La questione fin dall’inizio è stata la democrazia. Democrazia reale contro democrazia formale.
Sull’esito del referendum. Dal 48% al 52%. Un giorno prima, un giorno dopo, prima di pranzo o dopo pranzo? Qualsiasi statistico degno del suo nome sarebbe in grado di mettere in guardia sui pericoli di prendere grandi decisioni basate su una maggioranza “semplice”. Una nazione divisa? Quelle surprise! Una vera democrazia fisserebbe un limite e richiederebbe almeno 2/3 della maggioranza per una decisione così importante.
E che dire del cosiddetto “tradimento” del popolo se venisse indetto un altro referendum? Che dire del tradimento della “minoranza” del 48% le cui opinioni sono considerate irrilevanti dalla fazione del “brexit means brexit”?
Una vera democrazia è inclusiva. Una vera democrazia dà voce a tutti i suoi cittadini. Una vera democrazia riconosce l’importanza delle minoranze e la necessità di fornire loro le protezioni che corrispondono al loro diritto di essere rappresentati.
E che dire di quegli infami “accordi commerciali” che per noi è così importante poter fare senza che le nostre mani siano legate da quei fastidiosi europei? Dove sarà la democrazia quando gli accordi saranno conclusi a porte chiuse, “per ragioni di riservatezza commerciale”.
Cerchiamo di essere chiari: gli accordi di libero scambio vengono negoziati alle spalle dei cittadini. Non c’è spazio per la democrazia o per il popolo. Solo il denaro e quei poveri investitori che rischiano così tanto a vantaggio di….. ….!
Gli accordi di libero scambio genereranno benefici commerciali nulli o minimi rispetto a quelli che abbiamo già con l’UE, e imporrebbero nuove regole e regolamenti che limiterebbero la possibilità di decidere sovranamente le politiche da attuare nel paese. Riprendere il controllo?
Gli accordi di libero scambio in realtà non si riferiscono solo al commercio, ma stabiliscono garanzie per gli investitori, cioè le società transnazionali e gli speculatori che cercano di assicurarsi e aumentare i loro profitti. Tra queste società ci sono l’industria farmaceutica, le società di tecnologia dell’informazione, le società energetiche, le società minerarie, l’agroindustria, per non parlare dei fondi di investimento, dei fondi speculativi e di altri che cercano di ottenere in questo modo ciò che non ottengono attraverso il parlamento o in tribunale. Pollo clorurato? Non avete ancora visto niente.
Questi trattati di “libero scambio” generalmente violano la sovranità nazionale stabilendo una sorta di governo d’impresa transnazionale che supervisiona le leggi e le politiche pubbliche, con il pretesto di generare “coerenza normativa”.
Nell’area del cibo i trattati hanno un impatto sull’accesso alle sementi e ad alimenti sani, generando aumenti dei prezzi e scarsità che mettono a rischio l’agricoltura e la biodiversità. Essi criminalizzano le tradizioni di libero scambio, riproduzione e conservazione delle sementi, a favore delle grandi aziende biotecnologiche transnazionali, creando le condizioni che genereranno un aumento della migrazione rurale e assicureranno l’espansione delle colture transgeniche e delle piantagioni, con il loro pacchetto tecnologico di prodotti agrochimici, con gravi conseguenze per la salute delle persone, contaminando cibo, acqua ed ecosistemi.
I malati di cancro e le persone affette da HIV avranno maggiori difficoltà a ottenere i medicinali, e la redditività dei prodotti farmaceutici più comuni sarà a rischio a causa dell’aumento dei prezzi dei farmaci. Per non parlare della privatizzazione del SSN per mano delle grandi case farmaceutiche e della necessità di aprire i mercati e di evitare la concorrenza sleale.
I trattati tendono a estendere la durata del diritto d’autore impedendo che la “proprietà intellettuale” venga utilizzata a beneficio di nuove creazioni culturali. I fornitori di servizi Internet saranno obbligati a identificare in tribunale coloro che eludono le cosiddette “misure di protezione tecnologica”, che sono gli ostacoli digitali imposti dalle imprese. Ciò impedirà anche l’accesso all’informazione da parte di ricercatori indipendenti o innovatori sui prodotti delle imprese transnazionali, poiché questi prodotti sono sempre protetti come proprietà intellettuale.
Ma la vera democrazia non riguarda solo quale sistema di voto ci favorisce di più in qualsiasi momento. Si tratta anche dell’informazione e dei media che la forniscono. Dove sono i media “veri” che ci sostengono, che si sforzano di darci informazioni reali piuttosto che quelle contaminate dagli interessi finanziari di cui sono al servizio? Dov’erano i media “veri” durante la campagna referendaria?
Non perdiamoci nel regno del secondario. Portiamo in primo piano le questioni reali, con un’informazione reale e un dibattito aperto. Cerchiamo di essere responsabili e affidabili. Cerchiamo di avere una vera democrazia, non una democrazia formale. Di avere dei media veri al servizio dell’informazione e della gente. Mettiamo l’essere umano comune al centro della nostra lotta per creare un mondo migliore.
Jon Swinden
Traduzione dall’inglese di Silvia Nocera
Nota della redazione: l’autore fa riferimento, quando parla del “regno del secondario”, a una critica al neoliberismo che Silo sviluppa nel suo “Lettere ai Miei Amici. Sulla crisi personale e sociale” edito in italiano da Multimage.