In seguito alla morte violenta di 115 persone, uccise durante un attacco a un villaggio, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha accusato il governo del paese africano di essere corresponsabile di quanto accaduto. Da mesi la violenza tra Dogon e Peulh è in aumento e il governo ha ignorato l’allarme lanciato sia dalle associazioni per i diritti umani sia dalle Nazioni Unite. Di fronte alla crescita della violenza, il governo non può continuare a fare da spettatore inerte
mettendo così a rischio la sicurezza in tutto il suo territorio nonché rendendo inutile ogni sforzo fatto per la stabilizzazione del paese. Nel 2018, 209 persone sono morte durante 58 attacchi di Dogon ai nomadi Peulh e circa 14.000 persone sono in fuga dalla violenza.
L’aggressione finora più grave si è avuta lo scorso 23 marzo quando il villaggio di Ogossagou nel distretto di Bankass (regione di Mopti) è stato accerchiato e attaccato da cacciatori Dogon. La maggior parte della popolazione del villaggio è stata uccisa, dopodiché le milizie Dogon hanno dato fuoco a quasi tutte le case del villaggio. Il massacro costituisce un triste e drammatico colpo agli sforzi fatti per la stabilità e la pace nel paese. La situazione di sicurezza si sta pericolosamente aggravando nel Mali centrale e non può continuare ad essere ignorata. E’ fondamentale che l’esercito e le forze di sicurezza del Mali siano maggiormente presenti sul territorio e fermino sul
nascere ogni aggressione violenta dei Dogon contro i Peulh.
Lo scorso 26 gennaio diverse migliaia di manifestanti erano scesi in strada nella capitale Bamako per esigere la fine delle aggressioni violente dei Dogon. I manifestanti hanno accusato le istituzioni di minimizzare la violenza delle milizie dei cacciatori Dogon poiché i Peulh, chiamati anche Fulani, vengono considerati sostenitori degli estremisti islamici. L’APM ricorda che tutti i cittadini e le cittadine del paese hanno il diritto ad essere protetti nella stessa misura. E’ scandaloso come si tenti di stigmatizzare un intero gruppo di popolazione accusandolo di essere in toto sostenitore di gruppi
terroristici. Purtroppo è una costante che persone appartenenti ai Peulh vengano arrestate solo in base alla loro appartenenza etnica. Molti degli arrestati non sono sopravvissuti al fermo e sono stati uccisi prima ancora di subire un processo.
Da secoli i popoli dei Dogon e dei Peulh sono in lotta tra di loro per il controllo dei pascoli e della terra coltivabile. Le conseguenze del cambio climatico e il venir meno di altre risorse non hanno fatto altro che aggravare il conflitto.
Se in passato le contese venivano risolte dai leader tradizionali dei due gruppi, oggi le strutture tradizionali hanno perso di importanza a causa delle nuove aree di competenza amministrative, e molti conflitti vengono ormai disputati con le armi. I gruppi terroristici di stampo islamico tentano di sfruttare i conflitti pre-esistenti e cercano di fare proselitismo tra i Peulh. Se il governo del Mali non inizia finalmente a prendere sul serio i problemi che affrontano i Peulh e a tenere in conto le loro richieste di sicurezza, sviluppo e partecipazione, il Mali centrale non potrà trovare pace.