articolo 81 della Legge Organica sulla Mobilità umana in vigore in Ecuador, che indica il prAocedimento per la revoca della nazionalità di una persona di un altro paese che si trovi qui o che sia stata nazionalizzata come ecuadoriana. Secondo la LOMH [Ley Orgánica de Movilidad Humana], la persona deve avere precedentemente ricevuto la notifica, avere avuto la possibilità di argomentare a fronte di tale notifica, deve esserci una decisione motivata e la persona deve avere la possibilità di rispondere a tale motivazione. A quanto pare, nulla di tutto questo si è verificato nel caso di Julian Assange. Anche nella sua presentazione all’Assemblea, di fatto, il cancelliere non l’ha giustificato. Pertanto, ci sarebbe una violazione del giusto processo così come indicato nell’art. 81 della nostra Legge, anche al di là di altre norme internazionali in materia di diritti umani.
Proprio la Commissione interamericana e la Corte interamericana dei Diritti dell’uomo hanno affermato che le garanzie del giusto processo devono essere rispettate durante tutto il processo che comporti la perdita della nazionalità o del riconoscimento della personalità giuridica di una persona, e in questo caso sembra che ciò non si sia ancora verificato.
Ci preoccupa anche la questione dell’asilo, perché sebbene Julian Assange si trovasse sotto la figura dell’asilo diplomatico, disciplinato dalla Convenzione di Caracas, non è meno vero che si tratta di una persona bisognosa di protezione internazionale e, pertanto, ci sono diversi principi da rispettare: il non respingimento, per esempio. La condizione di una persona che necessita di protezione internazionale implica la garanzia del suo diritto alla vita, alla libertà o all’integrità, perché si tratta di diritti a rischio. Pertanto, al fine di ritirare la condizione di asilo, il governo ecuadoriano avrebbe dovuto effettuare un esame rigoroso che consentisse di determinare che nessuno di questi diritti sarebbe stato a rischio. Questo esame non è stato ottemperato dal governo.
P: Il presidente Moreno, nella sua dichiarazione ufficiale, ha detto che il governo aveva richiesto al governo britannico che Assange non venisse inviato in nessun paese dove avrebbe potuto subire torture o la pena di morte. Il governo ecuadoriano può chiedere una cosa del genere al Regno Unito?
J.A: Dal momento in cui Assange viene allontanato dal consolato ecuadoriano, lo stato ecuadoriano non ha nessuno strumento per garantire la libertà, la vita e l’integrità di Julian Assange. Quindi, questa è fondamentalmente una dichiarazione di buone intenzioni. Lo Stato ecuadoriano non può dire al Regno Unito “non hai fatto quello che mi hai promesso”, non avrebbe alcun senso. Non esiste un meccanismo che consenta di esigere un tale impegno.
P: La decisione dell’Ecuador può avere conseguenze per il paese, al di là dell’opinione pubblica, di fronte alle organizzazioni internazionali?
J.A: Io direi di sì. Potrebbe esserci una responsabilità dello stato, in particolare proprio per tutte le violazioni al giusto processo e ad altri standard internazionali. Ciò potrebbe comportare osservazioni sia da parte degli organismi delle Nazioni Unite che del Sistema Interamericano. Questo dipenderà anche dai percorsi che la difesa di Assange deciderà di intraprendere, ma per come stanno ora le cose, le carenze dello Stato ecuadoriano potrebbero implicare una responsabilità internazionale.
P: C’è qualche possibilità di invertire ciò che è accaduto, da un punto di vista giuridico? Quali sono le alternative che Assange potrebbe avere?
J.A: Le alternative che Julián Assange ha ora sono molto poche, ed è anche giunta la notizia che sia già stato processato da un tribunale del Regno Unito. Il suo spazio di manovra si sta riducendo. Forse gli organismi per i diritti umani in Europa possono essere un’alternativa.
P: Qual è la posizione di fondo dell’Ufficio del Difensore Civico in merito a tale situazione?
J.A: I punti centrali sono una preoccupazione per l’assenza di garanzie del giusto processo e preoccupazione per l’uso della questione della sovranità come forma di violazione dei diritti. Stiamo mettendo enfasi sul fatto che l’adozione di decisioni sovrane da parte di uno Stato non può mai implicare la violazione dei diritti umani di nessuna persona, tanto meno di una persona che lo stato ha dichiarato soggetto di protezione internazionale.
Stiamo dicendo che avrebbe dovuto esserci una rigorosa valutazione dei rischi che comportava il porre fine all’asilo o alla fine valutare la possibilità di contattare un altro stato che potesse accoglierlo, per quanto complesso potesse essere.
Traduzione dallo spagnolo di Matilde Mirabella