Più forte della disinformazione, più forte del boicottaggio, più forte delle provocazioni, più forte delle aggressioni. Lo sciopero generale nazionale per l’8 marzo, promosso da Non Una Di Meno, condiviso e proclamato dall’Unione Sindacale di Base, è stato un successo, coronato dall’immensa manifestazione di Roma.
I numeri delle adesioni sono cresciuti vertiginosamente in ogni settore, pubblico e privato. Nel trasporto pubblico l’effetto più visibile dall’astensione dal lavoro, contro la quale c’era stata la levata di scudi dell’establishment e dei sindacati confederali – in primis Cisl e Uil – che avevano bollato il tutto come uno sciopero “contro le donne”.
Una delle tante mistificazioni, non la prima non l’ultima, messe in atto contro le donne e contro la lotta per l’autodeterminazione. Una delle tante provocazioni, anche istituzionali, come un Ministero del Lavoro che alla delegazione delle donne risponde di non essere l’interlocutore giusto per parlare di lavoro.
Quando non si è passati all’aggressione vera e propria, come a Milano dove un uomo ha vigliaccamente colpito una dipendente ATM che stava chiudendo il varco di accesso alla metropolitana; o come a Torino, dove la polizia ha attaccato il corteo di Non Una Di Meno per poi dover cedere il passo alle donne in marcia.
Nessuno che però abbia avuto il coraggio di contestare i dati e i fatti prodotti da USB con il rapporto “Donne sull’orlo di una crisi di numeri”, dati e fatti che sono alla radice della proclamazione dello sciopero generale dell’8 Marzo. Dati che certificano una volta di più la profondità delle disuguaglianze e la ferocia della violenza di genere.
Nessuno ha contestato che 50 miliardi e 600 milioni di ore di lavoro riproduttivo (domestico e di cura) gratuito delle donne superano di gran lunga i 41 miliardi e 700 milione di ore di lavoro retribuito dell’intera popolazione maschile e femminile.
Nessuno ha contestato che la parità salariale sarà conseguita (forse) tra 217 anni.
Dai sostenitori della “famiglia tradizionale”, dai nemici giurati dell’autodeterminazione, soltanto silenzio.
Il silenzio è stato rotto una volta di più dalla grande marea di decine e decine di migliaia di donne che hanno invaso le piazze italiane da Nord a Sud. Combattive, determinate, forti. Inarrestabili.
Perché le donne, e con loro l’Unione Sindacale di Base, non si fermeranno finché tutte ma proprio tutte le rivendicazioni – e non una di meno – avranno trovato compimento.
Esecutivo confederale Unione Sindacale di Base