Documento approvato all’unanimità dal direttivo del comitato provinciale dell’ANPI di Roma nella seduta del 2 marzo 2019
La crisi economica, politica, sociale, culturale e del diritto interno e internazionale che attraversa da oltre un decennio le nostre società contemporanee, ha portato, nel quadro della più generale crisi della democrazia, alla riemersione di istanze regressive da sempre presenti nel corpo sociale ma finora tendenzialmente assorbite in uno spazio pubblico ad egemonia liberale.
La progressiva erosione e frattura del quadro internazionale definitosi negli anni post Guerra Fredda ha inoltre finito per aumentare la destabilizzazione geopolitica globale determinando guerre e conflitti in ogni area del pianeta con conseguenti movimenti di popolazioni da un paese all’altro e da un continente all’altro.
La fase politica e sociale che attraversiamo è tra le peggiori e più pericolose che la nostra Repubblica abbia mai vissuto. Al governo del paese ci sono attualmente forze politiche che non hanno nel loro retroterra politico e culturale i valori dell’antifascismo né si riconoscono pienamente nei valori universali espressi dalla Costituzione. Allo stesso tempo assistiamo ad un deteriorarsi della situazione occupazionale, che colpisce soprattutto le fasce più giovani della popolazione. Oltre a ciò è evidente come le disuguaglianze di situazione economica siano sempre più accentuate, con ricchi sempre più ricchi e con un aumento delle famiglie che si posizionano al limite (e a milioni al di sotto) della soglia di povertà. A fare da sfondo a questa situazione c’è poi l’attacco ai valori che fondano la Repubblica, ai diritti che da questi valori sono generati, alle stesse Istituzioni democratiche nate dalla Resistenza e dalla Guerra di Liberazione. Sono oggi sotto attacco i valori di solidarietà e di uguaglianza degli esseri umani nella società e le stragi che avvengono nel Mediterraneo rappresentano al mondo la vergogna delle politiche discriminatorie in atto. Sono parimenti sotto attacco i diritti democratici, civili, sociali ed economici conquistati tanto durante la lotta al nazifascismo quanto negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale.
Alla sistematica ricerca del capro espiatorio e alla consapevole costruzione della “guerra tra poveri”, alcuni esponenti delle forze politiche che oggi guidano lo Stato Italiano accompagnano una campagna mediatica che punta a costruire un consenso di massa intorno a convinzioni discriminatorie ed escludenti nei confronti del “diverso”, sia esso migrante, omosessuale o non conforme al pensiero e ai modelli dominanti. Questa campagna mediatica esprime chiaramente un obiettivo politico e culturale caratterizzato dalla emersione di nuove teorie razziste volte alla diffusione di un clima di intolleranza e diffidenza il quale a sua volta ha come scopo la netta differenziazione tra il “noi” e “gli altri”. All’interno di questa operazione politica, sociale e culturale va innestandosi un’iniziativa legislativa che vuole dare alla discriminazione e all’intolleranza un terreno giuridico e normativo su cui muoversi. Col recente “Decreto Sicurezza” si realizza una pratica legislativa indirizzata a ledere gli stessi diritti umani universalmente riconosciuti. A questo va aggiunto l’attacco all’ordinamento democratico, il quale ogni giorno è portato avanti attraverso esternazioni pubbliche che intendono screditare gli strumenti di cui la nostra democrazia si è dotata sin dalla sua fondazione. L’attacco all’istituto stesso della Presidenza della Repubblica come organo di garanzia e quello al Parlamento come Istituzione e luogo in cui si esprime la sovranità popolare, diventa sempre più incessante e pericoloso. Tra le categorie che oggi si trovano sotto attacco vi sono poi tanto la stampa quanto la magistratura, le quali continuamente vedono minacciate rispettivamente la propria indipendenza e la propria libertà di espressione e la propria autonomia e autorevolezza. È in questo quadro che si inserisce la, non secondaria, battaglia per la legalità e il rispetto delle Istituzioni, soprattutto in un momento in cui, come dimostrano inchieste e avvenimenti che hanno avuto nella nostra Capitale uno dei centri nevralgici, la presenza e l’azione delle mafie aumenta e costruisce un potere occulto e parallelo. A tal proposito siamo convinti che la lotta alla sopraffazione e all’oppressione deve essere anche lotta politica e culturale senza quartiere alle organizzazioni criminali. Organizzazioni che da quanto emerge sono legate da mille fili alle organizzazioni fasciste, che riprendono in tutto il Paese la pratica della violenza – e le aggressioni all’ANPI con le richieste addirittura di scioglimento dell’Associazione lo testimoniano esemplarmente – in un clima politico che oggettivamente li incoraggia, a partire dal perdurante scandalo dell’immobile di Via Napoleone III lasciato in mano ad una organizzazione dichiaratamente fascista.
In Italia come in Europa, molte volte diversi governi trovano una vera e propria convergenza con programmi e ideali portati avanti da movimenti e partiti di estrema destra che si richiamano direttamente al fascismo e al nazismo. In questo quadro è di fondamentale importanza ribadire fortemente le comuni radici europee, che possono essere ravvisate solo nell’antifascismo, nella Resistenza e nella Guerra di Liberazione, mentre la creazione dell’Unione Europea e della moneta unica sono state finora usate solo come strumenti per l’attuazione di politiche liberiste ed antipopolari, in un sistema istituzionale comunitario ancora molto lontano dal sistema di equilibri e divisioni di poteri proprio delle democrazie parlamentari, basti pensare alla gravità del fatto che a 25 anni dalla sua fondazione il Parlamento Europeo è ancora privo di effettivo potere legislativo. Né l’Europa unita è stata finora messa in condizione di porsi come caposaldo geopolitico di un equilibrio internazionale che garantisca e sviluppi la fratellanza e la solidarietà tra i popoli e l’emancipazione delle classi lavoratrici.
Il rischio di una vittoria elettorale europea della estrema destra, porta con sé il pericolo di una saldatura coi poteri economici e la saldatura politica unitaria della destra reazionaria e conservatrice. Di fronte a questo scenario è necessario ribadire le sue contraddizioni con le larghe aspirazioni popolari e ribadire che l’antifascismo torna ad assumere da un lato un carattere di “resistenza valoriale” intesa come difesa dei principi cardine sanciti dalla Costituzione Repubblicana e opposizione a tutte le forme di discriminazioni etnico-razziali, sociali, di genere, omofobe, religiose o culturali, e dall’altro di teoria e istanza politica di rinnovamento della società, di lotta per la promozione della giustizia sociale e dell’uguaglianza sostanziale. È in questo quadro che oggi, partendo dall’antifascismo inteso come vera e propria teoria dello Stato e come impostazione politica di costruzione della società, dobbiamo opporci con forza ai recenti tentativi volti a minare l’unità del Paese, la quale, insieme alla sovranità popolare e al progresso sociale, è l’architrave su cui si regge la Carta Costituzionale e lo stesso ordinamento democratico della Repubblica.
È per questo che oggi si rende necessaria nel panorama politico, sociale e istituzionale, un’azione incisiva e unitaria della totalità delle forze politiche, sociali, associative e sindacali democratiche antifasciste, che pongano come bussola del loro agire i valori espressi nei principi fondamentali della Carta Costituzionale, l’antifascismo e la cultura tramandata dalle Resistenze e dalle Guerre di Liberazione.
Questa nuova situazione ci impone anche di riflettere sui nuovi compiti ed obiettivi, politici ed organizzativi, che deve porsi il mondo dell’antifascismo, dalla vigilanza e mobilitazione unitaria contro la violenza fascista, che tende a riprendere posto nel panorama politico; alla destrutturazione e smascheramento della politica del capro espiatorio, sia essa rivolta contro i migranti che contro i poveri o contro i conflitti sociali, come quando essa si rivolge contro il giornalista che critica il potere o il magistrato che lo indaga; per finire con la ripresa di una generale politica tesa alla integrale e completa attuazione dei principi fondamentali della Costituzione.
Ogni rivendicazione per la cittadinanza, per i diritti sociali ed economici, per l’accoglienza stessa, ha in sé una straordinaria portata antifascista e democratica. In questo quadro, “L’umanità a potere” è la frase più adatta a descrivere quale deve essere il nostro cammino.
Come non può oggi esistere antifascismo senza antirazzismo, non può esistere oggi antifascismo senza antisessismo. Non può esserci antifascismo senza un’impostazione della proposta politica e sociale che muova dalla questione di genere intesa come lotta agli stereotipi discriminatori. Non è un caso a tal proposito che il Roma Pride 2018 e la manifestazione delle donne dello scorso 24 novembre, oltre ai contenuti propri e specifici di quelle battaglie, siano state entrambe caratterizzate da un forte, consapevole, esplicito significato antifascista e da un’eccezionale richiamo ai valori della Costituzione e alla storia della Resistenza. Le tante grandi manifestazioni svolte in tutta Italia contro la deriva reazionaria infondono speranza e coraggio.
Per una nuova grande risposta corale, in memoria dei nostri caduti, della Resistenza e della Guerra di Liberazione, per la pace e la libertà, il lavoro e l’uguaglianza, la solidarietà e l’accoglienza, in una parola per l’applicazione della Costituzione Repubblicana, la città di Roma, che quest’anno si prepara ad accogliere la Medaglia d’Oro al Valore Militare,
si dà appuntamento il 25 aprile 2019 alle ore 9,30 al Mausoleo delle Fosse Ardeatine per raggiungere in Corteo Porta San Paolo, dove tutto cominciò.