Dopo le spaventose stragi effettuate con le bombe su Hiroshima e Nagasaki del 6 e 9 agosto del 1945 si poneva l’esigenza di redimere l’immagine del fungo atomico sfruttando al tempo stesso la nuova forma di energia per fini economici: così nel 1953 gli Stati Uniti lanciarono la campagna “Atomi per la Pace” per la costruzione in tutto il mondo di reattori nucleari destinati a convertire l’energia termica prodotta dalla fissione nucleare in energia elettrica1. È passata alle storia l’avventata ma eloquente affermazione del Presidente dell’Atomic Energy Commission, Lewis Strauss, nel 1954 che l’energia prodotta sarebbe stata “Troppo economica per essere misurata”!
Così le compagnie nucleari statunitensi promossero in tutto il mondo occidentale programmi per la costruzione di reattori nucleari di potenza, ovviamente venduti praticamente “chiavi in mano” (cioè con briciole di ricadute tecnologiche per il paese acquirente, vincolato alla dipendenza dagli USA), anche se l’avvio di programmi nucleari in ogni paese comportava lo sviluppo di una grande e complessa infrastruttura2 (senza dilungaci sul fatto che non pochi governi cullavano, e gli USA alimentavano, l’illusione di passare poi alla realizzazione della bomba nucleare).
Era necessario quindi avallare l’idea che il rischio di un incidente nucleare grave fosse assolutamente trascurabile: così nel 1975 un pool di esperti elaborò per la Nuclear Regulatory Commission un rapporto (noto anche come «Rapporto Rasmussen») che – per sintetizzare l’affermazione più eclatante – valutava la probabilità che si verifichi il meltdown (fusione del nocciolo) in 1/20.000 per reattore all’anno, e la probabilità che nell’incidente si verifichino rilasci radioattivi significativi nell’ambiente esterno in 1/100, per cui in totale la probabilità di un meltdown nucleare con contaminazione esterna sarebbe stata di 1/1.000.000, cioè l’evento dovrebbe verificarsi solo una volta in un milione di anni. Questa previsione circolava un po’ come una barzelletta negli ambienti anti-nucleari: nessun artefatto umano, soprattutto complesso, aveva mai mostrato un tale livello di sicurezza.
Infatti, non l’avessero mai detto! Quattro anni dopo, il 28 marzo del 1979, si innescò in uno dei due reattori della centrale di Three Miles Island, situata presso la cittadina di Harrisburg in Pennsylvania, una sequenza di guasti e malfunzionamenti che portarono proprio all’incidente nucleare più grave possibile: appunto la, sia pure parziale, fusione del nocciolo! Gli Stati Uniti rimasero per giorni col fiato sospeso perché all’interno del contenitore primario si formò una grande bolla di vapore – idrogeno, ossigeno e gas di fissione – rischiando di farlo esplodere per sovrappressione interna! Vennero comunque rilasciate 189 tonnellate di acqua contaminata anche da prodotti di fissione nell’edificio ausiliario, che era in contatto con l’ambiente esterno.
L’impressione per l’incidente di Three Mile Island fu ingigantita anche perché sembrò quasi la trasposizione nella realtà de La Sindrome Cinese, il film interpretato da Jane Fonda, Jack Lemmon e Michael Douglas uscito proprio una decina di giorni prima che parlava proprio di un incidente nucleare.
La fiducia nell’energia nucleare subì un durissimo colpo e diede maggior fiato ai movimenti anti-nucleari, anche se non scalfì l’inossidabile (interessata?) fiducia dei nuclearisti. Gli effetti dell’incidente sulle politiche energetiche del paese furono drastici: gli USA per oltre trent’anni non approvarono la realizzazione di nuove centrali nucleari!
Ma i colpi si susseguirono inesorabili. Appena tre mesi e mezzo più tardi, il 16 luglio 1979, collassò un argine di un bacino a Church Rock, nella nazione Navajo, che conteneva una miscela di acqua contaminata da residui di lavorazione dalle miniere nelle quali il popolo Navajo era largamente impiegato senza informazioni e protezioni adeguate nell’estrazione del minerale di uranio: perché, a fronte dell’energia “troppo economica per essere misurata”, gli spaventosi costi sanitari ed ambientali sono stati riversati su popoli sfruttati, ieri i Navajo, ancor prima le popolazione del Congo (allora Belga) che estrassero l’uranio fornito agli USA per il Progetto Manhattan, oggi le popolazioni del Niger per i programmi nucleari della Francia.
Un rosario di disastri, pregressi (occultati) e futuri
In realtà la storia dell’energia nucleare era lastricata dai suoi primordi da una sfilza di disastri di gravità eccezionale, ma che erano stati occultati al grande pubblico: altrimenti l’energia nucleare sarebbe stata arrestata sul nascere a furor di popolo! Ma la notizia di Three Mile Island dilagò in tutto il mondo.
Basterà ricordare3: lo spaventoso incidente in Gran Bretagna nell’ottobre 1957 nel reattore nucleare militare a Windscale (ora Sellafield) in uno dei reattori costruiti per produrre plutonio militare, tenuto nascosto alla popolazione locale e al mondo per 30 anni, e valutato oggi molto più grave di quanto fosse stato considerato4 (nel novembre 1983 la centrale di Sellafield tornò agli … orrori della cronaca per aver scaricato rifiuti nucleari nel Mare d’Irlanda).
Poi gli spaventosi in disastri nella centrale di Mayak, in URSS, anch’essa per produrre plutonio militare: nel 1957 esplose un serbatoio di rifiuti radioattivi – cesio, stronzio, e anche plutonio – formando una nube radioattiva che coprì un’area di circa 23.000 chilometri quadrati e sprigionando, sembra poiché l’incidente rimase altamente segreto, il doppio dei radionuclidi dell’incidente di Chernobyl5.
Gli Stati Uniti prima di Three Mile Island non erano stati da meno: nel 1952 un incidente in un reattore aveva provocato 4 morti accertati; il 10 marzo 1956 un bombardiere B-47 precipitò nel Mediterraneo con a bordo due capsule di materiale fissile per la realizzazione di bombe nucleari.
Poi, per tagliar breve, vennero (limitandomi a quelli più gravi) il disastro di Chernobyl del 26 aprile 1986 (www.pressenza.com/it/2018/04/26-aprile-non-dimentichiamo-la-tragedia-chernobyl/), e quelli multipli di Fukushima dell’11 marzo 2011 (https://www.pressenza.com/it/2019/03/otto-anni-fa-fukushima-la-fine-quando/ ).
Le conseguenze dell’incidente di Three Mile Island? Certezze ufficiali, controversie, e domande senza risposta
A scopo cautelativo venne poi evacuata ad Harrisburg la popolazione più sensibile, come donne in gravidanza e bambini, che si trovavano nel raggio di cinque miglia dalla centrale.
La versione ufficiale sulle conseguenze sanitarie dell’incidente di Three Mile Island, che si insiste a dare ancora oggi, è che esso non ha avuto nessuna conseguenza esterna, sulla salute della popolazione: questa versione è stata ripetutamente contestata da studiosi autorevoli, con il supporto di dati, e la denuncia esplicita del cover-up ufficiale. Ma sembra uno dei soliti dialoghi fra sordi.
Il primo a contestare la versione ufficiale fu l’esperto Ernest Sternglass6 (direttore del Radiation and Public Health Project), il quale stimò in alcune decine di migliaia le morti indirette causate negli USA dai rilasci in atmosfera della centrale di Three Mile Island: fu naturalmente criticato.
Uno studio dell’Università del North Carolina del 1997 sosteneva di «avere riscontrato dopo il 1979 un impressionante aumento dell’incidenza dei casi di cancro nella zona sottovento rispetto alla centrale … dovremmo considerare i dati di nuovo … Sarei il primo a dire che il nostro studio da solo non dimostra che vi furono esposizioni ad alti livelli di radiazioni, ma fa parte di un corpo di evidenze che è consistente con alte esposizioni»7. Anche questo studio naturalmente fu criticato.
Nel 1998 la grande esperta ambientalista Rosalie Bertell (1929-2012) – una specialista di ricerche sul cancro, certamente non allineata – ha presentato un esposto circostanziato, On Ongoing Cover-up of the Three Mile Island Accident, accusando del cover-up l’allora presidente Jimmy Carter8.
Rinvio chi fosse interessato a una trattazione generale e sistematica ma ampiamente accessibile, al volume del 2011: Angelo Baracca e Giorgio Ferrari, SCRAM, ovvero La Fine del Nucleare, Jaca Book, Capitolo 9, Sicurezza e incidenti.
1 Reattori nucleari, è opportuno ricordare, che dal 1942 (anno della cosiddetta “Pila di Fermi”) erano stati costruiti per il solo fine di produrre plutonio per le bombe. Nel 1954 fu varato il primo sommergibile a propulsione nucleare, il Nautilus (che riprendeva il famoso libro di Verne Ventimila Leghe sotto i Mari).
2 Vale la pena ricordare en passant che sulle prime l’Italia brillò, ordinando senza nessun programma coerente (ma soprattutto per la competizione delle industrie elettriche private nell’opposizione alla nazionalizzazione dell’energia elettrica del 1962) ben tre reattori nucleari, che verso il 1964-12965 entrarono in funzione nel Garigliano, a Latina e a Trino Vercellese, catapultando il paese al terzo posto nel mondo! Si veda A. Baracca, G. Ferrari, M. Gerlini e R. Renzetti, The “go-and-stop” of the Italian civil nuclear programs, among improvisations, ambitions, and conspiracies, Fisicamente, http://www.fisicamente.net/SCI_SOC/index-1861.htm.
3 È molto istruttiva ad esempio la rassegna di R. Renzetti che elenca ben 130 incidenti, fino al 2007: Alcuni incidenti nucleari (alcuni poco noti), http://www.fisicamente.net/SCI_SOC/index-1065.htm
4 Vedi ad esempio O. Mannucci, Windscale (ora Sellafield): il peggiore incidente nucleare della storia britannica tenuto nascosto alla popolazione locale e al mondo per 30 anni, 28.03.2011, http://olivieromannucci.blogspot.com/2011/03/windscale-ora-sellafield-radiazioni.html. A. Iacutelli, Radiottività a Sellafield: è mistero?, 4.02,2014, http://cronachelodigiane.over-blog.it/article-radioattivita-a-sellafield-e-mistero-di-alessandro-iacuelli-122393573.html.
5 A. Bertaglio, nel 1957 a Mayak la catastrofe nucleare più grave della storia, La Stampa, 08.02.2014, https://www.lastampa.it/2014/08/02/scienza/nel-a-mayak-la-catastrofe-nucleare-pi-grave-della-storia-m6aXfFRY5453g6duIgF41K/pagina.html.
6 Ernest J. Sternglass, Secret Fallout. Low-Level Radiation from Hiroshima to Three Mile Island. McGraw-Hill Book Company, 1981; si veda anche la lunga intervista a Sternglass, «Phone interview with Dr. Ernest J. Sternglass», 11 novembre 1992, http://www.ratical.org/radiation/inetSeries/ejs1192.html ; inoltre Jay M. Gould, Benjamin A. Goldman, Deadly Deceit: Low-level Radiation, High-level Cover-up, Four Walls, Eight Windows, 1990. Per le critiche a Sternglass si veda ad esempio: Robert Hooloway, «Killing our own. Did people die from Three Mile Island?», http://www.ntanet.net/threemile.html .
7 Stephen Wing et al., «A Re-Evaluation of Cancer Incidence Near the Three Mile Island Nuclear Plant», Environmental Health Perspectives, vol. 105, no. 1, pp. 52-57 (1997), http://www.super70s.com/super70s/news/1979/march/28-three_mile_island.asp .